Ultima modifica 15 Febbraio 2021
Ho trovato uno spunto molto interessante che vorrei portare all’attenzione di chi segue questa rubrica in una delle interviste fatte su “LoveAdoption tv”.
Mariagrazia La Rosa, mamma adottiva che da anni si occupa, come me, di squarciare il velo che nasconde l’argomento “crisi adottiva”, intervista la dott.ssa Letizia Colombo.Quest’ultima è un assistente sociale che segue con particolare attenzione il percorso di adozione. Nel 2020 ha ottenuto il Premio Cassola nel corso di Laurea Magistrale in “Lavoro Sociale e Servizi per i Minori, le Famiglie e le Comunità” con la sua Tesi “Crisi adottiva e lavoro sociale nel post adozione: una ricerca esplorativa”.
L’intervista alla Dott.ssa Colombo
La dott.ssa Colombo fa parte del gruppo della professoressa Rosa Rosnati, Professore di Psicologia Sociale alla Facoltà di Scienze politiche e sociali all’Università Cattolica di Milano, promotrice del progetto di ricerca eseguito dal “Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore” di Milano che da anni è impegnato nello studio delle tematiche relative alla famiglia.
Il progetto, oltre ad offrire uno sguardo d’insieme sulla crisi adottiva “dal punto di vista delle famiglie” (una prospettiva di ricerca del tutto nuova), raccoglie anche una serie di interviste private alle famiglie stesse.
Fra le altre cose, si ragionava su quale fosse, o dovrebbe essere, il ruolo che, sia i servizi istituzionali pubblici che quelli del privato sociale, hanno nell’accompagnamento e nel supporto alle famiglie che affrontano il percorso adottivo. Soprattutto se queste famiglie ricevano i supporti necessari dal mondo delle istituzioni e dagli specialisti che lavorano in questo campo.
Parlando di percorso adottivo si è sottolineato che il percorso legato al post adozione viene a coincidere con solo l’anno successivo alla formalizzazione del legame adottivo, periodo in cui ancora esiste uno stretto legame con i servizi e/o l’ente, per cui si evidenziava come questo fosse un elemento su cui riflettere.
Il post adottivo dovrebbe invece diventare un sostegno che si estende nel tempo nell’arco dell’intero percorso adottivo.
Comunque, dallo studio della letteratura emerge come ci sia un grande supporto nella fase pre adottiva e quindi nell’accompagnamento alla scelta e nell’anno di affidamento preadottivo ma tale supporto si perda notevolmente appena finito quel periodo benché, in alcune zone d’Italia, le cose stiano secondo me lentamente cambiando.
Dalle interviste fatte alle famiglie è invece emerso come sia necessario incrementare l’offerta di servizi di supporto e di monitoraggio nel post adozione mettendo l’accento sull’importanza che dovrebbe avere la prevenzione delle crisi.
Forte è il bisogno delle famiglie di confrontarsi e di essere accompagnate di fronte alla crisi adottiva ma di fatto, tutte le famiglie intervistate, hanno sottolineato l’importanza del poter essere preparate a cogliere ed interpretare i primi segnali così da prevenire, magari non totalmente, una eventuale crisi adolescenziale in modo da non arrivare al punto in cui tale mutamento travolge l’intero nucleo familiare.
Non bisogna dimenticare che i ragazzi stessi hanno un ruolo centrale all’interno di questa dinamica e lo avranno sempre.
I genitori non possono sostituirsi ai ragazzi e che la scelta che loro faranno condizionerà ogni tentativo di risoluzione della crisi stessa.
Dato che non è infrequente che alcune situazione possano sfociare in procedimenti amministrativi o penali a cui poi fa capo il tribunale per i minorenni.
Con la conseguente una presa in carico dai servizi sociali territorialmente competenti (che però spesso non hanno una formazione specifica sulla tematica adottiva). Sarebbe opportuno che i servizi territoriali che si sono occupati della procedura adottiva nella prima fase del percorso adottivo, aiutassero le famiglie a evitare di arrivare al “punto di rottura”.
L’offerta dei servizi
Alcune ricerche effettuate in materia (Palacios 2005) hanno evidenziato come uno dei fattori di rischio per l’emergere della crisi adottiva sia strettamente legato all’offerta dei servizi che prendono in carico le famiglie. Spesso, infatti, non hanno una formazione specifica sulla tematica adottiva per cui non hanno neanche le risorse da mettere in campo per i progetti di accompagnamento e di monitoraggio.
Quindi, tornando al problema principale, sarebbe auspicabile un cambiamento ed un ripensamento rispetto al supporto e all’accompagnamento da parte di servizi di queste famiglie in un’ottica preventiva.
Questo può essere fatto tramite ad esempio iniziative volte alla sensibilizzazione della comunità e del territorio con l’intento di aiutare a leggere e interpretare la crisi adottiva in modo da fornire a tutti degli strumenti per affrontarla.
Questo allo scopo anche di creare una vera e propria rete di supporto sociale. Creando delle buone pratiche di collaborazione che vengano portate a sistema.
Fare in modo che diventi possibile e praticabile un interagire con la scuola, gli specialisti, il servizio sanitario e sociale, le associazioni familiari e le famiglie stesse dove gli esperti del settore che hanno una formazione adeguata facciano da registi di questa interazione.
Adesso tutto è frammentato.
Per una prevenzione vera e propria, la cosa principe da ricercare sarebbe mettere in relazione tutti gli attori della situazione.
Cercare di costituire delle reti in modo da creare situazioni non reattive ma pro attive e salvaguardare il benessere della famiglia adottiva.
Il mio pensiero è comunque che finalmente qualcosa si sta muovendo all’interno dell’universo adozione.
Sono partite molte iniziative in altrettanti campi e aspetti di questo percorso che auspico portino ad un cambiamento basilare di questo bellissimo ma, a volte, troppo faticoso percorso.