Ultima modifica 8 Luglio 2016
Non ho mai deciso di scrivere questo racconto, che mai avrei pensato potesse diventare un libro.
Il manoscritto giaceva nel cassetto da più di dieci anni quando ho deciso di pubblicarlo.
Mi trovavo in Gabon, in Italia stava arrivando la primavera mentre in Africa c’erano già più o meno 36 gradi, le giornate erano lunghe, intense e molto calde.
Nonostante questo, le giovani, a volte giovanissime, mamme africane non rinunciavano a portare in fascia i loro bambini, a sopportare da sole il peso della maternità.
Nella maggior parte dei casi infatti, il padre o i padri dei bambini sono assenti, lasciando completamente il carico dei figli alle loro madri.
Vedendo e rivendendo queste scene ogni giorno, ho avuto come l’impressione di leggere una storia già scritta.
E infatti la storia che avevo scritto qualche anno prima, poi diventata Dell’Amore più grande può così sintetizzarsi (liberamente tratta dalla recensione della Prof.ssa Patrizia Cervone).
Una mamma, senza un volto particolare. Giovane mamma non ancora laureata, 25enne, una ragazza che si apre alla vita tutta intera. Un bambino appena concepito e.. la vita, appunto.
Quella già avvenuta e quella ancora da venire.
Un prima e un poi.
C’è un restare come si è ma c’è un divenire ciò che non si è ancora.
Come se quello che siamo, da sempre, fosse contenuto in ciò che la nostra vita va manifestando di noi stessi.
Un diario in due tempi, in cui la madre racconta parallelamente in nove mesi del bambino prima e dopo la nascita.
E’ una gestazione annotata con cura e con amore dalla mamma che lo ospita nel suo grembo, sono i primissimi giorni di vita, alla scoperta del mondo oltre la culletta, bordata di cuscini morbidi come protettive braccia.
Quello che importa al lettore che si appassiona subito nella lettura, è assistere all’evolversi di ciò che in realtà non muta. Come se una donna, una ragazza appena affacciatasi anch’essa alla vita di consapevolezza, da sempre avesse saputo a cosa è chiamata. Una madre che nasce assieme al suo bambino, appunto.
Un diario che annota le tappe di questa consapevolezza. Dal corpo che si trasforma alla comprensione di sé.
Come l’amore più grande fosse proprio questo: dare al bambino una madre.
Una madre adulta. Non un grembo qualunque ma una casa. Non una persona qualunque ma una donna, realizzata in ciò che da sempre ha saputo di essere.
Questa ragazza, figlia di una ricca famiglia è una giovane studentessa di medicina, che già abbandonata dal proprio compagna, quando scopre di essere incinta viene anche allontanata dalla famiglia.
Ma, quella che apparentemente sembrava un’insormontabile difficoltà, diventa per questa giovane protagonista una grande opportunità, che ha fatto diventare quest’opera un vero e proprio Inno alla Vita!
Questa mamma ce l’ha fatta, come tante mamme.
Come tante donne che mamme non sono state ma che hanno voluto farcela ugualmente, come individui, generando esse stesse come creature nuove.
La sfida di una mamma che mette al mondo un figlio. Non è un figlio il proprio successo, ma l’aver avuto il coraggio di accettarlo, nella propria testa, prima che con proprio cuore.
“Ce l’ho fatta!” Queste parole confermano l’atteggiamento, bellissimo, del diventare donne che cambiano la storia. Non con la nascita di un figlio. Ma nel restare fedeli al proprio essere.
Alessia Di Biase