Ultima modifica 26 Maggio 2021
Qualche tempo fa, con un paio di amiche, ho partecipato ad un seminario sulla lievitazione, tenuto in una pasticceria di Pordenone.
Attenzione, non confondiamola con la levitazione, tecnica ormai collaudata su cui non ho più niente da imparare (come ogni mamma faccio miracoli a profusione). La situazione era perfetta: un gruppo di donne mature, io e le mie amiche di cui una neo mamma da sei mesi e l’altra alle prese con l’organizzazione del matrimonio. Dietro di noi seduto l’unico uomo della platea, che in quanto sommelier era proprio ben voluto.
Ho assistito alla presentazione delle slide del pasticcere Luciano, che frammentava la sua presentazione tra esperienza pluriennale nel settore e chimica da parrucchiera. Una risatina ogni tanto per qualche domanda poco pertinente e un paio di sms per sapere se Matteo dormisse beato o si fosse accorto, nonostante la sua giovane età, che la mamma fosse uscita. Tormentata dai sensi di colpa come da manuale.
Il lievito madre è una vera e propria filosofia di vita.
Innanzitutto si parte da elementi semplici della cucina: farina e acqua in cui sono presenti microrganismi, i più comuni sono i saccaromiceti.
Questi si riproducono (come ho fatto io e anche voi) e fermentano (come le mie idee) trovando zuccheri semplici e complessi che sono trasformati principalmente in gas e alcool. L’anidride carbonica gassosa provoca l’aumento del volume dell’impasto che è contrastato dal glutine della farina che, essendo elastico, si oppone all’espansione del gas. Ne risulta una sostanza porosa che durante la cottura in forno si trasforma in prodotto morbido e soffice conservando a lungo queste caratteristiche.
Che tipo di microrganismi si posso aggiungere a farina e acqua? Ne ho sentite di tutti i colori! Dallo yogurt alla frutta, dal buon vino bianco puro non trattato, fino allo sterco di cavallo o mucca d’alpeggio. A volte farsi tante domande potrebbe essere un pochino deludente.
Sotto vi riporto lo schema per iniziare a preparare il lievito naturale partendo dallo yogurt (avete tremato per un attimo, vero?). Ovviamente poi si deve continuare a mantenerlo “vivo” con i rinfreschi opportuni!
Schema per preparazione lievito madre
Il vostro lievito madre deve comunque essere così, a prescindere dai microrganismi di partenza:
1. colore bianco e struttura spugnosa
2. tagliandolo con un coltello deve mostrare dei pori o alveoli irregolari di varia grandezza tondeggianti e non afflosciati
3. un gradevole odore alcolico
4. immerso nell’acqua, rimane a galla senza spappolarsi
La differenza sostanziale con gli altri tipi di lievito è data sicuramente dalla composizione, ma anche dal meccanismo di azione. I lieviti naturali vivi servono per le lunghe lievitazioni antecedenti la cottura mentre i chimici per le lievitazioni durante la cottura.
Come dicevo all’inizio, è proprio una questione di approccio mentale. Avere il lievito chimico è pratico e sbrigativo. Oggi decido di fare la torta, preparo gli ingredienti, metto la bustina e l’effetto magia di aumento del volume è assicurato dalla presenza del calore del forno.
Usare il lievito naturale invece è un impegno costante.
Dalla preparazione: qui non si trova al supermercato ma si devono pesare gli ingredienti, controllare la temperatura, far riposare per il tempo prestabilito. Un vero e proprio impegno fisico e mentale. Non mi occupo del mio lievito solo quando mi serve, ma lo rinfresco periodicamente per fare in modo che tutto il mio lavoro non sia vanificato. Un tempo indispensabile per avere sempre un prodotto di ottima qualità che rappresenta una sorta di ciliegina sulla torta nelle nostre preparazioni casalinghe.
Io ho sempre sentito parlare del lievito madre ma non l’ho mai usato.
Credo di essere una delle poche, a quanto risulta dal mio personalissimo e poco attendibile sondaggio tra le amiche. Sempre se la maggior parte di loro non stia bluffando e faccia finta di ravvivarlo ogni giorno, insieme alla passione e all’amore per il marito.
Sono comunque rimasta piacevolmente colpita da uno degli ultimi commenti di questo pasticcere per tradizione, che invitava le presenti a farsi regalare un po’ di lievito madre da chi professionalmente dovrebbe usarlo, per poi impegnarsi a curarlo giorno dopo giorno.
Un po’ come offrire un pezzo di cultura della cucina, facendo un passo indietro nella frenesia del prodotto pronto all’uso. La prossima settimana andrò a trovare Luciano e mi farò dare in dono questo preziosissimo figlio della panificazione. Prometto che mi ingegnerò per rinfrescarlo e vederlo crescere. Trovare il tempo per fare queste cose significa rallentare la giornaliera corsa frenetica e dare ad ogni elemento la dimensione appropriata.
Se poi si riesce a finire la serata tra vin rosato, risate di giovani donne davanti a grandi cambiamenti nella loro piccola vita, allora significa che la direzione presa è proprio quella giusta.