Ultima modifica 31 Agosto 2016
E’ di qualche giorno fa un articolo in cui si riportava la notizia che vi riassumo in due parole” mamma stacca la spina alla play dopo 12 ore e il figlio si barrica in bagno”.
Si lo so anche voi lo avete visto il binomio che stona. Le parole 12 ore e play. Non suonano insieme vero ? E’ ovviamente quello che mi dico anche io ma quello che mi fa stortare la bocca, fa venire le rughe sulla fronte e una certa acidità di stomaco è il numero: 12.
Quello mi ha fatto sgranare gli occhi come due palloni da basket. Dodici ore?
Ci sono volute 12 ore prima che si decidesse a staccare la spina? Si lo so ci sono molti punti di domanda in poche righe ma sono davvero incredula.
Senza voler uccidere con le parole la madre del bambino in questione il discordo va ampliato.
Il fatto è che evidentemente è sempre più difficile per i genitori dire no, dire basta. Imporre la propria autorità anche quando è evidentemente importante e necessario farlo come in questo caso.
Mi sembra che al giorno d’oggi sembri la cosa più difficile per molti genitori. Gli stessi che per evitare qualsiasi tipo di contrasto non dicono mai no all’eccesso e vedono nei loro figli la perfezione. Perché ammettere che non lo sono o che comunque sbagliano o non si comportano come dovrebbero farebbe semplicemente scattare sensi di colpa repressi.
Le loro mancanze come genitori vere o presunte, perché spesso ci addossiamo colpe assurde, tendono a far si che tutto ciò che fanno sia infondo giusto, o comprensibile o scusabile. Quindi, ad esempio, se il figlio modello prende un brutto voto si va dal professore a lamentarsi di quanto sia ingiusto o poco comprensivo perso il suo genio. Se il mister lo mette in panchina a calcio è evidente che di calcio sia proprio lui a non capire un accidente. E via così.
Allora se un figlio vuole giocare alla play più del tempo effettivamente adeguato si fanno passare ore. In cui si fanno altre cose. Dimenticando quanto sono in realtà rimandabili in gran parte. Poi ci si ferma un attimo e ci si rende conto che in quelle ore non si è mosso. Perché lo stai chiamando e non ti risponde. Non si è mosso fisicamente ma con la testa è in un altro mondo.
E allora come si reagisce se dopo dodici ore di isolamento mentale qualcuno stacca la spina e ti riporta nel mondo reale? Non lo riconosci e forse più sicuro chiuderti in bagno. E manifestare tutta la rabbia allontanandoti dalla causa. La reazione del figlio potrebbe sembrare esagerata. Ma è chiaro che i giochi elettronici tendono davvero ad isolare. Dopo un’oretta secondo me il beneficio del rilassamento diventa isolamento mentale e emotivo. E questo non è certo un bene.
Come accennavo prima il vero problema forse è sociale e quindi di conseguenza si ripercuote sulle famiglie e sul modo in cui si crescono i figli. Sta ad ognuno di noi mantenere un equilibrio. Come sempre la via di mezzo è la soluzione migliore. Non è il gioco in se a creare problemi ma a cosa è dovuto.
Perché il figlio aveva così tanto tempo libero?
Perché un figlio a cui si dice di no magari cento volte poi possa continuare comunque ? Perché nessun componete della famiglia è intervenuto prima? Troppo impegnati? Troppo stanchi? Troppa fatica? Troppi sensi di colpa?
Perché è così difficile dire no?
Se lo troviamo davvero così difficile dovremmo fermarci e pensarci bene su. Perché se capissimo le cause che ce lo rendono tanto difficile probabilmente capiremmo di avere un problema. E che questo si ripercuote inesorabilmente anche sui figli. E non certo lasciando un segno positivo. Anzi, tutto il contrario.