Ultima modifica 21 Aprile 2021
Tutti noi genitori, noi mamme in particolare, aspiriamo a non fare troppi danni, a volte anche a fare le cose bene, pertanto ci sforziamo di leggere libri e guardare le “tate”, di consultare amiche esperte e specialisti all’avanguardia per essere all’altezza del compito.
Poi ci prodighiamo con raccomandazioni, con l’esempio, scegliamo la scuola migliore, lo sport più adatto, financo le amicizie più costruttive…insomma ci ingegniamo per rendere la loro vita migliore. E la nostra.
Ah, mi sbaglio? Non abbiamo in fondo al cuore il desiderio che vadano bene a scuola, che siano educati con gli amici, che ricambino il saluto degli estranei-per-loro ma non diano confidenza agli estranei-per-noi, che mangino-le-verdure senza troppe esitazioni e magari senza rovesciare nulla sul tavolo e sotto il tavolo, che rispondano sì ad almeno il cinquanta-per-cento delle centomila richieste che gli facciamo ogni giorno?
E non ci sentiamo quasi bravi quando qualcuno di questi nostri desideri viene ripagato da un comportamento buono, o almeno accettabile-secondo-noi, del nostro pargolo e invece ci chiediamo smarrite cosa-ho-sbagliato nel momento in cui ci sorprendono con l’ennesima trovata-per-noi-inconcepibile?
Forse sono solo una mamma-apprendista, ma a me capita.
Le mamme-esperte, quelle navigate, forse ormai hanno plasmato bene i propri figli e non hanno più bisogno di desiderare in fondo al loro cuore, nel misto di sensi di colpa, aspettative e bisogni di sopravvivenza, che ciò accada.
Parlo di mamme perché i papà molto spesso, sebbene non sempre, vivono nella beatitudine di sentire irrimediabilmente che il loro pargolo riuscirà perfettamente nella vita a cavarsela, nonostante qualche sbavatura ed insuccesso e, soprattutto, che tutto ciò non andrà a demolire il proprio valore di genitore.
Credo sia normale il desiderio di essere dei buoni-genitori, di dare il meglio ai nostri figli e di vederli sbocciare.
Per noi genitori adottivi c’è, forse, un rischio in più in agguato: li abbiamo chiamati a una nuova realtà, abbiamo investito tempo, energie, desideri nell’attesa, ora ci sentiamo chiamati a non fargli mancare il meglio, a proteggerli, se non a risarcirli.
In questo periodo di iscrizioni alle scuole, tutto ciò è più che mai attuale.
La mamma-esemplare ha chiesto alle amiche e alle conoscenti, ha valutato con attenzione il POF e il Piano di sicurezza, ma anche il RAV (Rapporto di Autovalutazione), confrontato i PDM (Piano di Miglioramento) e tutti i dati incrociabili su ogni scuola, nella viva speranza di azzeccare quella giusta. Giusta.
Cioè?
Quella che lo preparerà alla scuola successiva e alla vita, ma non lo stresserà, quella che propone insegnanti accoglienti, inclusivi, attenti, pacati e dinamici, rigorosi e comprensivi, innovativi e competenti… che faranno del pargolo il centro del proprio lavoro e delle proprie attenzioni.
In fondo vogliamo il meglio per i nostri figli e davvero credo che non ci sia nulla di male.
Ma credo sia importante soffermarci sulla differenza tra il-meglio-per-noi e il-meglio-per-sé, tra il vederli sbocciare nei propri talenti e diventare il-meglio-di-sé, e il poter dire che abbiamo fatto il massimo e siamo stati all’altezza della situazione vedendo realizzate le nostre aspettative, vedendoli diventare il-meglio-di-noi.
Forse di qui tanto zelo, ma anche tanta fatica.
Forse, però, ai nostri figli basta un “genitore sufficientemente buono”.
Senza entrare nello specifico, uso questa espressione per intendere uno di quelli che non è perfetto, ma li ama, che sbaglia, ma sa rialzarsi, che si arrabbia, ma sa scusarsi, che sappia ridere delle sbavature inevitabili e cedere senza mollare, un genitore che sappia lasciare spazio ai suoi errori senza spaventarsi, ai suoi fallimenti senza angosciarsi, che abbia chiara la distanza necessaria tra sé e il proprio figlio.
Essere genitori adottivi in questo caso, non ci distingue.
Siamo innanzitutto genitori.
Qui ciascuno si guardi dentro, non si senta accusato ma interpellato, perché al di là delle intenzioni credo che essere genitori, sia la sfida più impegnativa per un essere umano che porta con sé limiti e ferite, desideri e bisogni e abbia talmente tanto amore ed incoscienza da lanciarsi nell’impresa di custodire un’altra vita e accompagnarla nel proprio cammino.
E se tutto ciò vi risultasse banale, io penso che questa sia la vita: essere padri, essere madri in cammino.
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