Ultima modifica 20 Aprile 2015
La notizia mi ha sconvolto e non poco.
Un’indagine conoscitiva ha messo a fuoco un problema di non poco conto: le bimbe (e in misura minore anche i maschietti) vengono messe a dieta molto, molto precocemente.
È risultato che una su cinque sia già stata messa a diete prima della fine del ciclo della scuola primaria, cioè prima di aver compiuto 9 anni.
Lo fa sulla scia di quanto succede alla mamma, le zie o le amiche della mamma.
Non parlo di un sano regime alimentare, di un modo di alimentarsi sano ed equilibrato, no parlo di una vera e propria dieta dimagrante.
Cominciano presto a dare importanza alla linea, ad essere ossessionate dall’apparire, a pensare che sia la cosa più importante in un periodo in cui il pensiero primario dovrebbe essere quello di giocare e divertirsi, incominciando ad imparare.
L’indagine non è italiana, ma britannica, ma potrebbe essere stata eseguita anche da noi poiché, anche da noi, ci sono casi di evidente sovrappeso dovuti, spesso, alla cattiva, anzi pessima alimentazione, all’abbondanza di dolcetti o merendine varie assunte frequentemente, fritti, grassi, cibi preconfezionati ed invece di modificare la tipologia di alimentazione, limitando o eliminando il numero dei fuori pasto cioè osservando un corretto regime alimentare, sembra a molti genitori, soprattutto alle mamme, più semplice e facile sottoporle ad una dieta più o meno drastica, una vera e propria riduzione del cibo, facendo paragoni improbabili sul loro corpo ancora acerbo con quello di modelle scheletriche, ma per quello famose.
Le indagini confermano che non è l’idea di una sana e corretta alimentazione che spinge loro e le loro mamme a mettersi a dieta.
Nossignori è che le piccole (soprattutto loro) sono indotte a sentirsi inadeguate, a pensare che nulla conti di più di un corpo magro, mai abbastanza magro, e così non mangiano, si privano del cibo e degli alimenti necessari al loro sviluppo, fisico e mentale, alla loro crescita.
Pensano all’estetica, alla linea da raggiungere privandosi del cibo, nemmeno lontanamente pensando ad aiutarsi con lo sport, perché questo è fatica e sudore, sudore talmente antiestetico…talmente poco femminile…il look, l’immagine per loro è un’ altra, e diventa essenziale, imperativo assomigliare ad una delle loro modelle, nulla conta di più.
E si giunge a casi gravi, terribilmente seri.
Ai bambini che soffrono di bulimia o di anoressia, o che alternano periodi in cui soffrono dell’una o dell’altra patologia.
Non vogliono andare a scuola perché sono a disagio con sé stessi, che pensano di non poter reggere il confronto con i compagni, si vedono grassi, quando non lo sono, non si rispettano e si affidano quasi sempre a sostanze che possano aiutarli a non pensare, che diano loro l’illusione di stare meglio in un viaggio precoce e molte volte senza ritorno verso l’abuso di alcool e di droga.
Forse, se si riuscisse a cambiare i modelli cui si ispirano, forse se i media e tutti gli altri mezzi di comunicazione si impegnassero a mandare messaggi non diretti (che i ragazzi disdegnano), non moniti che li infastidiscono, non ramanzine che irridono, ma velati, magnificando, sottotono, altre qualità, qualità diverse dalla linea e dalla magrezza, oggi vantate come le sole importanti e in grado di aprire le strade alla notorietà.
Forse se si incominciasse a dare più importanza all’essere e non all’apparire…
Sappiamo, dai risultati delle indagini, che ben l’87% delle bambine e poi delle ragazzine, crede che l’unica cosa importante per loro sia la loro immagine fisica ed è qualcosa di estremamente deprimente.
Sembra di essere tornate indietro nel tempo, a quando l’unica possibilità di vita di una donna consisteva nel trovare un marito, a quando l’unica possibilità risiedeva in una dote, più o meno ricca, e all’indispensabile bellezza del viso e del corpo.
Altre doti non erano neppure previste, anzi erano escluse, vietate.
Donne dotate di un cervello? Di cultura? Che sapessero leggere e scrivere?
Mai al mondo!
Voliamo convincerle a pensare a mezzi diversi per raggiungere il massimo?
Senza esserne ossessionate, accettandosi per quello che si è, per quello che si può raggiungere, senza punirsi, senza farsi del male, anzi imparando ad autostimarsi a crescere, sopratutto mentalmente ad emanciparsi, nel vero senso della parola.