Ultima modifica 3 Giugno 2021
La nostra generazione (parlo dei nati tra il 1970 e il 1980) è stata la prima a parlare esplicitamente di DCA, i disturbi del comportamento alimentare.
Sicuramente c’era chi ne soffriva anche prima, ma il boom, per così dire, c’è stato negli anni ’90, quando si è iniziato a discutere del fenomeno che interessava sempre più adolescenti.
Io ho sofferto di bulimia più o meno dai 13 ai 24 anni.
Fortunatamente posso parlarne al passato, ma molti di coloro che hanno la mia età e che hanno iniziato a star male da adolescenti non sono ancora guariti, tra alti e bassi.
Nel frattempo molti di noi sono diventati genitori. Ho iniziato a domandarmi se il rapporto malsano col cibo possa essere in qualche modo trasmesso, anche inconsciamente, da chi l’ha patito.
Alcune ricerche sostengono che i bassi livelli di serotonina e noradrenalina, responsabili dei comportamenti ossessivo-compulsivi, siano ereditari e che, quindi, per i figli di chi ha sofferto di bulimia nervosa sia più facile ammalarsi.
Ma sono le abitudini a condizionare i comportamenti, e le abitudini si acquisiscono fin da bambini.
Io credo che si possa, e soprattutto si debba, comunicare un corretto modo di alimentarsi, anche quando si è usato il cibo per alimentare (quanti termini nella nostra lingua hanno a che fare con l’alimentazione!) le proprie ossessioni.
I consigli che vengono comunemente forniti dagli esperti, fin dalle prime fasi dello svezzamento, sono semplici e improntati al buon senso.
Bisogna infatti evitare che i bambini associno il momento della pappa a una punizione o ad un premio; che non usino il cibo come elemento di ricatto e che non sia usato per ottenere l’approvazione dei genitori.
Io stessa cerco di essere il più neutrale possibile quando do da mangiare a mia figlia: quando all’inizio dello svezzamento mi sono resa conto che lo stavo vivendo con disagio, ho delegato il compito al papà e ai nonni, finchè non mi sono sentita pronta per farlo senza comunicarle ansia e stati d’animo negativi.
Non è facile, perché la paura di sbagliare qualcosa c’è (e molto probabilmente ci sarà) sempre.
Ma forse il mio trascorso mi renderà anche più attenta nelle delicate fasi della pre-adolescenza, quando potrò accorgermi di eventuali campanelli d’allarme.
Se avete suggerimenti ed esperienze da raccontarmi, saranno molto preziosi.