Ultima modifica 17 Giugno 2023
EducazioneCivicaeraora.
Ora mi sono rasserenata.
Il tempo in genere aiuta.
Insomma, come il vino rosso d’estate, un quarto d’ora in frigo ed è a posto.
Se volete fare un piccolo tour sull’argomento in una delle tante scuole vere, quelle che lavorano in un universo parallelo, potete continuare a leggere.
In quelle scuole, di ore dedicate all’educazione civica (oscurata dal nome criptico di Cittadinanza e Costituzione), se ne facevano minimo 200, invece che 33. Ogni giorno.
Capito bene: un’ora al giorno. Per necessità, non per legge.
Ironia a parte, per noi non ci sarà alcuna differenza col nuovo provvedimento.
Sapremo riconoscere bene ora, come lo sapevamo prima, chi si impegna nell’essere un buon cittadino con spirito d’iniziativa teso al bene della comunità.
Non ci sconcerta spostare un voto da una colonna all’altra: è sempre difficile, ma lo facciamo ampiamente e con serietà ogni anno. E sappiamo anche che la conoscenza della legge non ne presuppone il rispetto.
Quindi come sempre lavoreremo sulla cittadinanza attiva: so e mi comporto di conseguenza.
Non ci cambia nulla perché storia, geografia, italiano, scienze ruotano già intorno ai concetti di legalità, di bene comune, di rispetto, di aiuto dovuto (per legge…articolo 2), di confronto tra civiltà.
Parliamo di Storia, per esempio.
Ecco, a studiare i Babilonesi un bambino impara già cos’è una legge e quanto sia importante il solo fatto che venga scritta.
Studiando gli Egiziani scopre, oltre alle piramidi, quanto doveva essere “scomoda” la vita per gli schiavi…no? E per contrasto esalta i diritti umani.
Scoprendo l’antica Grecia e Atene…beh, si accorge da solo di quanta luce democratica abbia fatto sul futuro politico. E così, quando poi legge “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” si riconoscerà parte di un mondo giusto (finché poi qualcuno prova a distruggerlo, ma questo è un altro discorso).
Per giungere ad ogni 27 gennaio e 10 febbraio, anche se alla primaria non ci si arriva più a quella storia, quella delle nostre ombre più dense. Sempre e comunque, ogni anno i nostri bambini confermano l’assurdità della guerra tra umani e la tragedia inevitabile che sempre porta. E la mia collega di italiano, se i giorni della memoria capitano di sabato o domenica, fa in modo di parlarne il venerdì precedente, possiamo starne certi.
E’ il turno di Geografia.
Dalla costituzione della Repubblica del 1948 nascono le regioni Italiane e anche la geografia si impasta inevitabilmente con la crescita di un paese uscito da una guerra assurda.
Come si potrebbe prescindere dallo studio del cambiamento, dal nulla all’Italia, voluto a pieni polmoni da un popolo, nel referendum del ’46?
Cioè, pensiamo veramente
che a scuola non se ne parli più
o che si inizi ora a parlarne?
Veniamo a Scienze.
Disciplina cardine nei progetti volti al rispetto dell’ambiente, al risparmio dell’acqua.
Prima di progettoni boom sulle borracce, le maestre della nostra scuola dell’infanzia lavoravano già sul loro uso, al posto delle bottigliette di plastica.
Capita poi che tante scuole, da 30 anni, piantino alberi dove gli viene concesso: non studiano solo la fotosintesi.
Avanguardie sconosciute ed invisibili.
Ripeto: avanguardie sconosciute ed invisibili.
Italiano: sulla legalità ci puoi lavorare un anno intero, ogni anno.
Ci mancasse il materiale…
Noi insegnanti ci rendiamo conto di quanto sia fondamentale e vitale farlo.
E così la mia collega passa il tempo scuola in un’attività che si intitola “chiama un diritto, risponde un dovere”.
Sì, capita che si trascorrano uno o due mesi a capire profondamente cosa sia il diritto di voto, a provare fattivamente una votazione con tanto di candidati con programmi studiati dai bambini. Capita…
Capita anche che in quinta ci si debba prenotare un anno prima per visitare Montecitorio e capita che un insegnante si metta a prenotare l’uscita mentre è in vacanza e che lo faccia avendo il mondo di attività in testa proprio sul Parlamento e sulle sue funzioni, dal giugno precedente.
Capita che in quinta si partecipi ad un incontro con i rappresentanti di province e regioni.
Il poco tempo che abbiamo non impedisce e mai ha impedito lo studio profondo della nostra splendida democrazia. Tranquilli.
Il problema della scuola, in questo senso, è che poi i ragazzi escono, ed è lì che verificano se ciò che sanno sia rispondente o no alla realtà.
Ma in questo, noi insegnanti, possiamo fare ben poco.
Questo è il nodo che non si scioglie.
Come ha detto ieri qualcuno che non ricordo “Lottare contro i mulini a vento è inutile, ma meraviglioso.” Crediamoci.
Ma perché ci interesserà tanto questo gigantesco e trasversale argomento?
Perché lo scheletro didattico della nostra casa-scuola vive di rispetto e di regole. Si fatica un sacco per renderle operative: il primo riconoscimento di un tempo e di un luogo in cui i propri bisogni vengono messi in stand by.
A scuola ogni gesto ed ogni parola è mirato a che si possa iniziare a lavorare insieme e, per poterlo fare, ogni bambino deve comprendere che le sue volontà personali per il momento vengono dopo il bene comune (l’imparare, nello specifico).
Non nascondiamoci dietro i 5 casi vergognosi di cattiva scuola propinati per mesi e mesi (che sembrano 60), perché su 57 mila scuole circa e 9 milioni di studenti, anche se non siamo bravi bravi in matematica, possiamo attivare un minimo di pensiero critico e fare la nostra brava statistica.
La scuola fa quello che può e in alcuni casi anche di più.
E se oggi un insegnante riesce a lavorare, parallelamente al regno relativistico dei “bastaguardaresuinternet”, e a trasmettere qualcosa, è perché dell’educazione civica ha fatto il suo talismano.
Quindi certo che insegneremo educazione civica, che si chiamava Cittadinanza e Costituzione dal 2008, perché nessuno ci ha chiesto di interrompere ciò che facevamo già; sono proprio svilita.
Dico solo, a chiunque butti l’occhio in questo post, di leggere un documento, direttamente dal sito del MIUR, aprendo anche gli allegati. E’ facile. Anche leggere è facile. Vi prego.
E poi se proprio vi prende l’approfondimento selvaggio, la premessa delle Indicazioni Nazionali del 2012 (cioè la legge della didattica della scuola, quella degli insegnanti) è proprio illuminante.
Ma sapete qual è il bello?
A me, di tutte le polemiche estive, resta una riflessione personale sempre costruttiva, che non mi porta a fare di meno, ma mi spinge a fare di più e meglio.
Soprattutto, però, resta il fiore di un anno scolastico che deve iniziare e che profuma già: la quinta, l’anno in cui puoi lasciare la presa e vedere come camminano da soli, un passo avanti all’altro piccoli cittadini del mondo.
Non so, penso sempre che nella vita faranno grandi cose, oppure piccole, ma ugualmente importanti.
E voi credete che tutto ciò che si dice sulla scuola possa intaccare questa meravigliosa sensazione?
No, noi parliamo, ci arrabbiamo, ci indigniamo: poi, però, andiamo a scuola.
Ci passa tutto.