Ultima modifica 26 Settembre 2016
Sei ore al giorno.
A volte essere in ufficio ancor prima che i bimbi si sveglino. Altre, starci fino a molto dopo rispetto la loro uscita da scuola. Chiedere un permesso: un tabù. Godere delle ferie: una specie di concessione.
Ammalarsi: un’onta. Stare a casa coi bambini malati, una colpa punibile penalmente.
Questo era il mio lavoro, dopo aver rinunciato, pur di essere mamma, alle velleità giovanili di lavori stimolanti ed appaganti ma eternamente precari.
Un lavoro come tanti: vicino a casa e a tempo indeterminato, per carità.
Me lo ripetevo tutti i giorni: “Di qua non mi manda via nessuno ed in venti minuti arrivo da casa a lavoro, senza traffico” Solo che a volte, più che una rassicurazione, mi sembrava una condanna!
Non era il lavoro dei miei sogni e non era strapagato ma avevo imparato ad appassionarmici, pur con tutti i suoi, molti, lati negativi.
Per un po’, i miei mille euro di stipendio venivano divisi tra me e la tata che guardava Sara, poi, quando è arrivato anche Diego, gli stessi mille euro sono stati spartiti tra me, lei ed il nido.
Non male lavorare per 100 euro al mese netti! “E’ solo un periodo” Pensavo, “I bimbi cresceranno e le cose miglioreranno.”
Ma le cose non sono migliorate nemmeno quando Diego ha cominciato l’asilo, perché, comunque, avevo sempre bisogno di qualcuno che portasse i bimbi o che andasse a prenderli, che li accompagnasse alle attività sportive, a cui poi, rinunciavo, per evitare che mi costassero il doppio!
Avevo una casa penosa, perché, chiedere alla tata di darmi anche una lustratina veloce al mobilio significava renderla socia di maggioranza del mio stipendio! La mia passione per la cucina era diventata una sfida contro il tempo e la mia attenzione per una spesa consapevole era andata a farsi friggere, insieme a tutti gli altri alimenti che immergevo in olio per una cottura più rapida!
Un giorno, un pensiero si è insinuato prepotentemente in me.
Perché vado a lavorare?
Per Passione? No
Per i soldi? No, dovrei prendere il doppio per apprezzare il mio stipendio al netto delle spese
Per evadere? No, adoro stare coi miei figli e la vita sociale che ho fuori dal lavoro è molto meglio di quella che ho in ufficio
Perchè amo il mio lavoro? Noooooooooooooo!
Da quel momento, era come se avessi una calcolatrice inchiodata alla fronte e, a tutte le ore, del giorno e della notte, digitavo sottrazioni, addizioni, calcolavo medie ponderate e definivo break even points di ogni genere ma, da qualunque lato guardassi la situazione, la risposta era NO, lavorare non mi conveniva più.
Ho dato un abbondante preavviso e mi sono affrancata.
Ho ricominciato, così, a preparare colazioni sane e pranzi equilibrati ai miei bambini, a riordinare casa con regolarità, a stirare le camicie di mio marito con la luce del giorno, a frequentare i miei mercati e le mie botteghe preferite ed a scegliere gli sport dei miei bimbi in base alle loro inclinazioni e non al mio orario lavorativo.
Ho ricominciato ad esserci!
In più, con un po’ di fantasia e coraggio, mi sono costruita un lavoro flessibile e adatto a me.
Lo ammetto, se avessi avuto un marito più presente o qualche nonno disponibile, forse, avrei scelto altre strade ma ora so che nessuna di quelle sarebbe stata la mia.
Mi sono resa conto di come molte donne mantengano il proprio posto di lavoro solo grazie alla buona volontà e, diciamolo, anche al sacrificio dei nonni e devo ammettere che, per un bel po’ di tempo, le ho anche invidiate.
La mamma che gestisce i bambini, la suocera che pulisce la casa ed il papà che porta la macchina a cambiare le gomme dell’auto mentre il suocero va a fare la spesa. Intorno a me, invece, la situazione era ed è molto diversa: suocera che si occupa di terme e convegni, suocero che a sessant’anni suonati lavora come se dovesse sfamare una famiglia di otto figli, papà che scarica pedane di vino, nonostante la sciatica, e la mia mamma immersa in un cumulo di fatture. In tutto questo, fatto per scelta e non per dovere, gli adorati nipoti erano un impegno da segnare sull’agenda, se mai fosse stata libera.
Ci ho sofferto molto ma ora vedo la situazione sotto una luce completamente diversa: io sono libera di gestire i miei figli senza chiedere favori a nessuno e i miei bimbi hanno quattro nonni felici e realizzati che, quando stanno con loro, lo fanno con amore e passione e non con spirito di sacrificio.
Dovrebbe poter essere così per tutte le famiglie, i figli sono di chi li mette al mondo, non devono ricadere, ancora una volta, sulle spalle di chi, a sessant’anni, magari, si vorrebbe godere la vita o solo riposarsi e, invece, è obbligato a scarrozzare marmocchi non senza mettere il muso.
Non so se la mia fortuna sia stata quella di non avere alternative oppure quella di essermele create, ma so che ci sono mamme che, diversamente da me, amano il proprio lavoro e non lo lascerebbero per nulla al mondo perché non sarebbero felici. So anche che ci sono famiglie in cui c’è bisogno di due stipendi pieni e, così, i nonni non possono esimersi dall’aiutarle. Non è corretto, però, in ogni caso, pretendere che siano le famiglie di origine a farsi carico delle generazioni future.
Se qualcuno deve farsene carico, oltre a mamma e papà, sicuramente non è un privato ma è lo Stato, quello stesso Stato che invita gli italiani a fare figli e a farli in fretta e poi spera nel buon cuore dei nonni.
Certo, se i genitori sono giovani, i nonni, di conseguenza, non sono ancora in sedia a rotelle e dunque, possono essere spremuti come dei limoni. Effettivamente, a volte, al parco si vedono nonni che, con una mano spingono il carrellino della flebo e con l’altra la carrozzina, oppure ci si imbatte nella badante col passeggino gemellare: posizione nanna per il piccolo, posizione scoperta del mondo per la nonna!
Non si può andare avanti così, fate figli prima che siano i vostri piccoli a dover cambiare il pannolone ai nonni, se no come si fa?
Insomma, chi i nonni li ha ne abusa ma non senza conseguenze sul rapporto genitori – figli o, peggio ancora, suoceri – nuore, e sull’educazione dei bimbi. Chi i nonni non li ha, è costretto a lasciare il lavoro, a meno che non guadagni molto bene.
Io penso che, al di là degli assegni familiari e delle detrazioni per figli a carico, l’unico modo per rasserenare chi vuole avere un figlio sia quello di riconoscere un contributo economico a tutte le mamme, in modo tale che, chi deve o vuole lavorare, possa pagarsi un nido o una tata, mentre chi preferisce, o può, stare a casa coi figli, padre o madre che sia, possa farlo tranquillamente, senza farli morire di fame.
Non parlo di uno stipendio intero ma di una cifra adeguata.
Solo in questo modo, i ruoli sarebbero di nuovo definiti: le mamme sarebbero libere di scegliere, i bimbi starebbero con figure adeguate, ci sarebbe più lavoro per educatrici e tate ed i nonni, quelli che possono permetterselo, si godrebbero la propria pensione, non senza ritorni per l’economia.
I figli si fanno nel momento IN CUI si è pronti, quando si ha un lavoro remunerato, quando ci si ha riflettuto bene, quando la coppia è stabile e NON perchè la società ti impone la prole senza poi aver le materie prime per mantenerli!
L’egoismo non è quello dei genitori che “devono” lavorare (come se si divertissero no!) per poter trasmettere ai loro figli dei valori e sopratutto una vita decente e che quindi devono avvalersi di figure “esterne” come i nonni… gli egoisti sono quelle persone che pur di sembrare all’avanguardia sfornano figli perchè è una moda… perchè oddio… l’orologio biologico giunge al termine… perchè io sono una donna ed è nel mio DNA sfornare un bambino!
E’ vero… i figli sono di chi li mette al mondo ma se la famiglia di origine ti aiuta è un male per la società?
No, no non è un male per la società….anzi, la società ha solo da guadarci se le famiglie di origine fanno quel che dovrebbero fare i nidi che mancano e le aziende che non concedono il part time ecc.
I nonni possono essere dei bravissimi educatori ma credo che uno Stato che accenta chi non fa figli o chi li fa troppo tardi dovrebbe dare la possibilità di scegliere: scegliere, ad esempio, che i propri figli non pesino sulle proprie famiglie di origine, scegliere il part time, scegliere di stare a casa a crescere i propri bimbi ecc. Facile dire fate figli, tanto ci sono i nonni! Eh no, create una società a misura di famiglia e poi i figli si ricominceranno a fare…credo!
Io non ho potuto scegliere perchè, pur avendo 4 nonni in forma, i miei figli non hanno nessun nonno che ha espresso il desiderio di far loro da tata e, come ho scritto, forse, se uno di loro si fosse offerto, io ne avrei “approfittato”, come tante altre mamme. Invece, ho speso migliaia di euro in baby sitter e, alla fine, ho lasciato il lavoro. Io ho potuto scegliere, a mie spese, ma molte donne non possono farlo e, così, sono obbligate ad obbligare (giochino) i propri genitori o, peggio, i suoceri, a occuparsi dei nipoti. Questo genera spesso disaccordi e tensioni in famiglia a causa dei diversi stili educativi e, questo non è un bene per i bimbi. Ecco, uno Stato che vuole abbassare l’età media, dovrebbe offrire ai bimbi dei nidi e ai nonni la possibilità di godersi i nipoti quando possono e vogliono!