Gli esami non finiscono mai, scriveva Pirandello, ma quando iniziano?
Io li ho incontrati presto, forse perché pretendendo di iniziare la scuola a 5 anni i miei non hanno potuto far altro che iscrivermi in una privata che, all’epoca, non era riconosciuta per cui, a causa del trasferimento di mio padre, ho dovuto sostenere un esame in seconda elementare.
Esame che sarebbe stato sostenuto nella mia scuola, ma con maestre (3) mai viste prima che ci guardavano a vista, eravamo in 3 anche noi, sostando, sovente, alle nostre spalle.
Ero molto timida e insicura, ma non avevo paura perché la mia maestra, una madre canossiana di nome Giuseppina, mi aveva preparato con insolita dolcezza e quindi ero molto, molto tranquilla e ne avevo ben donde perché i voti dell’esame, tutti 10 e lode, superavano di gran lunga quelli sulla mia pagella.
Era un Istituto conosciuto per la sua severità e per l’impegno che chiedeva ai suoi alunni.
Poi, come tutti gli altri, ho sostenuto, io con leggerezza, gli esami di 3 e 5 elementare, poi quelli, contemporanei, di ammissione alla scuola media.
Si perché, allora, già a 10 anni si doveva decidere per il proseguimento, o meno, degli studi.
La scuola dell’obbligo terminava li e pochi proseguivano per i 3 anni della scuola commerciale o industriale alle quali si poteva accedere liberamente, ma a quei pochi che sceglievano la media per poi, probabilmente proseguire gli studi nei liceo o nei vari istituti superiori e quindi frequentare l’università, era richiesto il superamento di un esame di ammissione che constatava di 4 prove, due anche scritte, italiano, matematica e due solo orali, storia e geografia.
Un esame che si sosteneva nelle aule della scuola media, in un ambiente diverso, tra estranei, i professori, che, da sempre, erano presentati come meno comprensivi delle maestre (gli uomini erano più rari dei quadrifogli) viste come tenere seconde mamme.
Ah, quel mese di giugno!
In pochi giorni due esami diversi, due preparazioni diverse, neppure facili, non solo emotivamente, anche per chi studiava con ottimo profitto!
Poi, per la prima volta, si viveva la suspence dei tabelloni che mostravano a tutti l’esito.
Ricordo l’ansia nel vedere quella sfilza di non ammessi, tanto che con la vista annebbiata non riuscivo a trovare il mio nome, poi, finalmente, quei voti e la scritta ammessa, rivivo il mio sollievo, la trepidazione, la, quasi, incredulità nello scoprire che ce la avevo fatta!
Quell’esame era stato diverso, anche se ero preparata nelle materie non lo ero stata nello spirito e, differentemente dai precedenti esami, mi aveva lasciato un brutto retaggio: la paura.
Pochi anni dopo arrivò la prima riforma (almeno la prima che io ricordi).
Riforma che cancellò l’esame di ammissione, tutti avevano diritto al proseguimento degli studi, perciò era necessario, indispensabile eliminare tutti gli ostacoli, dopo le elementari si poteva accedere solo alla scuola media inferiore, l’unica rimasta, e così rimaneva lo studio del latino l’unico ostacolo, studio ritenuto, dagli estensori della riforma, inutile e troppo difficile per quell’età, così cancellarono anche quello.
Ma una riforma, la Gui, arrivata tra capo e collo, quando mi apprestavo a frequentare la quinta classe dell’ ITC, aumentava di due le materie da studiare nell’ultimo anno e, conseguentemente da portare all’esame.
Esame che, allora, si chiamava di abilitazione, riservando la maturità ai liceali, e che prevedeva ben 4 prove scritte, e l’esame orale di tutte le materie sugli interi programmi degli ultimi 3 anni con riferimenti a quelli precedenti.
Perdonate se io guardo ogni progetto di riforma della scuola con grande, grandissima diffidenza, temendo, anche se ormai a me personalmente non riguarda più, altri orrori e complicazioni senza costrutto, riforme in peius come quelle che si sono succedute da allora.
Se ho parlato degli esami è con cognizione di causa, perché ai ragazzi d’oggi questa emozione è rimandata ai 13, 14 anni, rimandata, come sono state spostate altre situazioni, anche se la maggiore età è stata anticipata ai 18 anni, l’effettiva responsabilità è stata rimandata sine die, rimangono giovani sino a che i capelli non si ingrigiscono e solo allora li si pensa maturi.
E non mi si dica che è per la mancanza di un lavoro, di certezze, di possibilità di mantenersi da soli, no, è semplicemente per un senso di protezione, perché continuiamo a spostare nel tempo l’impatto con la realtà.
Gli esami preparavano a contrastare questo impatto, a fare i conti con le proprie qualità e le proprie carenze, con la fortuna che non sempre ti è amica, con l’imprevisto, con un deficit improvviso di memoria.
Era una valutazione di estranei, di persone che non conoscevi e non ti conoscevano e ti ci abituavi perché la difficoltà era crescente e non improvvisa.
Oggi, alla maturità non superata, molti subiscono un trauma reale dal quale non riescono ad uscire.
La buona scuola cancellerà tali esami?
O li eviterà pensando che i nostri piccoli, magari trentenni, non sono in grado di sopportarli, forse siamo proprio noi a sottovalutarli?