Ultima modifica 10 Agosto 2018
“Giulia mi dai un bacio?”, lei avvicina la bocca sulla mia, mi bacia sorridendo e applaude.
Si, proprio così. Ogni volta che fa qualcosa di ” importante ” lei si batte le mani orgogliosa.
Perché anche un bacio per Giulia, nata 3 anni fa con una malattia genetica rara, è una grande conquista.
Quando aspettavo Giulia ero contenta, dopo Leonardo che allora aveva 6 anni, sarebbe arrivata una patuffolina da riempire di coccole, bambole e vestiti. Immaginavo un rapporto forte e bello una volta cresciuta.
Mi ero fatta il mio film, come tutte le mamme quando aspettano un bambino.
In realtà nulla di quello che immaginavo si è poi realizzato.
Niente bambole e vestiti ma visite e ospedali, lacrime, paure e dolore.
Il responso della sua malattia è arrivato a 3 mesi travolgendo la nostra ‘vita normale’.
Ho passato giorni interi a piangere e a chiedermi perchè.
La risposta l’ho trovata nella fede: Giulia mi era stata mandata dal cielo e insieme avremmo portato la nostra piccola croce, cercando di lottare sempre, e pregare.
Avere fede in Cristo e in Maria, la mamma che tutti accoglie senza riserve e paure.
Accoglienza. Una parola che risuona nella mia mente sempre, non mi abbandona mai, anche nelle giornate più dure e difficili, quando le lacrime bagnano il mio viso senza che io neanche me ne renda conto.
Quando lei è nata però c’era Leonardo che con i suoi 6 anni pensavo fosse in grado di comprendere che la mamma doveva occuparsi della sorellina a tempo pieno senza interruzioni.
Credevo, chissà poi perché, che fosse abbastanza grande.
Invece mi sono sbagliata.
Riconquistare la fiducia di mio figlio non è stato facile e ancora adesso vive dei momenti di fragilità che so però riconoscere subito.
La disabilità di Giulia coinvolge tutti i membri della famiglia.
D’altra parte ho sentito fin da subito l’esigenza di far capire a chi avesse a che fare con Giulia che bastava avere amore e fiducia in lei e nelle sue potenzialità affinché anche le sentenze più nefaste che mi sono sentita dire, lei con il supporto giusto avrebbe potuto smentirle. Ed è stato così infatti. Giulia rappresenta la gioia di vivere e lo dimostra sorridendo. Sempre.
Non dimenticherò mai il suo primo sorriso. Arrivato forse un po’ tardi, ma che poi non l’ha più lasciata.
Questo sorriso mi da la forza di superare prove talvolta difficili, e mi porta a chiedermi: perché se sorride lei, nonostante tutto, non dovrei sorridere anche io?
Giulia in questi tre anni ha ottenuto grandi progressi. Ha iniziato a camminare, ci sente bene grazie all’apparecchio acustico, riesce a mangiare con il cucchiaio e fa progressi incredibili.
Abbiamo ottenuto questi risultati perché avevo ben chiaro che un uomo, o un bambino, non è mai la sua malattia.
Lui è infinitamente più grande.
È un tesoro prezioso che non può e non deve essere cancellato dalla malattia. Ma deve essere aiutato a combatterla. Ed è grazie a questa diversa prospettiva che ho potuto conoscere persone meravigliose, mamme con un cuore grande e grinta da vendere. Ed io cerco come posso di trasmettere a chi invece ha più difficoltà, per esempio a mamme che si affacciano al mondo della disabilità per la prima volta con tanta paura, che i loro bambini hanno bisogno di lavoro, coraggio impegno ed amore ma poi i progressi che fanno ti ripagano di tutto.
“Amor omnia vincit” scriveva Virgilio ( Bucoliche X, 69) e credo davvero che l’amore sia la chiave di tutto.
Per i figli si darebbe la vita senza riserve.
Ma anche aiutare gli altri in questi anni mi sta regalando gioia e pienezza.
Non riesco più a programmare il futuro. Vivo giorno per giorno cercando di non dare nulla per scontato e di sorridere sempre come fa Giulia. Percorremmo questo cammino con i nostri tempi, mano nella mano, senza pensare dove ci porterà ma tenendo presente che l’importante non è dove si arriva ne quando ma lottare per ottenere, a piccoli passi, grandi conquiste.
Elisabetta Marzo