Ultima modifica 10 Ottobre 2019
L’estate in questa parte della Cina è afosa e calda: le temperature superano di gran lunga i trenta gradi e l’umidità il 90%. Se poi aggiungiamo il fatto che spesso l’inquinamento rende il cielo grigio e nebbioso capiamo perché molti stranieri scelgono letteralmente di “scappare” e trascorrere i mesi di luglio e agosto nei relativi paesi d’origine.
Noi lo scorso anno siamo rimasti a Suzhou: ero incinta ed avrei partorito a settembre, quindi di volare non se ne parlava. Ammetto che la decisione di restare mi ha buttato addosso lo sconforto: a Suzhou non c’è il mare, come avrei fatto? Niente grigliate in giardino, amici, parenti, festa e cieli azzurri. Ma non c’era scelta e così io e i bimbi abbiamo cercato di prendere il meglio anche da questa esperienza.
Già… perché la peggio tocca a loro: quasi tutti gli amichetti vanno via e di giorno fa davvero troppo caldo per andare ai giardinetti, la noia è in agguato! Fortunatamente nel nostro enorme compound c’è anche una grande piscina all’aperto, ma non basta certo a riempire tutte le giornate (soprattutto se piove, cosa che da queste parti accade spesso). In piscina abbiamo organizzato cene improvvisate con una dell poche amiche rimaste (per fortuna!) in Cina e il suono forte delle cicale nelle siepi sarà sempre indissolubilmente legato all’estate di Suzhou.
Per fortuna lo scorso anno i miei figli frequentavano ancora l’asilo, che dura molto di più rispetto alle scuole e finisce a metà luglio. Abbiamo poi deciso di fargli frequentare il “summer camp” (una sorta di centro estivo) organizzato nella stessa struttura: i bambini hanno trascorso tre settimane tra giochi acquatici, disegni, attività divertenti, in compagnia di una parte dei vecchi compagni e di maestri che già conoscevano e coi quali andavano d’accordo.
Ma l’atmosfera dell’estate italiana ci è mancata tantissimo… la sensazione di essere in forzato esilio ci ha fatto sentire la nostalgia delle più piccole cose.
Come l’appezzamento di terra degli zii, coltivato ad orto ed a frutteto, dove i miei figli possono fare i contadinelli ficcando le mani nella terra, gustando la frutta appena colta dagli alberi, ancora calda di sole. Zappare la terra, seminare i fiori, fare il bagno nella tinozza del vino. Piccoli lussi che in Cina non ci possiamo permettere.
Ovviamente mi è mancato il cibo… lo stracchino, la mortadella, i pomodori quelli buoni. Come non sentire nostalgia del salumiere che offre ai bambini un pezzettino di formaggio condendo l’offerta con una battuta divetente? E il poter gironzolare lungo le corsie del supermercato senza impazzire per capire le etichette dei prodotti, trovando cibi che in Cina ci sognamo, senza dover sgomitare con le vecchiette che fanno la fila per le uova?
Ho ardentemente desiderato piccole cose che quando siamo in patria ci sembrano banalità: la capacità di intendersi con due parole, l’acqua del rubinetto che si può bere e che mi sembra quasi acqua di fonte, le nuvole che corrono nel cielo.
E poi il mare… lo sciabordio delle onde, l’urlo dei gabbiani, l’odore di plastica del materassino che è rimasto per ore sotto il sole… lasciarsi cullare dalle onde della nostra bassa acqua di laguna, toccando il fondo sabbioso con la punta delle dita, coi capelli che ondeggiano come alghe. Il mare ce lo sognavamo anche di notte e mia figlia ha fatto decine di disegni di spiaggie e ombrelloni.
Quest’estate la passiamo in Italia. E la facciamo scoprire anche al nostro tenero Donghsheng (nome cinese del piccolo di casa) che, finalmente, imparerà che la sabbia non si ficca in bocca perché fa schifo, ma che fare il bagno nell’acqua alta pochi centimetri della secca è divertentissimo!