Ultima modifica 31 Agosto 2018
Le donne in Arabia Saudita, e in moltissimi paesi islamici (non in Kwait però, dove qualcuna di noi ha provato l’ebbrezza della guida), non possono guidare. E hanno molti meno diritti di noi in occidente.
Ma qualcosa si muove, e sembrerebbe che presto potrebbero mettersi al volante.
Le donne in Arabia Saudita potranno guidare.
Il merito di questa decisione potrebbe essere di due uomini sauditi. Il principe ereditario Mohammed bin Salman e un miliardario già famoso in passato per le sue opere filantropiche. Tale Alwaleed bin Talal.
Le donne in Arabia Saudita hanno una serie di divieti.
A loro è proibito guidare;
Non possono truccarsi o mostrarsi vestite come noi occidentali;
Vietato frequentare uomini in luoghi pubblici;
Non possono partecipare a nessuna attività della vita pubblica, neanche gareggiare o provare abiti nei camerini dei negozi.
Per tutta la loro vita devono essere autorizzate per un’altra moltitudine di cose.
Richiedere il passaporto, viaggiare, sposarsi, andare in ospedale, studiare.
Adesso però sembrerebbe che l’inversione di marcia, è proprio il caso di dirlo, passi proprio attraverso il mezzo di trasporto. Non far guidare le donne è un danno persino all’economia del paese aveva tuonato il miliardario filantropo qualche tempo fa.
Stop the debate. It’s time for women to drive.
— Alwaleed Bin Talal (@PrinceAlwaleed1) 30 novembre 2016“Basta discuterne, è arrivato il momento per le donne di guidare” scriveva sul suo sito bin Talal nel novembre 2016.
Questo signore di 61 anni, con un patrimonio stimato per una cifra a dieci zeri (cioè decine di miliardi di euro per capire), è proprio un paladino dei diritti delle donne in Arabia Saudita.
Uno che coi suoi miliardi ha proprio fatto del bene in lungo e in largo.
Tra le persone che hanno beneficiato della sua ala protettrice la prima donna pilota di aerei di linea in Arabia Saudita. Sua pilota personale per oltre 10 anni tra l’altro.
E se dice lui che non far guidare le donne è un danno economico c’è da credergli.
Bin Talal infatti sostiene che questo divieto impegna gli uomini in tempi che potrebbero altrimenti occupare in attività più redditizie. O ancora pensare di dover costringere le donne a usare mezzi pubblici o taxi incide negativamente su tutta l’economia del paese.
Ma non è solo questione di soldi ovviamente.
I precetti religiosi, si legge sull’agenzia di stampa agi, non prevedono proprio che le donne in Arabia Saudita non debbano guidare.
Fino allo scorso anno persino il principe che adesso perora la causa sosteneva che la società saudita non fosse pronta a vedere le donne al volante.
Molti avevano persino giustificato il divieto come una sorta di protezione per le donne, che erano così al sicuro da stupratori e malintenzionati. Come se noi donne occidentali al volante subissimo gli stupri e le molestie solo se automunite.
C’era stato addirittura chi aveva sostenuto che la guida poteva provocare sulle donne effetti negativi sulla salute: “Fa male alle pelvi e alle ovaie” diceva un consulente del re.
Ma a seguito delle forti pressioni sociali e delle organizzazioni internazionali qualcosa potrebbe finalmente muoversi a favore delle donne in Arabia Saudita. Almeno nella direzione dell’autonomia logistica.
A proposito del divieto come deterrente alle molestie, voglio, per concludere, riportare un episodio che ho letto sull’Enciclopedia delle donne ebree.
Durante il mandato di Golda Meir in Israele, intorno agli anni ’70, il paese venne attraversato da una serie inconsueta di stupri. Allora si propose il coprifuoco, per salvaguardare le donne.