Ultima modifica 21 Aprile 2021

Il coming out è la cosa più bella del mondo. E sì, ho detto coming out, anche se spesso, sui giornali o in televisione, leggiamo o sentiamo la parola outing

Ciao mamme (e non mamme, e papà e chiunque stia leggendo), bentornate all’appuntamento settimanale con le famigerate questioni di gender. Oggi vi voglio parlare di coming out, perché penso possa essere utile, per voi, sapere non solo com’è ma anche cosa succede quando vostra figlia o vostro figlio esordiranno con un bel: mamma, ti devo dire una cosa…

Siccome fare la maestrina non mi piace (ma in fondo sono un po’ maestrina dentro) non posso non spiegarvi che questo termine, coming out, deriva dall’inglese e significa, letteralmente, uscire fuori: dall’armadio, di solito, quello in cui si resta nascosti senza dichiarare al mondo la propria identità. La metafora dell’armadio è molto bella e molto utile, secondo me, anche a capire perché invece la parola outing è sbagliata. Sarebbe un po’ come spingere qualcuno fuori da quell’armadio, e se anche pensate che potrebbe non essere una cosa così negativa, ricordatevi che chi sta nell’armadio ci sta per un motivo. Magari perché non è ancora pronto a uscire fuori.

Perché il primo coming out è quello che si fa con se stessi: mica è difficile solo per i genitori! E no, non vi sto dando delle bigotte (se no non sareste fan di Le nuove mamme): e però succede che ci immaginiamo delle cose, per i nostri figli, non se ne può fare a meno. Ci costruiamo un’immagine di loro – e visto che siamo cresciuti in un mondo in cui le uniche storie d’amore che vengono raccontate sono quelle tra un uomo e una donna, anche per loro immaginiamo che sarà così. Ma in questo mondo ci crescono anche loro, e anche per loro potrebbe essere una sorpresa scoprire di potersi innamorare di qualcuno del loro stesso sesso.

Ma come si accoglie un coming out?

Come accogliereste qualsiasi confidenza: ricordandovi che è un atto di fiducia e di amore nei vostri confronti, ma soprattutto senza dimenticare che chi si sta aprendo con voi si sta esponendo al vostro giudizio, e magari ha paura di perdere il vostro amore. Perché sì, la verità è che quasi sempre vostra figlia o vostro figlio si dichiareranno a voi temendo di venire respinti, rifiutati. Chi è eterosessuale non ha mai dovuto dichiarare il proprio orientamento sessuale ai propri genitori – l’eterosessualità è considerata “normale”. E allora sorprendeteli rispondendo con un bel “ti voglio bene” e con un grazie. E affidatevi a loro: tutti i dubbi e le paure che potete avere li hanno avuti prima di voi, in quel periodo più o meno lungo durante il quale sono rimasti nell’armadio. Cercate le risposte alle vostre domande in rete: scrivetemi!

Quali sono invece le cose da non dire in risposta a un coming out?

Non mettete in dubbio quello che vostra figlia o vostro figlio vi stanno dicendo; se hanno deciso di dichiararsi a voi è perché sono sicuri di quello che stanno facendo. Essere gay, lesbiche o bisessuali  non è una fase – ed esprimere questa cosa ad alta voce non farebbe altro che allontanarvi da loro.

Non spingeteli a mantenere il segreto. Non c’è niente di cui vergognarsi e loro sapranno benissimo con chi e quando dichiararsi, soprattutto se sanno di poter contare su di voi.

Non pensate di avere fatto qualcosa di sbagliato: perché non c’è niente di sbagliato in vostra figlia o in vostro figlio. Certo, è probabile che abbiate commesso degli errori – siamo esseri umani, dopo tutto! – ma quali che siano stati non hanno niente a che vedere con questa cosa. Sono nati così e così li avete amati fin dal primo momento in cui li avete tenuti tra le braccia.

Chiara

Psicologa e traduttrice. Coordino il progetto Le cose cambiano, rivolto agli adolescenti LGBT e collaboro con Diversity, l'associazione di Francesca Vecchioni. Co-mamma del Progetto Prisma e di #unamicoinpiù.

2 COMMENTS

  1. Ho vissuto questo evento molti anni fa ormai: ricordo lo sgomento, e un pianto continuo per 15 giorni. Quello che dovreste dire a chi affronta la “rivelazione” del figlio/a, è che spesso essa arriva dopo periodi turbolenti, di angoscia e tristezza, di tensioni in famiglia, che “caricano” il periodo preliminare di dubbi (che cosa avra? che sarà successo?) e mettono in crisi le certezze di ogni genitore. Io non ho mai pensato di “avere sbagliato” qualcosa, ma mi sono sentita “persa”, come davanti a un marziano; ho cercato aiuto, libri, counseling telefonico, amici cari. E una determinazione, dentro me stessa: NON è una malattia, NON devo farmi atterrare, NON voglio che dubiti un attimo che i suoi genitori lo amano.

    • Ciao Silvia, scusa se ti rispondo solo adesso ma mi ero proprio persa il tuo commento – di cui ti ringrazio tantissimo. È vero quello che dici – il peso del non detto, del segreto, fa sì che le “normali” tensioni dell’adolescenza si moltiplichino… Con tutto quello che ne consegue. E tu sei stata bravissima a cercare aiuto e informazioni – ce ne fossero di mamme come te!

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