Ultima modifica 20 Giugno 2019
I genitori? Fuori dalla scuola.
A volte, lo si sente dire, specialmente nei momenti d’esasperazione, quando il genitore vuol fare “l’insegnante dell’insegnante“, quando si lamenta di come vadano a scuola i propri figli, senza considerare che tanto è, e deve essere, l’impegno della famiglia nel percorso scolastico, quando per autonomia intende un dato di fatto, nato da una sorta di magia, e non una conquista quotidiana, stimolata da tanti input, in cui gli adulti di riferimento fanno la differenza.
Tuttavia, i genitori non possono restare fuori dalla scuola, perché è un luogo che ospita i loro figli e perché ne sono compartecipi per legge.
A partire dal consiglio di interclasse, che invita docenti e rappresentanti di classe a condividere regolarmente il percorso scolastico e progettuale delle varie classi, per arrivare ai famosi colloqui tanto attesi e agli incontri per la consegna delle schede di valutazione, i genitori sono chiamati a seguire il cammino collettivo, più o meno in salita, dei loro bambini.
Ma i genitori possono fare molto di più in termini di partecipazione e la mia collega ci ha sempre creduto più di me. Io l’ho seguita nel suo intento per molto tempo, tanto che quest’anno ho deciso di provare.
Sette anni fa, ancora ricordo, chiamò una mamma esperta in disegno e pittura, per far fare ai bambini un mini corso di paesaggistica e ritratto. Poi, una mamma bibliotecaria venne a insegnare un metodo di schedatura dei libri con del vero materiale da biblioteca. Un altro genitore, appena due anni fa, propose un incontro con un apicoltore, che portò in classe due arnie meravigliose, spiegando la vita delle api con una semplicità disarmante, nonchè attraverso la sua esperienza e passione. Invece, l’anno scorso, un papà venne a fare una lezione con l’attrezzatura da sub, spiegando, con foto e filmati, il segreto e i pericoli dell’immersione e ciò che si possa ammirare a varie profondità.
I bambini sono stati sempre entusiasti di questi interventi e, cosa che non credevo, nessuno tra gli altri genitori si è mai lamentato: un segno di maturità che poi si riflette sui figli, ovviamente.
Ci avvaliamo della disponibilità di genitori esperti nel proprio mestiere e che possono, quindi, spiegarlo in modo diretto: credo sia proprio questo il segreto della riuscita, perché una cosa, più si conosce a fondo, più la si comunica facilmente e semplicemente.
Quest’anno, un papà geologo ci ha accompagnato nei meravigliosi sotterranei della Cattedrale di San Lorenzo, arricchendo la visita storica di particolari geologici e dell’uso dei materiali da parte di Etruschi, Romani, e durante il Medioevo. Poi, è arrivata la mamma geologa, che ci ha impostato un lavoro molto interessante sulla morfologia dell’Umbria, collegando paesaggi moderni alla loro storia e motivandone, in poche e puntuali parole, la loro formazione geologica. Ha portato cartine e foto aeree, fossili di ammoniti e trilobiti.
Personalmente, non avrei saputo fare lezioni così sintetiche e complete.
Sia io, sia i bambini, siamo rimasti molto colpiti dalla competenza di questa mamma, ben consapevole di non essere un insegnante, ma di essere padrona dell’argomento. È stato utile anche per lei tastare con mano il nostro lavoro, provando cosa vuol dire fare una lezione alle 9 di mattina e l’altra dopo ricreazione. Ha capito quanto sia impossibile fare la classica “lezione” cattedratica e quanto, invece, sia importante coinvolgere tutti i bambini, cogliendo ciò che sanno, per arrivare a ciò che non conoscono. Insomma, una persona in gamba.
Poi, abbiamo voluto “esagerare”: la nostra bravissima tirocinante, ormai con noi da due anni, ha preso in carico un mini percorso sul mulino ad acqua e lo sta portando avanti in modo preciso e puntuale.
Noi abbiamo bisogno di lei e lei ha bisogno di capire come si tenga una classe, e ce ne vuole di esperienza per comprenderlo. Quindi, ci aiutiamo a vicenda e la sua freschezza e determinazione aggiungono entusiasmo.
La compartecipazione e la collaborazione, non solo a parole, arricchiscono sempre tutti, e questo vale, soprattutto, nella scuola. Se lo impostiamo come modello, forse passerà anche ai bambini.
Chissà, la speranza è sempre l’ultima a morire.