Ultima modifica 8 Marzo 2013
Oggi riflettevo su una considerazione banale, forse, ma su cui mi capita spesso di soffermarmi ultimamente.
Sarà perché sono a casa dal lavoro che ho perso ormai da dieci mesi. E mi sembra che, nonostante la mia continua ricerca, in realtà si muova ben poco. Un filo di scoraggiamento si insinua nel cervello come lo strisciare sinuoso di un serpente…Si affollano alla mente tante domande sul mio futuro, su quello che questa mancanza di lavoro ha portato e porterà alla mia famiglia.
Da un punto di vista personale diciamo che ho trovato una specie di mia dimensione di casalinga. Cosa che non sono mai stata veramente prima visto che ho sempre lavorato fuori casa eccetto una breve pausa dopo la nascita di mio figlio. Non è stato facile all’inizio. E ancora non lo è del tutto. Perché non lavorare fuori casa ( anche se gestire e mantenere una casa costa tanto lavoro e fatica ) per me è appunto una cosa nuova, cambiano i ritmi, la gestione del tempo e delle priorità.
Anche nella ricerca di lavoro mi sto ancora permettendo il lusso, evidentemente oggi come oggi lo è eccome, di poter cercare le offerte che prevedano un lavoro in orario di ufficio, un part time lungo che mi permetta però alle 16.00 massimo di uscire ( sempre che non debba però attraversare tutta Milano altrimenti ci vuole ovviamente più tempo ) per correre dal mio ometto. Ho sempre fatto cosi da quando è nato e questo mi ha permesso di non mancare un giorno all’uscita di scuola se non per scelta concordata con il papà. Mi ha permesso di stare con lui ogni week end e più giorni possibili ( ma comunque pochi ) durante le feste invernali o le vacanze estive. Sono stata una privilegiata me ne rendo conto.
Poi il licenziamento e all’improvviso le giornate si allungano, il tempo si dilata e ti inghiotte improvviso. E anche le relazioni cambiano. Con gli amici e il marito. Perché, che si voglia o no, ammettere la verità è che se dici che non lavori è come se dicessi che sei in ferie. In realtà non è affatto così, senza contare il senso di colpa ( anche se essere licenziati non è una colpa ) per essere all’improvviso un peso non retribuito, una spesa senza entrate nell’economia famigliare. E questo si, mi pesa. Oltre a tutte le implicazioni di autostima e di personale soddisfazione che variano e comunque almeno per me diminuiscono un po’ con il solo lavoro casalingo.
Ho trovato con il tempo la mia dimensione dicevo, anche se rimane comunque un po’ stretta, pur con i suoi lati positivi.
Ma oggi, dicevo, riflettevo su come siamo condizionati in realtà dal denaro. Di come comunque si dipenda da esso. Nel fare la spesa, i regali, il tempo libero per se stessi e per la famiglia. E di come la mancanza o la sua presenza in maniera cospicua cambi moltissimo le persone e le loro vite. La ricerca del guadagno è un bene per l’economia ma non credo molto per lo spirito umano. Chi non ne ha, ne ha bisogno e il bisogno, quando si tratta di sopravvivenza, fa soffrire. Ci si sente inutili, non parte attiva del mondo e soprattutto un fallimento verso chi si ama visto che non si riesce a soddisfare in modo sufficiente le necessità a volte anche primarie.
Di contro esiste però il mondo di chi ne ha moltissimi. Cosi tanti che faccio fatica a immaginare come possano spenderlo. E come e quanto rende la vita diversa. E credo anche peggiore. Non fraintendetemi, i soldi sono necessari, ne ho bisogno e necessità anche io, non vivo di aria o sogni anche se mi piacerebbe certo. Ma non vorrei una vita con moltissimi soldi. Intendo proprio tantissimi. Mi ricordo di una notizia che mi aveva letto mio marito che ci ha molto colpito. E su le cui conclusioni ci siamo trovati subito d’accordo. Una persona come tante gioca, scommette su dei numeri e vince. Vince tantissimi soldi. Una valanga di soldi. E lui scrive pochi mesi dopo una lettera ad un giornale.
Si sfoga dicendo come quella vincita gli abbia distrutto la vita. Immediatamente i rapporti con gli altri cambiano e stravolgono la quotidianità. Tutti ne vogliono una fetta. Quando si pensa a cosa faremmo con tanti soldi tutti credo abbiamo pensato a come sarebbe bello poterlo dividere con parenti ed amici. Ma poi in realtà devi scegliere quanto dare, a chi dare. E spesso non corrisponde all’idea di chi li riceve. Sempre troppo poco. E immediatamente le cose e i rapporti cambiano. Perché se pensi di ricevere pochi soldi è come se all’improvviso la stessa persona che credevi ti stimasse o ti amasse moltissimo sembra che ti ami di meno. Come se all’improvviso fossero i soldi che ti danno la misura di quanto ti ama il donatore sfacciatamente fortunato.
E poi le associazioni di bisognosi ? Ce ne sono a migliaia e tutti vogliono la loro parte. Ma sono migliaia e come dare qualcosa a tutti ? E in che misura ? Tutti vogliono qualcosa da te. E misurano chi sei in base a quanto dai. E poi c’è chi non ti conosce e quindi magari non pretende. Ma giudica lo stesso. Perché è facile giudicare chi sei da quanto hai, no ? Sei ricco? Non sei una brava persona. Bisogna sempre considerare che la generalizzazione non è mai positiva. Si, sono convinta che spesso i troppi soldi non portino cose buone in temine di qualità di vita, di cuore e di sentimenti. Ma non sempre è chiaro. E quindi puoi essere la persona migliore del mondo ma se sei ricco molti ti vedranno come superficiale, viziato, povero nello spirito. E la tua ricchezza fa generare i sentimenti più biechi e gli istinti peggiori. L’invidia innanzi tutto, prima e vera piaga delle emozioni che possiamo provare. Dall’invidia nascono tutte le cose peggiori che tanto contraddistinguono il genere umano. E l’invidia poi si allarga e abbraccia la gelosia, ingloba il risentimento e nutre il disprezzo. Che per alcuni si esterna parlando male di quella persona, condannata senza appello e senza giuria. Per altri si cela, si nutre e poi sfocia inarrestabile fino alla violenza.
Quella persona si diceva distrutta e infelice pur essendo diventato plurimilionario. E finiva dicendo: “Preferivo la vita di prima e le difficoltà di prima. Quando comunque me la cavavo e alla fine, davvero, non mi mancava nulla.”
Quindi spero di ritrovare lavoro, un lavoro che mi permetta di dare il mio contributo in famiglia, mi permetta di fare del bene ad altri a cui manca molto o tutto e soddisfi qualche vezzo in più. Ma niente di più. Perché come diceva quel signore… Alla fine, non mi manca davvero nulla. Nulla che conti davvero.
E lo sappiamo tutti. Il denaro compra moltissimo, quasi tutto. Ma non l’amore. Quello non si può comprare. E non c’è niente al mondo che abbia invece più valore.