Ultima modifica 31 Agosto 2016
A lungo abbiamo pensato che l’infanzia fosse “l’età dell’innocenza”, che i bambini fossero sempre e comunque buoni, mossi da sentimenti e comportamenti “buoni” nei confronti degli altri.
Poi Sigmund Freud, fondatore della psicanalisi, smantellò questa fallace credenza sostenendo che i bambini sono capaci di provare pulsioni e sentimenti non sempre di piacere.
Infatti i bambini sono dotati di “una valigetta delle emozioni” corredata di un repertorio emotivo che include anche la rabbia.
Nella pratica, i bambini sono anche capaci di urlare, strillare, mordere e di avere reazioni di disappunto o di contrasto verso gli altri.
Infatti alle volte accade in dinamiche di gioco e/o di interazione fra bambini, che alcuni abbiano atteggiamenti di rifiuto (“tu non giochi”), di esclusione da attività ludiche condivise, di contrasto (spinte e urla) nei confronti di un altro bambino. Altre volte ancora può accadere che durante scambi di gioco, alcuni bambini abbiano atteggiamenti forti e pericolosi nei confronti di altri, perché essendo ancora piccoli, magari non sanno dosare la forza fisica e distinguere ciò che può essere pericoloso da quello che non lo è.
Sappiamo che sono dinamiche normali e comuni fra bambini fin da quando sono piccoli ma quando è nostro figlio a subire, questo può talvolta metterci in difficoltà.
I motivi alla base di reazioni di contrasto e conflittualità fra bambini, possono essere vari: sentimenti di rabbia, atteggiamenti possessivi verso gli oggetti (soprattutto nella fase egocentrica in cui tutto è “mio”), gelosie verso persone o oggetti; mentre altre volte l’intento è quello di giocare ma gli atteggiamenti e i comportamenti possono risultare pericolosi o eccessivi…questo è più facile che si verifichi fra i maschietti, che sono molto più fisici nel gioco.
Infatti, sebbene i bambini abbiano la spinta a stare con gli altrie a cercare altri bambini, è altresì vero che non sono dotati di un repertorio innato di capacità e abilità sociali(“social skills”), per cui hanno bisogno di fare “palestra sociale” e quindi di imparare a stare e ad interagire con gli altri.
Sebbene l’istinto materno ci porterebbe ad intervenire, è bene valutare quando si presenta davvero la necessità di farlo.
Infatti molte volte i bambini riescono a trovare da soli la soluzione riuscendo a giocare insieme in modo sereno e tranquillo. Al contrario, l’intervento di noi adulti può rendersi necessario quando le reazioni di contrasto rischiano di indurre a comportamenti eccessivi o pericolosi oppure per promuovere e sollecitare i bambini a trovare la modalità per giocare insieme o per condividere oggetti che altrimenti rischiano di contendersi in una lotta a pianti e urla.
Infatti l’interazione con gli altri e la condivisione di giochi e attività richiede un training di apprendimento che si sviluppa col tempo e “sul campo” grazie anche ad alcuni interventi nostri tesi a promuovere la condivisione, lo scambio e a gestire momenti critici di contrasto, senza penalizzare o criticare qualcuno.