Ultima modifica 31 Agosto 2016

Molto spesso ci preoccupiamo di insegnare ai nostri bambini a camminare, a parlare, a rispettare le regole come anche di far conoscere loro concetti e nozioni, ma decisamente meno ci interessiamo di educarli a quella che gli psicologi chiamano “intelligenza emotiva”.

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Che cosa s’intende l’intelligenza emotiva?

La capacità di riconoscere ed esprimere le proprie emozioni e i propri pensieri, di acquisire l’autocontrollo e quindi di gestire le emozioni. Oltre alle competenze personali, l’intelligenza emotiva implica anche lo sviluppo dell’empatia, ovvero la capacità di riconoscere e comprendere lo stato emotivo degli altri, e delle abilità di comunicazione (competenze sociali).

Perché è importante educare i bambini a sviluppare l’intelligenza emotiva?

Oramai gli psicologi concordano nel ritenere che non si possa più parlare di intelligenza in termini assoluti e generici, ma piuttosto di “intelligenze multiple”(Gardner).

L’intelligenza emotiva occupa sicuramente un posto importante perché è la base su cui si costruisce la capacità di relazionarsi con se stessi e con gli altri, di sapersi affermare come anche di ascoltare e comprendere gli altri, dell’autostima, di reagire alle difficoltà e agli impegni della vita. Infatti gran parte dei disturbi psichici (disturbi d’ansia, dell’umore, alimentari, il bullismo, le dipendenze) sono accomunati da una matrice di base, ovvero un difetto nella mentalizzazione e nella gestione delle emozioni. Pertanto educare i bambini all’intelligenza emotiva, è anche e soprattutto prevenzione primaria rispetto al rischio di sviluppare comportamenti o disagi e anche rispetto allo sviluppo di insicurezze e ansie.

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I bambini e le emozioni

Ciascuno di noi nasce dotato di una “valigetta delle emozioni”. Infatti se ci pensiamo bene, nasciamo piangendo e il vagito, oltre ad essere indice che le funzioni vitali funzionano, ha anche un significato psicologico: il neonato piange perché lascia il suo ambiente ideale e familiare (la pancia della mamma, immerso nel liquido amniotico), per essere catapultato in un mondo freddo, pieno di luci e rumori a lui estranei. Ciò provoca in lui disagio, che esprime col pianto.

In realtà già da quando il bambino (feto) è nella pancia della mamma, si emoziona in risposta alle sensazioni della mamma e alle situazioni esterne che percepisce direttamente e indirettamente tramite la madre.

Pertanto le emozioni fanno parte di ciascun bambino, in quanto tutti siamo predisposti geneticamente ad emozionarci e questo trova conferma nel fatto che la sede delle emozioni è nella parte più antica del cervello (ippocampo-amigdala). Tuttavia provare emozioni non significa saperle riconoscere, esprimere e gestire. Eppure sia in famiglia che a scuola ancora troppo spesso ci comportiamo come se i bambini dovessero imparare spontaneamente a saper comunicare ed esprimere le emozioni, mentre necessitano di essere educati in tal senso.

Francesca

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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