Ultima modifica 10 Maggio 2016

A seguito della vicenda dell’omicidio-suicidio dei due diciottenni milanesi volati giù  dal tetto,  ho sentito e letto molto. Come sempre questi fatti lasciano un amaro in bocca non solo per il gesto che viene compiuto, ma pure per i fiumi di parole che ne seguono. Nei giorni scorsi  le cronache erano piene di commenti sul fatto che Pietro Maxymilian Di Paola fosse un figlio adottivo. Subito si è scatenata la corsa all’etichettatura di “ragazzo particolare” perchè catalogare come normali persone che compiono questi gesti, rende tutti più insicuri. Ed ecco che l’etichetta di adottato riporta nell’eccezionalità un fatto che purtroppo di eccezionale non ha nulla come la storia ci insegna. I giornali sono piene di omicidi e i ragazzi ne sono qualche volta protagonisti negativi; basta pensare ai più recenti da  Meredith Kercher a Sara Scazzi passando per gli omicidi di vecchia data come quello dei fidanzatini Erika e Omar in quel di Novi ligure fino a Pietro Maso che uccise i genitori per l’eredità.Tutti ragazzi “normalissimi”.

omicidio-suicidio

Qui invece si cerca di far passare il messaggio che il dolore per la ferita che l’abbandono sia sempre e comunque qualcosa che porta poi alla depressione e alla conseguente possibile follia. Ora, lungi da me dire che i ragazzi adottati non portano addosso i segni dell’abbandono per tutta la vita, ma da qui a far credere alla gente che ogni ragazzo adottivo diventerà un sociopatico…Ecco, questo mi sembra un po’ azzardato. Una sorta di predestinazione all’infelicità nascosto nello status  di adottato, una sorta di nuova discriminazione.

famiglia-cristiana

Il top delle analisi giornalistiche illuminate viene da Famiglia Cristiana e più precisamente dalla penna di Don Mazzi, il quale sottolinea come “L’adozione, esplosa in Italia anni fa, arriva ai periodi difficili dei figli, mentre è già enormemente complicato educare i nostri. Vediamo di non confondere il cuore con il cervello, con la prudenza, la lungimiranza. Non usiamo l’adozione per riempire i vuoti delle nostre famiglie”. Ora, al di là del fatto che la frase di per sé è decisamente poco comprensibile, da mamma adottiva mi sento fortemente offesa da una analisi di questo genere. L’adozione è secondo Don Mazzi un modo per riempire i vuoti, vuoti di che cosa?

Un’adozione, caro Don Mazzi, è una cosa decisamente differente da un semplice colmare un vuoto, l’adozione è accoglienza, ciò che la vostra chiesa tenta  di insegnare  tutte le domeniche a messa.  “C’è una  inaccettabile superficialità nelle sue parole che offende le famiglie adottive” come dice Mariangela,  una delle tante mamme adottive che hanno commentato l’articolo “che con cuore immenso, cervello acuto, infinita prudenza e lungimiranza cercano ogni giorno di crescere i loro figli e di tutelarne la serenità. Compito arduo se continuano ad esserci persone come lei che rimarcano la diversità dei nostri figli (anche loro sono nostri) “. Ecco, non mi sarei potuta esprimere meglio. Il rimarcare una diversità non è che un modo bieco e meschino per far credere al mondo che ai cosiddetti “normali” non succederà mai una situazione del genere.

Sa, Don Mazzi ce ne sono tantissimi di ragazzi che hanno un abbandono alle spalle eppure conducono una vita equlibrata e serena. Silvia, figlia adottiva aggiunge: “Mai mi son sentita discriminata o offesa come da questa deliriante pseudo-analisi. L’adozione è già stata ben descritta da altri  però, vorrei aggiungere che se mai c’è qualcosa che accomuna gli adottati, è l’abbandono da parte di una famiglia biologica e dunque donmazzianamente naturale. Bello sarebbe inoltre capire quale futuro il nostro acuto analista suggerirebbe per i bimbi abbandonati o orfani. Forse un isituto, magari gestito da religiosi altrettanto attenti ai bisogni dell’infanzia? Concludo con un invito al Direttore di Famiglia Cristiana: scelga meglio i suoi collaboratori, affinché la rivista possa davvero rispecchiare la comprensione e solidarietà che son la vera base del cristianesimo. Intanto delle scuse per tanto pressapochismo ritengo siano dovute”

accendi il cervello

Ecco, mi unisco all’analisi fatta da questa figlia adottiva, specie alla preghiera fatta al Direttore di Famiglia Cristiana  nel chiedere, non solo di selezionare meglio i propri collaboratori, ma anche magari di leggere prima gli articoli che vanno pubblicati sul suo giornale. E a Don Mazzi consiglio di accendere  il cervello prima di parlare o di non parlarne proprio di  argomenti che conosce solo da suo distorto punto di vista che é quello di  una persona che vive e lavora in comunità di recupero e vede solo casi super problematici e così pensa che la realtà sia solo quella.

Di genitorialità bio ed ado che si sviluppano nella tranquillità ne esistono molte di più rispetto a quelle problematiche, ma se ho una deformazione mentale del problema data dal lavoro sovrappongono quella realtà a quella che invece esiste.  Perciò eviti di fare quello che, come dice Liga , “vuole parlare andando solo a braccio di cose di cui non capisce un cazzo!”

Elisabetta Dal Piaz 

Riminese trapiantata per amore in Umbria da ormai 18 anni. Ex dietista e mamma attempata, di due fantastici figli del cuore che arrivano dal Brasile. Ma il tempo passa e i figli crescono (e non sia mai avere mamma sempre fra i piedi) ho ripreso a studiare e sono diventata Mediatore familiare, civile e commerciale. E a breve...mediatore penale.

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