Ultima modifica 28 Aprile 2021

Ottobre è il mese in cui ricominciano le attività del Centro di Aggregazione Giovanile con il quale collaboro da ormai qualche anno. Il C.A.G. è un luogo in cui i ragazzi delle scuole medie possono trascorrere il loro tempo facendo cose (giocare, studiare, chiacchierare) o non facendo nulla. Come spesso è tipico di questa fascia d’età.

Passeggiando per la piccola città in cui ha sede il Centro, fin dal mese di settembre, capita di incontrare i ragazzi che lo hanno frequentato negli anni precedenti che ti fermano e ti fanno sempre la stessa domanda: “Ale, quando comincia il C.A.G.?

Una domanda che trova risposta quando passi per le classi della scuola ad annunciarne l’inizio, quando la distribuzione delle lettere per i genitori passa in secondo piano perché i volti dei ragazzi si illuminano perché finalmente il loro spazio riapre.

Il loro spazio: quello di loro proprietà.
Anche se governato da un piccolo gruppo di educatori, che comunque gli adolescenti percepiscono come punto di riferimento.

adolescenti stanno bene

Gestire un C.A.G. non è un compito semplice perché si tratta di gestire uno spazio in cui i ragazzi si devono sentire liberi di fare quello che vogliono, pur rispettando delle regole che il mondo adulto gli confeziona.

Ma il compito più difficile non è stare con i ragazzi che lo frequentano, quanto ricordare agli adolescenti ormai passati alle scuole superiori che quello spazio non è più loro.

Già, perché ogni anno la trafila è sempre la stessa. Attraverso il passaparola (non si sa bene come, dove e quando) coloro che hanno superato l’esame di licenza – e che quindi non hanno più diritto a frequentare il Centro – riescono a sapere esattamente quando il C.A.G. riapre e, puntualmente, si presentano per frequentarlo come se il tempo non fosse trascorso.

Arrivano come se nulla fosse, si imbucano salutando (e a volte fingendo di essere stati bocciati) e si accomodano.

Come fai a dire loro che se ne devono andare?

Sono ragazzi con i quali hai trascorso, negli ultimi tre anni, alcuni pomeriggi alla settimana. Con loro hai riso, a volte pianto o li hai sgridati. Hai condiviso racconti, amori, frustrazioni e gioie. Hai parlato con i loro genitori (quando sono presenti) o hai ragionato sui loro obiettivi (spesso nebulosi). Hai raccontato di te o li hai ascoltati. Hai bevuto un thè caldo nelle giornate fredde o ti sei rotto un dito giocando a pallavolo. Qualche volta sei rimasto, in silenzio, sullo stesso divano malconcio, a guardare il cellulare.

Insomma: sono ragazzi con i quali hai condiviso un pezzo importante della loro vita.

E dalla loro voglia di tornare, pur sapendo che non lo possono fare, ti accorgi che in quel luogo sono stati bene. Che non hanno (ancora) voglia di andare altrove. Che ne hanno bisogno.

valore dell'accoglienza

 

Capisci che il valore dell’accoglienza incondizionata e senza giudizio è per gli adolescenti qualcosa che non ha prezzo.

 

 

Però tu, come adulto, devi rispettare i vincoli che l’istituzione ti pone. Utilizzando questo limite come ulteriore strumento educativo per insegnare loro che la vita continua.
E che crescere è una cosa bella, anche se a volte significa dover effettuare delle rinunce.

Quando però rifletti sul fatto che dove gli adolescenti stanno bene si vede, non puoi fare a meno di domandarti come trasformare il vincolo in risorsa.
Come non perdere il senso di ciò che hai costruito con loro e fare in modo che prosegua. Per loro e per gli altri ragazzi che ancora hanno diritto a frequentare il C.A.G.

E allora tenti il tutto per tutto e li riunisci in una delle stanze del Centro (quella con i divani malconci sui quali ti sei sdraiato insieme a loro più di una volta) e proponi un discorso “da grandi” sperando che ti seguano nella riflessione e la condividano. Riproponi loro il vincolo e cerchi di attraversarlo.

Questo posto non sarebbe più per voi, ma la porta è sempre aperta.

Ci sono però delle regole: siamo noi educatori a dirvi quando potete restare e il vostro comportamento deve essere d’esempio per i ragazzi nuovi.

Dare agli adolescenti un nuovo ruolo, attraverso la peer education, illumina i loro occhi. Perché sanno di poter tornare nel luogo in cui sono stati bene ma capiscono anche che tutto evolve. Anche la loro responsabilità verso l’altro.

adolescenti che stanno bene

Perché, alla fine, dove gli adolescenti stanno bene si vede.

 

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