Ultima modifica 28 Dicembre 2016
Leggendo in questa settimana un articolo delle Nuove Mamme che parlava di bullismo, ho ricordato un mini-corso proprio su questo argomento che mi aveva colpito molto, perché rivolto alla nostra fascia di età: scuola primaria.
Mi sembrava, allora, un’esagerazione, ma oggi non la penso più così.
Non perché le classi in cui insegno siano piene di bulli, ma perché ogni persona e i suoi comportamenti è la somma di ciò che le è accaduto nel corso della vita.
Nei primi anni di scuola il confronto tra pari è l’occasione per imparare a saper stare insieme agli altri apportando contributi positivi e, se un bambino non riesce da solo, credo che la scuola, a questo livello, debba dare una grossa mano. Il fatto su cui, in quell’incontro tra insegnanti, si puntava l’attenzione erano dei piccoli episodi di prepotenza che, se reiterati, dovevano trovare prima un’importante evidenza e poi uno stop da parte dell’insegnante. Quest’ultimo, preso atto del problema, avrebbe dovuto impostare un lavoro per sviluppare positivamente quel rapporto distorto.
A scuola non ci sono psicologi, ma solo insegnanti. Nonostante questo, però, si può fare qualcosa.
Il primo passo è l’attivazione di strategie e attività che promuovono il senso civico e civile per dimostrare che da soli non si arriva da nessuna parte. Il messaggio deve essere rivolto sempre a tutta la classe, facendo attenzione che tutti i bambini siano coinvolti.
Provare a raggiungere un obiettivo comune, insieme, con il contributo di tutti, è senz’altro qualcosa che lascia un segno in tutti i bambini (magari sono da evitare concorsi per il disegno più bello o gare in genere che montano rivalità di cui non si ha bisogno).
Poi si può impostare (come fanno più o meno tutte le insegnanti che conosco) una turnazione negli incarichi (riordino zaini, distribuzione e ritiro libri o quaderni, aiutante della maestra) che lasci qualche deroga al bambino “prepotente” in modo che sia impegnato tutti i mesi. Così avrà modo di sentirsi sempre utile.
I bambini di cui parliamo attivano comportamenti un po’ scorretti verso altri che si mostrano più deboli e quindi bisognerà lavorare anche su questi ultimi. A volte dare incarichi in coppia ai due può essere positivo, perché può scattare quel bagliore di complicità che può risolvere il rapporto. I “bulletti”, a livello di scuola primaria, (ma anche nei gradi di scuola successivi) sono bambini insicuri nella costruzione del rapporto con l’altro e allora renderli partecipi della vita di classe e protagonisti delle attività svolte può essere un buon motore per attivare sentimenti positivi verso il gruppo. Il sentirsi “indispensabili” per la classe può dirottare pensieri ed energie negative verso altri lidi.
Per quanto riguarda la famiglia, ci dovrebbe essere come sempre un continuo confronto sul fatto, senza nascondere troppo il problema, perché alcuni bambini a scuola attivano comportamenti di rivalsa che a casa non si sognano neanche. Se la famiglia collabora in genere il comportamento negativo col tempo può rientrare. Sarebbe bello poter parlare ogni tanto con questi bambini, anche del più e del meno, perché l’interesse dell’adulto da un lato gratifica il bambino e dall’altro gli fa capire che non è mai fuori controllo.
E poi si può anche lavorare sull’autostima, perché episodi di frustrazione non capiti o troppo frequenti possono aggravare la situazione. Per lo stesso motivo, sarebbe meglio far seguire sempre “la sgridata” ad un piccolo colloquio che faccia capire “Sì, hai sbagliato: spiegami perché ti è venuto in mente e io ti dico perché non va bene e le alternative che hai per non ricaderci”. La bacchetta magica, certo, non ce l’abbiamo. Però provarci fino alla fine del ciclo scolastico credo sia importante.
Comunque il punto resta sempre quello: a scuola si viene per imparare l’italiano, la storia, la matematica e anche la vita.