Ultima modifica 20 Aprile 2015
Debole con i forti, prepotente e sopraffatore con i deboli: questo è il bullo.
È, in fondo, un poveraccio, una nullità, un’essere privo di carattere, educazione, rispetto, un pusillanime che si maschera da prepotente perché nella sua incapacità di far funzionare il cervello, ammesso e non concesso che ne abbia uno, cerca, vuole imporsi a quella che crede ammirazione di altri mediante la violenza e l’intimidazione.
E forse la trova nei pavidi, nei paurosi, in coloro che trovano più semplice e più facile accondiscendere, coadiuvarlo, o semplicemente fare da spettatori plaudenti e sghignazzanti pur di non diventare il bersaglio dell’attenzione dei bulli.
Se è forte, fisicamente intendo, agisce anche da solo, ma se non è sicuro di esserne capace si mescola in un gruppo di disadattati come lui, di poveracci come lui, e si diverte in buona compagnia a perseguitare con le parole e con i fatti la sua vittima.
I bulli sono sempre esistiti, purtroppo, ma difficilmente riscuotevano approvazione e ammirazione dei loro pari, agivano di soppiatto, si vantavano delle loro imprese, ma sempre tra i loro sodali, ora, invece, vogliono l’ammirazione di tanti, vogliono che le loro bravate siano conosciute e applaudite anche da coloro che non erano presenti ai fatti, loro, o loro sodali, filmano le violenze, le brutture, le umiliazioni, le prese in giro, gli sfottò da loro inflitti alla vittima del momento tra cretini plaudenti e qualcuno le posta sul web o le invia, tramite cellulare, a compagni ed amici.
Incuranti delle reazioni, incuranti del male che continuano a fare, incuranti delle possibili conseguenze che potrebbero loro capitare, tanto che sono sicuri di esserne immuni, che nulla o nessuno potrebbe contrastarli.
Ma è accaduto che un Preside venisse a conoscenza di un fatto, di un episodio di grave bullismo, di violenza e di sopraffazione di un gruppo di liceali in gita scolastica nei confronti di un loro compagno inerme.
Lo ha saputo e non è stato zitto, ha agito come poteva e doveva, ha comminato una sanzione in ambito scolastico, li ha sospesi per 14 giorni.
Nulla di più, nulla di meno.
La cosa non è piaciuta ai genitori dei ragazzi che hanno alzato alte grida di protesta verso la decisione del Preside, mi chiedo se hanno visionato quel filmato o si sono basati solo sui racconti dei figli o non li hanno nemmeno interrogati e indagato sui fatti.
Hanno solo pensato che 14 giorni di sospensione hanno delle serie conseguenze, possono portare alla perdita dell’anno scolastico, solo questo hanno pensato e hanno creduto, vogliono credere che la punizione sia troppo dura, assolutamente ingiusta nei confronti dei loro bamboccioni.
Poveri ragazzi! In fondo che hanno fatto? Uno scherzo, null’altro!
Qualcuno di loro ha ammesso che, forse, lo scherzo era magari un po’ troppo pesante, ma era infine solo uno scherzo e, come tale meritava solo un piccolo rimprovero, magari un buffetto sulle guance!
Ecco, volevano fare uno scherzo e si sono fatti prendere la mano dall’entusiasmo per la riuscita?
Altro che educare i figli al rispetto soprattutto dei più deboli, degli indifesi, ma questo è difficile, anzi impossibile quando i genitori non sanno, non vedono, non capiscono, o non vogliono capire, il comportamento dei figli.
E se li vedono, anzi quando sono messi davanti alla realtà dei fatti, li sottovalutano, li confutano, ne diminuiscono o annullano la gravità e la portata.
Negano che la vittima possa avere delle conseguenze psico fisiche, sono unicamente preoccupati del benessere dei loro bambini che, secondo loro, non hanno, non possono aver compiuto nessun atto grave, nessuna violenza, nessun misfatto.
Ma se fosse stato il loro figlio a subire, il loro figlio ad essere spogliato, rasato, umiliato, violentato nella sua privacy, mediante un video diffuso sul web?
Ma questo, per loro, è cosa impossibile perché…il loro figlio è forte, è grande, è…un bullo, dico io.
Non basta la punizione comminata ai figli, è indispensabile che anche i genitori paghino per il loro comportamento, devono imparare, loro per primi, i principi del vivere civile, loro che civili non sono.