Ultima modifica 7 Febbraio 2017
L’occhio, anche se indifferente, oggi si posa sul destino dei bimbi siriani, soprattutto, o quasi esclusivamente, su quelli che abitano in Aleppo, l’antica e nobile città da tempo occupata prima dai ribelli e poi anche dall’Isis, oggi presa di mira dai bombardamenti e dalle truppe, come vogliamo dire regolari (?) con il supporto delle forze russe loro alleate nel tentativo di liberare, almeno così pensano loro, la città.
E si sprecano le immagini e non si contano quasi più i morti e i feriti senza parlare del genere di vita che tutti loro e i superstiti momentanei stanno conducendo, anche se è difficile pensare che abbiano qualche, anche minimissima possibilità, di decidere come vivere.
Ma parliamo solo di siriani, anzi degli abitanti di Aleppo, anche se molti, anzi moltissimi, sono i territori in cui i bimbi vegetano in attesa di vivere o di morire.
È vero che dove c’è la guerra, dichiarata o meno, dove l’Isis e non solo, ha diffuso le sue dita di morte, il terrore impera e dove non ci sono parti esenti da responsabilità, tutti coautori del genocidio che ivi si attua, tutti provocatori di quello che gli abitanti sono costretti a sopportare, il che è intollerabile soprattutto per i bambini.
Ma i bambini non muoiono solo dove c’è guerra, non dimentichiamo i bimbi vittime di catastrofi naturali che normalmente trovano la loro complicità negli atti dell’uomo, disattento o indifferente, attratto solo dal conseguimento del proprio guadagno e da null’altro.
Ne abbiamo un esempio in Haiti, dove a pochi anni da un terremoto distruttore, un uragano ha imperversato portando distruzione, morte e terrore.
E non diciamo sciocchezze del tipo: è un fenomeno naturale contro il quale nulla può l’uomo!
Nulla?
Nulla se non disboscare all’inverosimile quel territorio?
Nulla se non lasciar costruire case, anzi catapecchie con quello che quei poveri disperati raccattano tra le macerie?
Baracche senza fondamenta, senza muri che possano contrastare la furia delle acque e del vento.
Nulla come al nulla, alla prepotenza e alla sopraffazione o all’odio religioso cercato e fomentato nella ricerca spasmodica del comando che sfociano nelle guerre che costellano il nostro pianeta?
Costringendo i bambini a vivere tra disagi infiniti e terrorizzanti paure che li privano della loro infanzia? Del sonno? Dei giochi?
Anche se appare strano che in questo contesto si parli di giochi, ma che sono come il pane e l’acqua per i piccoli, cibi essenziali che mancano ai piccoli che abitano quei territori.
Ho detto abitano e non vivono perché non di vita si tratta se si vede la propria casa crollare, se si teme che lo possa fare da un momento all’altro, che sia per effetto delle bombe di un terremoto o di un uragano poco importa, il dramma è che accade, qualcuno esce vivo subito dalle macerie, qualcuno dopo poco tempo, per altri dopo giorni di agonia, qualcuno muore sepolto.
Vedono morire i loro cari, la mamma, il papà, sorelle o fratelli, riescono ancora a soffrire la paura di restare soli?
A smettere di piangere… sanno che cosa vuol dire sorridere?
Io penso di no.
E per loro, per tutti loro, vittime innocenti nell’indifferenza del mondo che si risveglia solo per poche ore o per pochi giorni appena una catastrofe, quasi sempre annunciata, per poi dimenticarla e non occuparsene più, ci sono parole solo parole, inutili parole, ma qualcuno, finalmente, di quelli che si credono importanti, di quelli che si sentono padroni del mondo farà mai qualcosa?