Ultima modifica 29 Settembre 2016


Fare l’amore mossi dallo scopo di procreare è cosa ben diversa dal farlo per piacere.
E la coppia che cerca figli che non arrivano, lo sa bene.

Quando l’amore diventa “a tempo”, finalizzato, quando i rapporti divengono mirati, cambia inevitabilmente, l’intimità della coppia.
Quando dopo un anno o due di rapporti non protetti, un figlio non arriva, fare l’amore nei giorni giusti diventa, indispensabile.

Spesso questa fase si accompagna a quella di una leggera stimolazione prodotta da cure ormonali e si viene monitorate per vedere come e se si ovula. Spesso si hanno dei tempi precisi da rispettare, orari da seguire e all’amore subentra una sorta di lavoro a tempo.
Si smette di fare l’amore per il piacere di farlo, ci si sente espropriati della propria libertà di amare.

I rapporti sessuali avvengono in giorni e ore prestabilite. E la voglia di avere quel bambino che non arriva mortifica il sesso, lo priva della parte ludica, giocosa.
Alla complicità della coppia si sostituisce un “dovere” un obbligo che non ha niente a che fare con la naturalezza dell’amore.
Le prime volte ci si ride su, si gioca sul fatto di avere un’attività sessuale viva e frequente, si prova a scherzare su come sia buffo, magari, rimettere la sveglia nel cuore della notte per amarsi, perché proprio a quell’ora si ha il picco ovulatorio e si rilascerà l’ovulo che potrebbe essere fecondato.

Poi, con l’andare del tempo il riso cede il passo a gesti meccanici, a ritmi robotici.  L’uomo si sente “usato”, prova disagio al posto del piacere, la donna si sente snaturata. Un distributore di spermatozoi Lui, una predatrice sessuale Lei.

Preservare la propria privacy, difendere il proprio rapporto dai contraccolpi di una riservatezza violata, è molto difficile. Accettare che la normalità, la naturale unione dei corpi e delle anime, non faccia più parte della propria routine, mette in crisi e spesso divide.
Perché fare l’amore dovrebbe essere la cosa più logica e spontanea tra due anime che si riconoscono tra mille, tra due corpi che si scelgono per accogliere la vita. Quella vita che dovrebbe nascere dalla fusione della certezza di amarsi. E invece no. Quel totale coinvolgimento rischia di non avere più niente di immediato, di sincero. Rischia di diventare un’unione alterata, manipolata dal desiderio ancestrale di procreare.

Che fare allora? Come riuscire a sfuggire alle logiche artificiose e innaturali di un rapporto automatico, a macchina?
Come riuscire a non allontanarsi dal proprio compagno e a ritrovare la normalità nella propria sfera sessuale senza rinunciare a cercare un figlio?
Io non sono una counselor, né una sessuologa. Non faccio la psicoterapeuta e non ho consigli e suggerimenti. Ho solo cicatrizzato la ferita profonda dovuta alla separazione tra il desiderio incontenibile di mio figlio e il piacere di stare con il mio compagno. Smettere di fare l’amore allontana, separa.
Cercare un figlio che tarda ad arrivare destabilizza e tende a scollare anche il legame più saldo.

 Occorre comunicare con il proprio compagno, bisogna dirsi che passerà, perché succederà, bisogna raccontarsi le proprie angosce, le proprie frustrazioni. Cercare di capirsi, di comprendere.

E se l’amore diventa un lavoro a tempo determinato, che sia allora un lavoro di squadra. Di quelle squadre dove uno per tutti, tutto per uno, di quelle dove davvero l’unione, del corpo e dell’anima, fa la forza.

Raffaella Clementi

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