Ultima modifica 7 Marzo 2018
Mi ha colpito un titolo sul Corsera “I genitori diventano cattivi” ed il sottotitolo “La svolta della severità” e devo dire che il sottotitolo mi convince di più.
Perché scomodare la cattiveria?
Non si potrebbe semplicemente parlare, viste le risultanze di una educazione buonista e permissiva o, per meglio dire di una non educazione, di un ritorno ad una vera e propria educazione?
Ma poi chi sono questi genitori cattivi?
Sono individui, oggi trentenni o quasi, che lungi dal rimanere eterni bamboccioni, si sono accontentati di un lavoro qualsiasi pur di farsi una vita, sposati o conviventi e hanno messo al mondo figli di cui si preoccupano.
Condividono le prese di posizione di quella mamma di Baltimora o di quel padre italiano resosi conto della consistenza del figlio dichiarandoli pirla.
Forse si sono resi conto del disastro combinato dai loro genitori condizionati dal fatto di dover lavorare entrambi per concedere a se stessi e ai propri figli condizioni di vita decenti e, qualche volta degne.
Erano sommersi, condizionati, dalle parole, dagli ammonimenti di una certa “intellighenzia” che parlava a proposito e a sproposito di tempo da dedicare ai figli, alla necessità di sostituire il tempo infinito (solo delle mamme però) del buon tempo antico, con uno nuovo e diverso, limitato ma di qualità.
Peccato che nessuno si ricordasse che nel buon tempo antico era vero che le mamme, salvo poche eccezioni, non lavoravano fuori casa, ma quello casalingo, allora, era molto più pesante e invasivo di quello di oggi e non solo perché mancavano di tutti quegli strumenti moderni che ne alleviano la pesantezza, ma anche, e soprattutto, dalla quantità dei bambini, che, soprattutto nelle classi meno agiate, erano spesso lasciati a se stessi, ma con regole precise, dettate dalla severità di un padre assente, che spesso non conosceva l’indole dei figli, dai quali pretendeva il voi, verso i quali agiva, almeno apparentemente, con un grande distacco.
Era un vero e proprio padre padrone, anche nei confronti della moglie, anche quando non si trattava di violenza fisica, forse era violenza psichica?
O era un’eccessiva severità eletta a sistema, dovuta alla reale impossibilità di gestire altrimenti una truppa di una decina, o più, di pargoli?
Indubbiamente quel sistema educativo era opprimente e suscitava sentimenti di rivolta sommessa, mai palese, per impossibilità oggettive, poiché, almeno fino a 21 anni, un giovane era impossibilitato a sfuggire alle severe regole, spesso ingiuste, del genitore.
È diventato più facile dire sempre (o quasi) di sì, per comodità, per convenienza, concedendo sempre di più, senza pensare alle conseguenze, senza nemmeno accorgersi di aver perso il rispetto dei figli, accudendoli come neonati fino a…sempre, fino alla fine della propria vita, scusandoli sempre e per tutto.
Alcuni di loro, forse, ha compreso che quel sistema di non educazione provocava disastri e incapacità di vera gestione della propria vita e stanno reagendo di conseguenza.
Meno male che sta svanendo quell’alone di perfezione che circondava la madre amica o il padre amico che, specie in altri paesi, viene sostituito da una figura diversa, più autoritaria, nel senso che pretende il rispetto, da parte dei figli, della propria persona, del proprio ruolo genitoriale, ruolo completamente diverso dalla figura di un amico.
Stanno cominciando a vietare più di ieri, soprattutto chiedono il rispetto delle regole e non tollerano con facilità la loro inosservanza, nel qual caso chiedono con insistenza le motivazioni e il pentimento, non sono più disposti ad accettare trattative più o meno lunghe, impongono le loro idee e basta.
Le ricerche che l’articolo riferisce sostengono che questa generazione di genitori sarebbe meno vicina ai figli, perché sono più severi o perché risultano meno complici degli stessi?
Forse perché ricorrono non tanto alla severità, pure accentuata, quanto al rispetto delle regole e ad una maggiore fermezza nel richiedere ed ottenerne l’osservanza?
Forse che le punizioni che oggi quei genitori comminano sono ingiusti castighi e non sanzioni che tendono a migliorarne gli atteggiamenti e l’educazione.
Ma l’articolo conclude che stranamente i ragazzi sembrano felici di questa situazione, di questo nuovo modo di rapportarsi.
Stranamente? Ovviamente direi.
I bambini e poi i ragazzi hanno bisogno di certezze, di sicurezza, di avere nei genitori non degli amici, ma delle persone che li supportino che sappiano seguirli e amarli veramente, dando loro certezze, non essendo complici delle loro mancanze, delle loro marachelle.
Proteggendoli, soprattutto nella loro prima infanzia, insegnando loro a muoversi in questo mondo, nel migliore dei modi o, almeno, in modo sufficiente, amandoli nel vero senso della parola.
Forse questi giovani genitori hanno compreso gli sfracelli che il pietismo a sparso a piene mani, ne vediamo ogni giorno i risultati.