Ultima modifica 24 Agosto 2016
E’ un argomento delicato, difficile essere certi di cosa sia giusto o cosa faremmo in una posizione di così incredibile dolore per questi genitori con figli gravemente malati.
Il caso inizia in Belgio dove è stata appunto approvata l’estensione dell’eutanasia sui minori. Secondo la nuova legge, è il bambino a dover chiedere l’eutanasia e uno psicologo a valutare la sua capacità di comprendere quello che sta facendo.
Ma io mi chiedo come sia possibile. O meglio. Sono a favore dell’eutanasia rispetto a un adulto che sia libero di scegliere dove e come morire. Perché è la sua vita e, per quanto la chiesa si opponga, è vero che è un dono che ci hanno fatto. Come scegliamo in quale maniera vivere, così dobbiamo essere liberi di scegliere come morire. E, soprattutto, quando si tratta di vivere inchiodati in un letto fra terribili sofferenze. E mi chiedo se vivere così sia davvero vivere o sopravvivere chimicamente. Il corpo respira. Ma non serve solo respirare per vivere davvero, io credo. La vita è la possibilità di provare amore e di condividerlo. Cosa che non è possibile se soffri e basta.
Mi chiedo se i bambini siano in grado di giudicare o decidere. “…Il bambino è sempre stato una categoria protetta, infatti non può prendersi la responsabilità di sottoscrivere contratti, di votare, né di assumere un servizio come quello militare” dice l’articolo. E, in effetti, vista così, mi chiedo come non possano decidere su cose come queste, ma possano decidere se vivere o morire. L’istinto che ci dice che i bambini vanno protetti mi direbbe che è impensabile, ma poi mi dico che i bambini vanno anche tutelati. E rispettati. E il loro essere più piccoli non è sempre condizione inferiore. Anzi, spesso è di molto superiore a quella degli adulti. Più semplici, più immediati e concreti. Anche rispetto alla morte.
E forse anche un bambino può rendersi conto quando la sua sofferenza gli rende impossibile vivere davvero. Anche un bambino può avere un limite di sopportazione, ma bisogna cercare di porre l’asta di sopportazione e di accettazione il più in alto possibile. A volte è l’impossibilità ad avere i mezzi e assistenza adeguata che spingono a scegliere la morte.
Faccio un piccolo e banale esempio. Ad un bambino costretto all’immobilità viene data la possibilità di essere assistito con una carrozzina che gli permetta di muoversi da solo, un pc con cui giocare e imparare, anche se deve stare in ospedale, e i suoi genitori possono stare lì accanto a lui e via di seguito. Ad un altro, che non ha le stesse possibilità, rimane solo una vita immobile in un letto. E’ chiaro quale dei due avrà la soglia di sopportazione più alta, no? Quindi, prima di qualsiasi altra decisione o scelta possibile, bisogna che al malato e alle loro famiglie venga garantita la massima assistenza possibile. Una volta che tutto, ma proprio tutto, è stato fatto, la scelta deve – io credo – rimanere personale.
Ho però anche il timore che questa legge (che non fissa limiti di età e che forse non è del tutto assurda se usata caso per caso e con tanta tanta attenzione) diventi un modo per scelte scellerate, per praticare l’eutanasia anche in casi diversi come bambini disabili, dove le cure palliative potrebbero eliminare le sofferenze fisiche e permettergli una vita, diversa, ma una vita. Che deve essere tutelata e preservate al meglio possibile.
Personalmente credo nella massima libertà di scelta della propria vita ma, quando un bambino è troppo piccolo per decidere o parlare, sono i genitori a scegliere. E il pericolo è che la scelta venga fatta perché i genitori non sono in grado di sopportare il dolore dei propri figli. Il che è umanamente comprensibile, ma il rispetto della vita e la sua preservazione deve sempre essere il primo obbiettivo. Quindi, prima di ricorrere allo spegnimento di una vita, bisogna essere certi di aver fatto tutto il possibile per salvarla. Ogni cosa possibile.
Ma la vita non è solo respirare. E questo lo sanno anche i bambini.