Ultima modifica 20 Giugno 2019
Ultimo colloquio con i genitori delle classi quinte: i giochi sono fatti, ma si fatica a vedere la parola fine. Sì, perché un po’ di noi e di quello che siamo riuscite a dare, va con loro.
Non ci sono più le piccole contingenti preoccupazioni, ma escono fuori quelle in prospettiva… con gli allegati.
E mentre noi insegnanti dobbiamo mollare le cime, per i genitori inizia la vera e propria ansia da mamme e papà di persona similadulta, autonomamente pensante, ma sprovvista ancora di anticorpi contro varie ed eventuali…o così sembra.
Abbiamo sentito la loro dolce angoscia, un’altalena tra la soddisfazione di aver superato un traguardo e il timore dell’inevitabile cambiamento.
Qualcuno, sorridendo e confidandolo apertamente, non voleva lasciare quella sedia troppo piccola sotto i raggi del sole pomeridiano, perché anche loro, diciamolo, saranno meno “coccolati”, e compresi alla scuola secondaria.
Sembra strano, ma il velo della nostalgia schiarisce tutto ciò che è stato, e tutto ciò che è stato è già un bellissimo ricordo denso di esperienze.
Come sono andati i colloqui? Chiede mio marito… “Bene”.
In due sillabe una catena di immagini in dissolvenza: non passerà per un bel po’.
Genitori, cosa si può fare perché questo passaggio dalla primaria alla secondaria sia…di cuore?
Affrontare ogni giorno con respiro, sganciandolo dal precedente, perché gli stereotipi e le questioni scontate ammazzano dentro la voglia di risolvere i problemi.
La scuola secondaria è un punto interrogativo intenso, in un’età in cui tutto è vissuto in modo globale: ogni esperienza positiva o negativa allaga la realtà e quella scolastica non ne sarà esente.
Quindi, se pensate che le loro difficoltà si supereranno immaginandoli grandi e per questo lasciandoli a se stessi, secondo me sbagliate.
Nei momenti di passaggio, soprattutto, c’è sempre bisogno di un aiuto discreto per far sì che l’autonomia acquisita in precedenza non sia oscurata dall’insicurezza. Mani tese, perché non è un momento da far passare, ma un momento da vivere con intensità: loro così lo avvertono.
Noi insegnanti della primaria li vediamo scivolare via da un mondo che non gli appartiene più, ma la consapevolezza di voler qualcos’altro non toglierà loro l’ansia e lo squilibrio della nuova realtà.
Ho letto qualche tempo fa un appello agli insegnanti da parte dello scrittore e professore Alessandro D’Avenia (che ogni insegnante dovrebbe ascoltare almeno una volta nella vita) che dice che i ragazzi, nell’età adolescente, vivono ogni cosa nella dimensione emotiva ed emozionale ed è impossibile risolvere i problemi e le difficoltà senza arrivare lì dove si rinchiudono, nel cuore.
Più grandi e più fragili, anche scolasticamente.
Aiutiamoli a trovare i punti fermi della nuova avventura, a scoprire insieme dove risiede la difficoltà senza aspettare gli insuccessi più invadenti.
E lavoriamo per consolidare l’impegno nelle difficoltà…non per toglierle di mezzo, ovviamente.
Starli ad osservare in silenzio per comprendere i motivi dei loro sguardi o dei loro gesti, dei sorrisi e delle lacrime, forse ci aiuterà a fare le mosse giuste.
Da parte nostra speriamo che i professori abbiano il tempo e l’esigenza di conoscerli.
In ciascuno abbiamo visto un’ opera d’arte viva, in costruzione, e ci auguriamo che la bellezza di ciascuno venga riconosciuta sempre, anche perché, ragazzi incoraggiati, apprezzati e valorizzati hanno sempre e comunque e ovunque una marcia in più: la fiducia del e nel mondo.
Bellissime parole Ylenia, mi è sembrato di leggere un capitolo di un libro magnifico.
Brava!
Grazie veramente Thomas.