Ultima modifica 17 Giugno 2023

Un anno da insegnante. Risulta a volte difficile far “trasudare” dalla classe l’impegno che si deve porre di fronte ad una classe: un’entità dinamica che non è mai uguale a se stessa.

Non ho intenzione di fare “l’apologia dell’insegnante” ma semplicemente parlare con me stessa per fare un quadro del mio lavoro… per migliorare.
Per non ricadere nei soliti errori. Per acquistare più forza in determinate situazioni e per capire meglio una professione così totalizzante.

Un anno da insegnante

In questi giorni tirare le somme è per me una necessità, e lo faccio qui.

Gli insegnanti si modificano ogni anno: a parte la crescita personale e il fatto che anche le nostre esperienze ci cambiano, dobbiamo ogni volta adeguarci ad una classe gradualmente sempre più “adulta” .

Non si può adottare lo stesso linguaggio della prima in tutti e cinque gli anni.
Ogni anno si osa di più perché i bambini sanno assorbire concetti anche con linguaggi specifici sempre più precisi.

Mentalmente, quindi, uno si deve preparare al prossimo “livello”, possibilmente senza cadere in game over lampeggiante.

Il bello (in senso un pochino ironico) è passare dalla quinta alla prima.
Da “allora proviamo a rappresentare il 73% in un grafico a torta” a “il gatto dove si trova? Sotto, sopra, a destra o a sinistra del tavolo?” Eh, mica male il saltino.

Ma si fa. Con un esercizio di attenzione continua, di concentrazione, di memoria e di osservazione delle faccine che ti guardano a volte perplesse.
E, soprattutto, quando si riesce, è grazie all’esperienza.

Questo per quanto riguarda l’espressione dei concetti e delle conoscenze.

Entrando nella sostanza delle discipline, ci accorgiamo poi nel corso del tempo che, tra una terza di 5 anni fa e quella di oggi, si segue è vero un certo elenco di obiettivi, ma attraverso  percorsi spesso diversi e alternativi: un po’ perché uno si rinnova, si aggiorna, un po’ perché non possiamo tenere i bambini sganciati dal resto del mondo…un po’ perché lo stampo per la classe “x” non l’hanno ancora inventato.

Gli insegnanti si modificano ogni mese: per forza.

Un cammino prevede delle tappe importanti in cui determinati obiettivi minimi devono essere raggiunti. La meraviglia di questo percorso a gradoni è che nel successivo ci sono sempre i semi del precedente che germogliano più ricchi e più articolati.
Quest’anno, ad esempio, l’obiettivo trasversale più alto era quello che il bambino avendo a disposizione determinate informazioni e competenze riuscisse, con la guida dell’insegnante e attraverso lo stimolo della curiosità, a raggiungere una nuova conoscenza quasi in autonomia.
Imparare ad imparare è proprio qui, creare conoscenza dalla conoscenza attraverso percorsi deduttivi, animati dalla curiosità che nei bambini è innata.

Il prossimo anno inizieremo invece un percorso sempre trasversale importantissimo: la capacità di prendere appunti durante una lettura o una spiegazione.
A dire la verità l’ho fatto come gioco anche quest’anno il penultimo giorno di scuola, dando qualche “dritta”, e devo dire che qualcuno c’è riuscito alla grande. Bello!

Gli insegnanti si modificano ogni ora.

Cambiare disciplina da un’ora all’altra è un po’ viaggiare su un treno e cambiare paesaggio all’improvviso. Ma si fa. Sto imparando piano piano qualcosa che ho visto fare anni e anni fa da un’insegnante meravigliosa.
Con la sua pacatissima e decisissima voce diceva ai bambini: “Bene, qui siamo arrivati. Continuiamo la prossima volta“.
Dico questo perché spesso mi prende l’ansia di finire un’attività che sta venendo bene, e invece no. “Devi stare molto calmo”… dice una canzone. A ragione.

E poi, pur nella girandola delle discipline, bisogna starci con la testa.
Non si possono appesantire troppo i bambini e spesso si tratta, in 5 minuti, di impostare una nuova attività che abbia un senso ma che sia rilassante.
Se dopo una verifica di storia vuoi fare matematica… meglio musica.

Gli insegnanti si modificano ogni minuto: a volte mi chiedo se i miei alunni mi credono schizofrenica.

Un secondo mi inquieto come un’ape e il secondo dopo (riflettendo sulla necessità di isolare l’emozione negativa) faccio una battuta.
Conto sul fatto che ormai mi conoscono e per quanto mi riguarda continuo a farlo perché penso che sia necessario.

In prima elementare, quando ti inquieti con un bambino, i bambini più tranquilli si spaventano perché pensano che il rimprovero sia rivolto anche a loro.
Poi, pian piano, riesci a farti capire e loro si rilassano, ma non è così immediato.

Quindi è necessario, spesso, sdrammatizzare con gli altri che non sono stati birichini.

Riflessioni di un anno da insegnante. Noi che dobbiamo essere un po’ “camaleonti”… magari proprio come il simpatico Pascal di Rapunzel.

Volevo fare l’archeologa… invece sono moglie, mamma, sorella e maestra e per me è più che sufficiente, anzi, ottimo. Sono una donna “orgogliosamente media”, ma decisamente realizzata, che non si annoia neanche un po’…

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