Ultima modifica 10 Ottobre 2019
Giappone… Mi è appena capitato sott’occhio un articolo pubblicato su un noto quotidiano italiano. Si parla del paese, e dell’abitudine non scritta di rispettare di “ turno di maternità ” per avere un figlio quando si lavora.
In che cosa consiste il turno di maternità?
Le lavoratrici seguono un ordine prestabilito per le gravidanze. Non si tratta di una regola scritta, ma di una consuetudine che – a quanto sembra – è diventata la norma in questi anni.
Quindi, se una lavoratrice resta incinta in un momento diverso di quello prestabilito può ricevere pressioni dal suo posto di lavoro, può essere oggetto di mobbing o forse rischiare perfino di perdere il posto. Non so voi, ma io non riesco proprio a immaginare una cosa come il turno di maternità.
Nel mio piccolo, lavoravo part time per una serie di scuole, e avevo degli studenti privati di italiano quando sono rimasta incinta. Per prima cosa avevo cercato di limitare il mio impegno, perchè avendo avuto qualche problema durante le prime settimane, avevo deciso che non mi sarei stancata. Avendo un contratto firmato con la scuola principale, avevo cercato una persona che mi poteva sostituire ed eravamo d’accordo che sarei tornata al mio posto.
Beh, volete sapere come era andata a finire?
Avevo aspettato per quasi due anni anni un cenno da parte della titolare della scuola, e poi finalmente mi ero decisa a chiedere a chi mi stava sostituendo. Bene, ero troppo inaffidabile con un bambino piccolo. La lezione di italiano riguardava solo un gruppetto di quattro persone, e la titolare preferiva continuare con la persona che aveva preso il mio posto.
Ora, niente da dire a proposito della persona che mi sostituiva, ma era stato uno shock scoprire che avere un contratto firmato in mano non ha nessun significato in Giappone! E che dire della comunicazione, o meglio della sua mancanza? Sarebbe stato perlomeno educato darmi il benservito direttamente, almeno con un messaggio, invece non era successo nemmeno questo.
Torniamo al nostro turno di maternità. Quale paese civile potrebbe incentivare un’usanza del genere?
Un paese che lavora tanto, e che ha bisogno che i suoi posti di lavoro non rimangano scoperti in caso di assenze multiple. E per completezza, un paese in cui non esistono i giorni di malattia, i giorni di riposo annuali sono comunque limitati e un lavoratore (anche un lavoratore maschio) che si deve assentare deve attingere ai giorni di riposo disponibili.
A onor del vero, in caso di decessi il lavoratore puo’ usufruire di una settimana di vacanza. E per fortuna: avendolo sperimentato direttamente un anno fa posso dirvi che le formalità da sbrigare sono davvero tante, e va fatto al più presto per evitare problemi.
Quindi, ricapitolando. C’è bisogno di continuità sul lavoro e allora si esercitano delle pressioni sulle lavoratrici per obbligarle a non andare in maternità nello stesso momento.
Ci si inventa il turno di maternità. In un certo senso potrebbe essere comprensibile, seppure poco condivisibile. A seconda del tipo di lavoro, posso immaginare che coprire le assenze risulti difficile, e si faccia il possibile per scoraggiare questa pratica.
Quello che per me risulta decisamente ostico è capire come mai le donne accettino questo genere di cose tipo il turno di maternità come un dato di fatto, e difficilmente facciano qualcosa per provare a cambiarlo.
Il tutto fornisce un’immagine non esattamente confortante del Giappone.
Mi tornano in mente le parole di una cara amica. Lei lavorava per un’organizzazione umanitaria giapponese a Osaka. Svolgeva un normale lavoro di ufficio ma mi diceva che il suo stipendio era più basso di quello dei suoi colleghi maschi. Senza dimenticare l’abitudine consolidata delle donne giapponesi, di lasciare il lavoro quando si sposano…
La domanda è una sola, e non credo che riceverà mai una risposta:
PERCHE’?
Care donne giapponesi, voi avete il mio rispetto da sempre. Siete il pilastro della famiglia. Lavorate ventiquattro ore su ventiquattro (o quasi) e non avete un secondo per tirare il fiato.
Vi ammiro se riuscite a coniugare questo tipo di vita con un lavoro qualsiasi, ma penso che dobbiate tirar fuori la voce e il coraggio sul posto di lavoro, per evitare di passare in secondo piano rispetto ai vostri colleghi maschi.
Coraggio, potete farcela!