Ultima modifica 3 Giugno 2021
L’uso delle droghe in adolescenza è un fenomeno abbastanza diffuso.
Come può essere spiegato?
Come sempre, non c’è una risposta univoca.
Io vi racconto di un ragazzo, di 16 anni, che ha iniziato ad avvicinarsi a questo mondo intorno ai 14 anni, per caso.
Federico, faceva parte di un gruppo di amici, più o meno coetanei, che assieme hanno deciso di “provare” a fumare una canna per vederne l’effetto.
L’esperienza è piaciuta.
Federico dice tuttora che ciò gli crea una sorta di rilassamento mentale e corporeo ed una sorta di serenità, alla quale fatica dopo diverso tempo a rinunciare.
Passano mesi e, dopo questo primo approccio, Federico si rende conto di farne un uso quotidiano.
La compra assieme agli amici, la dividono. Proseguono nel farne un uso di compagnia, ma Federico inizia a dimenticare il significato di ciò che sta succedendo: non riesce più a realizzare la differenza tra l’uso occasionale, per provare, per divertimento, e l’uso quotidiano.
Ciò diventa una sorta di dipendenza.
Come per le sigarette, utilizzate da Federico da sempre, anche la cannabis inizia ad avere questa valenza. Ne fa uso al mattino, prima di andare a scuola, a pranzo, quando esce da scuola, nel pomeriggio, tra compiti ed attività varie, alla sera prima di andare a letto o se esce con gli amici.
Insomma, sempre.
Gli effetti iniziano a vedersi: Federico dice di non riuscire a concentrarsi bene a scuola, fatica nel mantenere i ritmi quotidiani, il calo nel rendimento scolastico è evidente, a volte si esprime con aggressività.
Passa altro tempo e la quantità di sostanza che acquista diventa sempre più massiccia.
Inizia a dividere la spesa tra gli amici, facendosi pagare di più.
Inizia a spacciare, ma senza rendersene conto. Iniziano i debiti.
Cos’è successo a Federico in questo tempo?
Come per molti ragazzi, l’utilizzo della droga avviene in modo casuale, nel senso che si inizia per provare, sperimentarsi in una nuova situazione, sorpassare il limite, sfidare le regole, trasgredire.
Il senso del gruppo alimenta questo impulso, tanto che l’uso condiviso viene inteso sia i termini di tempo e spazio, ovvero si esce con gli amici e ci si concede questa esperienza, sia in termini della sostanza stessa, ovvero la canna diviene un oggetto condiviso, quasi come un giocattolo tra bambini.
Il passaggio dall’uso occasionale alla dipendenza è sottile.
Spesso, come per Federico, un ragazzo non si rende conto di assumerne una quantità maggiore, sia in termini di sostanza che in termini economici vi è una scarsa consapevolezza a riguardo e si scivola nella dipendenza.
Dipendenza che può essere intesa sia in termini fisici che psicologici.
Gli effetti di questo passaggio sono diversi. Per Federico si sono manifestati come sopra descritti.
Federico non ha avuto di fianco a sé delle persone attente ai suoi cambiamenti comportamentali, umorali, di abitudine.
E’ stato solo, a vivere l’avventura di un momento di sballo, trasformatasi in una condizione pericolosa per sé, da ogni punto di vista.
Come accennato, l’epilogo della storia è relativo a fatti di spaccio.
Cosa può quindi aiutare un ragazzo in questi casi?
Al di là delle varie cause che portano in questa direzione e alle sottili dinamiche sottintese, è fondamentale osservare prima di tutto i vari cambiamenti che possono mostrare a livello di comportamento, abitudini, umore.
Esserci, poter aprire un canale comunicativo che tratti di questi argomenti è di fondamentale importanza.
Permette ai genitori di essere anch’essi dentro a questo mondo.
Conoscerlo dal punto di vista dei ragazzi, per aiutarli ad uscirne, mostrando loro un punto di vista diverso, i rischi ed i pericoli ai quali vanno incontro spesso inconsapevoli, istruendoli anche sulla legalità, sugli effetti di dipendenza, assuefazione che si creano nel corso del tempo.
Spesso è la disinformazione o l’errata conoscenza che si trasforma in convinzione, in un’ideologia condivisa, che trascina i giovani in questa direzione, unita alla mancata consapevolezza delle varie dinamiche riguardanti il fenomeno.
Bisogna intervenire quindi qui, da soli, come genitori, o con il supporto di altri adulti, famiglie, educatori, conoscenti.
Parlarne aiuta perché permette di capire, cosa sta succedendo.
Coinvolgere i ragazzi è il passo più difficile.
Dicono di non aver bisogno di aiuto, di farcela da soli, di non essere dipendenti, di vivere un gioco e non qualcosa di più complesso.
Ci vuole tempo, la presenza costante, il dialogo e, in parte, il delicato controllo.
Se la situazione è davvero critica, nulla porta a miglioramenti, o si preferisce condividere tali pensieri ed emozioni con una persona più neutra e meno coinvolta, è necessario chiedere l’aiuto di un professionista. Comprenderà il momento con empatia, accoglienza, senza giudizio, e guiderà alla soluzione personale più utile, efficace, pensata e condivisa sul bisogno stesso della persona.
In tal caso, sono a vostra disposizione!