Ultima modifica 20 Aprile 2015
È appena terminato un servizio sulle conseguenze del ciclone nelle Filippine quando la voce asettica del metereologo comunica che la Protezione Civile ha lanciato un allarme di massima allerta sulla Sardegna: previste piogge torrenziali, venti lanciati a più di 200 km l’ora, violentissime mareggiate, un vero e proprio ciclone, insomma.
L’ha annunciato a tutt’ Italia, ma le autorità civili che hanno fatto?
Il Sindaco di Olbia, Gianni Giovannelli, asserisce che non si possono sempre chiudere le scuole e lo dice a disastro avvenuto, lo dice mentre accusa genericamente la politica (forse dimenticando di esserne parte) mentre candidamente conferma di aver ricevuto l’allarme alle ore 16.00 di domenica, e cioè 24 ore prima del diluvio mediante un avviso sul cellulare.
Scusate, con quale altro mezzo avrebbero potuto raggiungerlo personalmente? E continua, “che volete… di domenica gli uffici del Comune sono chiusi.”
Ma va? Ma non è obbligatorio che qualcuno della protezione civile ( che fa direttamente capo al sindaco) sia sempre reperibile così come un funzionario del comunale ufficio tecnico?
E così sottintende di aver rimandato ogni provvedimento all’indomani, asserendo che già alle 9.00 la giunta era riunita per i provvedimenti del caso. Quali provvedimenti?
Ha semplicemente allertato, cioè ha detto di tenersi pronti per ogni evenienza la locale protezione civile, i vigili del fuoco e tutte le forze dell’ordine.
Non cerchiamo alibi, non ci nascondiamo dietro ad un dito, dito da elefante, intendo, dito che esiste ed è l’arcinoto buco nell’ozono, il riscaldamento del pianeta, il disastro ambientale.
Che sono dati di fatto, che sono la diretta conseguenza di nostre azioni sciagurate, irresponsabili a cui dovremmo, dobbiamo, porre rimedio ed invece ci perdiamo in beghe e conflitti, in pretesti, sotto il ricatto delle lobbies, di coloro che da queste azioni e dalla ricostruzione traggono i loro enormi e sporchi guadagni.
E non ci curiamo della prevenzione spicciola, delle precauzioni da prendere, sic stantibus rebus, nell’immediatezza di un preannunciato disastro.
Precauzioni che non hanno costi in danaro, ma che, pur non potendo impedire allagamenti e disastri alle cose potrebbero impedire vittime.
Chiudere le scuole, per esempio, limitare il traffico, liberare le strade dai veicoli in sosta, evacuare i seminterrati e i piano terra, avvertire la popolazione di rifugiarsi ai piani alti delle case sbarrando porte e finestre e appoggiandovi contro mobili pesanti e monitorando il percorso dei torrenti.
Ma questo significherebbe la consapevolezza del disastro ambientate e idrico del territorio da loro amministrato e rendendone allo stesso tempo consapevole la popolazione, cosa che non hanno e non vogliono perciò……
Nulla di tutto questo è stato fatto, nulla o quasi, perché alcune case sono state evacuate e, pur vedendo distrutta la loro casa, gli abitanti hanno avuto salva la vita. Per molti non è stato così perché prendere queste precauzioni richiede decisioni rapide, assunzione di responsabilità, altre a capacità, ma queste doti, evidentemente, non fanno parte del bagaglio di molti di coloro che hanno il potere nelle loro mani.
16 persone sono morte, molti i feriti e i danni sono incalcolabili, questo è il risultato dell’ignavia e non solo di una pioggia di enorme intensità, che avrà le sue colpe, ma di certo inferiori a quelle degli uomini.
Poi c’è il disastro ambientale, cui si deve porre rimedio, abbattere le case costruite sui letti dei torrenti, togliere l’asfalto da molte strade di montagna, costruire argini sicuri, terminare le dighe provvisorie ecc…ecc…ecc…
Ma immediatamente redigere un piano di allarme, di come si deve operare nel caso di previsioni disastrose, e non solo in Sardegna, ma in tutte le regioni, poiché moltissime sono state devastate dall’ opera dell’uomo.