Ultima modifica 25 Giugno 2021
Avevo vent’anni quando mia madre venne a prendermi all’uscita dal lavoro. “Devi aiutarmi a fare una cosa” mi disse salendo in macchina, “Devi aiutarmi a capire”.
Spesso i genitori non si rendono conto di coinvolgere i figli in cose più grandi di loro, di chiedere la loro complicità in situazioni difficili e a volte dolorose. Nel mio caso non si trattava di fare gli appostamenti a un padre presunto fedifrago, ma si trattava di scoprire se mio fratello, di pochi anni più grande di me, avesse un’amante.
Mi costrinse a leggerle delle lettere, a ripetere a voce alta quello che si scrivevano lui e il suo amante.
Eh sì, perché l’amante era un altro “lui”
Da quel giorno credo che nessuno di noi abbia mai veramente cancellato quello che è successo; io per certi versi ne porto ancora i segni.
Dopo aver chiesto conferma a mio fratello, basandosi su un presunto istinto materno (perché mia madre non ha mai avuto il coraggio di confessargli che aveva rovistato nelle sue cose), c’era l’ostacolo più grande da affrontare: dirlo a mio padre.
Mio padre è sempre stato un uomo buonissimo, raramente l’ho visto arrabbiato; quasi mai l’ho sentito urlare e mai imprecare. Gli fu chiesto di sedersi e di ascoltare in silenzio, pregandolo di non avere reazioni eccessive e soprattutto di non urlare o “la gente avrebbe sentito”.
Ecco qua il fulcro del problema: la gente.
Un genitore non s’interroga se un figlio soffra nel limbo della sua sessualità; un genitore in quei momenti non si chiede quanto sia stato doloroso per suo figlio adolescente fingere con gli amici, girarsi a guardare le ragazze che passano, e fare finti apprezzamenti; un genitore non s’interroga su quanto male abbiano fatto le prime delusioni d’amore di suo figlio. No, un genitore di un ragazzo omosessuale si preoccupa soltanto che la gente non sappia.
Oggi è un tema molto attuale, ma ancora coperto da tanta ignoranza e omertà.
Sento spesso amici, padri di bambini maschi, dire: “Se scoprissi che mio figlio è omosessuale lo ripudierei, lo ammazzerei con le mie stesse mani”.
I luoghi comuni si sprecano e, sempre più spesso, si leggono sui giornali episodi di bullismo e violenza ai danni di ragazzi troppo diversi per questa società.
Dopo questa “vergogna” nella mia famiglia, entro in gioco io.
Inizia un vortice per me; oltre a fare da paciere tra mio fratello e i miei genitori, la mia missione da quel giorno diventa non deluderli.
Mi sono quasi sposata, perché mio padre aveva il desiderio di accompagnarmi all’altare.
ho anche pensato di fare dei figli con quello che da lì a poco sarebbe diventato il mio ex marito, sempre che non fossi scesa a compromessi decidendo di vivere per sempre una vita infelice al suo fianco.
Poi per fortuna una mattina mi sono alzata e ho capito che dovevo iniziare a pensare a me stessa e a quello che veramente volevo per me e non a quello che gli altri avrebbero voluto per me. Questo percorso lungo e doloroso non è ancora finito, ma continuo a lavorarci.
Nel frattempo mio fratello vive la sua vita lontano da noi, così almeno possiamo fingere e raccontare che ha avuto qualche fidanzata qua e là e che non avrà mai figli “perché a lui i bambini non piacciono”.
Quando ci viene a trovare si continua a vivere in quell’ipocrisia che la società ci impone in certe situazioni, presentando il suo compagno come amico e, a mio avviso, mancandogli di rispetto come persona e come ruolo che riveste al fianco di mio fratello. Si vivono quei pochi giorni che trascorriamo insieme durante l’anno come fossimo una famiglia unita e normale, quando invece quel giorno di tanti anni fa ha distrutto un rapporto che non si potrà mai più ricostruire tra mio fratello, mio padre e mia madre.
Dopo tanti anni loro non accettano la situazione e so per certo che non l’accetteranno mai. Non basta che io ripeta loro continuamente che vive una vita appagante e felice, con una persona straordinaria al suo fianco che lo ama. Provo a portare me come paragone e chiedo “Siete felici che io sia felice? E allora, perché non riuscite a esserlo per lui?”.
La risposta non la possiedono e forse non l’avranno mai e nei loro cuori non troveranno la pace e la serenità che li dovrebbe far vivere bene pensando alla straordinaria famiglia che hanno, ma che non riescono a godersi appieno.
Pensateci genitori, se un domani vostro figlio o vostra figlia dovessero dirvi di amare una persona, chiedetegli se è felice e non soltanto di che sesso è.
Io so per certo che a mio figlio, un domani, spiegherò chi è suo zio e gli dirò la verità e non quello che la società vorrebbe io gli raccontassi.