Ultima modifica 28 Aprile 2021
Quando si parla di relazioni familiari il termine conflitto è uno dei più nominati, in particolare se i figli sono adolescenti.
Questa tappa evolutiva, necessaria per effettuare il passaggio dall’infanzia all’età adulta, rende difficili i rapporti tanto da chiedersi (alcune volte) se si riuscirà ad uscirne vivi.
Risolvere un conflitto, infatti, non è sempre cosa semplice.
Implica la capacità di superare i propri punti di vista, le aspettative, i valori ed esercitare l’arte di incontrare l’altro a metà strada. La fatica sta nel fatto che occorre mettersi in discussione con il timore di sconfessare in parte ciò che siamo diventati.
Senza questo passaggio – fattibile solo se la volontà di mantenere la relazione è uno degli obiettivi prioritari – sarebbe impossibile aspettarsi che l’altro sia disponibile a fare altrettanto.
In questo senso, infatti, il conflitto non viene propriamente risolto ma – piuttosto – attraversato. Per giungere ad un nuovo status quo che ridetermina l’equilibrio precedentemente messo in discussione dallo scontro.
Il conflitto in sé è un modo di crescere.
A patto, però, che entrambe le parti abbiano un ruolo attivo, a prescindere dalla posizione nella relazione.
Esistono, però, situazioni conflittuali nelle quali i figli (e gli adolescenti in particolare) si trovano coinvolti senza che siano stati loro a provocarle o senza che possano fare nulla per attraversarle se non facendo violenza su se stessi.
Mi riferisco ai conflitti all’interno della coppia genitoriale: un fenomeno sempre più presente nella società.
In queste situazioni i figli si trovano, loro malgrado, ingabbiati e difficilmente riescono ad attraversarle.
Il forte vincolo viene dal fatto che, quando due adulti smettono di essere coppia, dimenticano che non possono non continuare ad essere genitori. Questi tipi di conflitti relegano il figlio in una posizione di cortocircuito perché trovare un equilibrio diventa quasi impossibile.
Le dinamiche di coppia, infatti, si riqualificano per la rabbia, il rancore e tutta un’ampia gamma di sentimenti negativi.
Come possono i figli attraversare questo tipo di conflitto se non dipende da loro?
Un adolescente, nel delicato momento di vita in cui si trova, ha la necessità di potersi confrontare con adulti che fungano da modelli positivi nei quali identificarsi o dai quali distaccarsi. Si tratta di una spinta che gli dia la possibilità di diventare adulti.
Nelle coppie genitoriali, però, i ragazzi vengono prepotentemente catapultati indietro al loro ruolo di figlio. Usati, peraltro, molto spesso come ago della bilancia e investiti della responsabilità di “scegliere” tra un genitore e l’altro.
Questo cortocircuito emotivo e psichico rischia di bloccare il processo di crescita, creando difficoltà emotive e relazionali importanti. Senza contare che anche la violenza assistita (nelle situazioni estreme) diventa un trauma riconosciuto anche dalla comunità scientifica.
Ad attraversare questo conflitto, quindi, non possono e non devono essere i ragazzi ma i loro genitori che devono mantenere la lucidità necessaria a ricoprire il loro ruolo.
Perché le guerre, si sa, lasciano solo vittime.
Su un fronte e sull’altro.