Ultima modifica 29 Novembre 2017

Ecco questa è proprio una bella notizia: Mamma Berta è finalmente partita per raggiungere il suo “piccolo cioccolatino”, come lo chiama lei.

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Sono partiti il 5 di gennaio per il Mali ed il giorno successivo ha incontrato il suo bambino. Ovviamente l’emozione era a mille, il cucciolo emozionato…i genitori emozionati. Tutto è andato bene ed il primo incontro è scivolato via facilmente.  Tutti leggono questo momento dell’adozione come un “momento felice” per entrambe le parti ma pochi si soffermano a leggere questo momento con gli occhi del bambino.

Per un bambino essere coinvolto in un’adozione, nazionale od internazionale essa sia, non è una scelta come lo è per noi genitori. Loro non decidono nulla, non decidono di nascere, non decidono di essere abbandonati, non decidono di andare in istituto e, se viene trovata la famiglia adatta, di andare in adozione.

Già per noi adulti, che scegliamo questo percorso, questi sono momenti pieni di paure ed insicurezze figuriamoci come li vive il bambino che è normalmente dipendente dall’ambiente che lo circonda.

Immaginiamo un attimo cosa può significare affrontare questa prova. Quindi mettiamo gli occhiali da bimbo e cerchiamo di capire quanta paura e smarrimento può provare a ritrovarsi con due quasi estranei, e quel quasi dipende da quanto bene siano stati preparati dai servizi sociali che li ha in carico, che arrivano, passano del tempo più o meno lungo insieme a lui, e poi lo portano via dal luogo che lui reputa sicuro o quantomeno stabile.

Per i bimbi questi sono momenti intesi e significativi, spesso sono spaventati e poco preparati a due persone così diverse dalla gente che li ha circondati fino a quel momento. Il bambino da un lato percepisce un grande interesse verso il nuovo evento, dall’altro avverte che ciò lo sta portando verso una situazione a lui sconosciuta.

Il bambino che viene adottato subisce a tutti gli effetti una nuova rottura con l’ambiente che fino a quel momento è stato il suo punto di riferimento e deve creare un nuovo legame di attaccamento e fiducia con questi due adulti   estranei che sono, nel frattempo, diventati i suoi genitori adottivi.

Per loro questo attaccamento non sempre è immediato ma si attiva man mano con la conoscenza, la vicinanza fisica, il prendersi cura da parte del genitore, la comunicazione affettiva che gli adulti mettono in atto e la relazione empatica. Ovviamente i tempi di questo nuovo attaccamento variano a seconda dell’età del minore e del suo carattere. Capita che sin dalle primissime fasi dell’incontro ci si possa trovare di fronte ad un bambino che fatica a relazionarsi e che ha spesso atteggiamenti non verbali di indipendenza.

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Quel dire” io so cavarmela da solo”, “io posso fare a meno di te” sono atteggiamenti che devono essere letti dall’adulto adottante non come un atteggiamento di rifiuto nei suoi confronti ma come la loro paura a lasciarsi andare verso delle persone che lui sente potrebbero diventare rilevanti per la sua vita, una tale paura ad aprirsi nuovamente all’amore per timore di perderlo un’altra volta.

Una forma di autoprotezione quindi. E se noi riusciamo a superare la sensazione di non essere indispensabili e rispettiamo i loro tempi, ci ritroveremo una piccola perla nascosta dentro quella conchiglia che sembra impenetrabile ma non lo è. Quindi ancora una volta la pazienza e la disponibilità diventano armi indispensabili per conquistare la loro fiducia.

Armi che la nostra Berta ha dimostrato di possedere ampiamente quindi, buona fortuna mamma Berta, le Nuove Mamme ti augurano con tutto il cuore che il tuo incontro prosegua sotto la buona stella sotto cui è iniziato.

Elisabetta Dal Piaz

Riminese trapiantata per amore in Umbria da ormai 18 anni. Ex dietista e mamma attempata, di due fantastici figli del cuore che arrivano dal Brasile. Ma il tempo passa e i figli crescono (e non sia mai avere mamma sempre fra i piedi) ho ripreso a studiare e sono diventata Mediatore familiare, civile e commerciale. E a breve...mediatore penale.

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