Ultima modifica 20 Giugno 2019
Cominciamo dall’inizio.
Sì, la sveglia suona alle… Troppo tardi.
La storia di un ritardo a scuola inizia così. Ci laviamo e vestiamo di fretta, tra urli e “Arrivo, ecco, arrivo!”.
La giornata, che dovrebbe svegliarsi con calma e sorrisi, diventa una guerra all’ultimo calzino, cappelli storti, scarpe slacciate e spazzole lasciate all’ingresso: “Hai fatto lo zaino?” E via in camera ad inzeppare libri mentre si accende il motore. Certo che non aspiriamo al Mulino Bianco, ma un minimo di serenità ci vuole, anche alle 6.40 del mattino.
Dobbiamo mettere la sveglia indietro di mezzora/tre quarti d’ora per tanti motivi, il primo dei quali è che iniziare una giornata così rovina tutto ciò che accade dopo.
E, riflettendo un attimo, se vogliamo svegliarci all’ultimo momento, dobbiamo contare su così tante coincidenze fortunate che “Sliding doors” ci fa un baffo.
Io, per abitudine cronica proveniente da anni, decenni di pendolarismo, non riesco a fare tardi quando ho un dovere da compiere. Perdere l’autobus, al mio paesello, non era concesso, perché il successivo passava 3 ore dopo per andare al liceo. Lo stesso per il treno per l’università e poi anche per il lavoro fuori sede.
E anche adesso, ogni volta che mi sveglio e devo preparare una o due bambine da portare scuola ed entrare al lavoro, mi sveglio in modo da non fare tardi, il che vuol dire ad almeno un’ora e mezzo o due dalla partenza a seconda della pioggia che allenta il traffico , per esempio.
Lasciando da parte tutti i casi in cui i genitori fanno turni assurdi, uscendo di casa all’alba o di notte, le casualità, i giorni particolari, i bambini vanno svegliati per tempo e, perché questo avvenga in modo tranquillo, vanno mandati a letto in modo che possano dormire almeno 8 ore. Sì può fare e si deve fare, per loro.
Otto anni fa, una mattina, al mio sorridente – Mi raccomando di arrivare un po’ prima al mattino – per un ritardo fisso di mezzora, un genitore mi disse altrettanto sorridente – E che farete mai in questa mezzora, non siete mica all’università! –
Ovviamente non ho risposto, ma ho smesso di sorridere.
Tutto dipende da cosa vogliamo per i nostri figli e se decidiamo di attivare o meno comportamenti e atteggiamenti funzionali alla loro serenità e al rispetto delle regole della comunità.
Dicevo proprio ieri con una mia amica che la scuola è apprendimento di concetti, di teorie, ma non solo.
Ecco, parto dal “non solo”.
Se portiamo puntualmente in ritardo i nostri bambini, c’è una difficoltà di organizzazione di base che invia loro, in automatico, il messaggio : Ok, la scuola inizia alle 8.10, ma se arriviamo alle 8.25 non succede niente. C’è già un’idea distorta del dovere: un orario, a meno che non ci siano difficoltà straordinarie rispetto all’abitudine, va rispettato solo perché è stato fissato. Sembra scontato, ma ogni giorno ci rendiamo conto che non lo è.
E, andando oltre il “non solo”,
8.24 (già 14 minuti dopo la campanella). Immaginate un gruppo di 17 bambini “rassegnati” a lavorare, con i quaderni aperti come le menti…
Si apre anche la porta ed entrano due bambini. Sottovoce – Ciao, ciao ciao ciao, dopo vieni a casa mia allora, sì sì ecc…-
La maestra – Sistemiamoci in fretta su, dai che (ri) iniziamo. –
Tramestio, piccoli movimenti, e ok, siamo pronti.
Stavolta siamo proprio in marcia, facciamo i primi passi concreti nell’attività. Scattano già le prime domande e le prime risposte.
8.27. Bussano alla porta ed entrano altri 2 bambini, ma, – Maestra sta arrivando anche Matilde. Era sulle scale. –
Abbiamo perso tutta la concretezza e il silenzio dell’attenzione per la seconda volta.
Come perdere un treno che per quel giorno non ripasserà.
Cosa facciamo, visto che i ritardi sono all’ordine del giorno, iniziamo direttamente più tardi?
Qualche volta, se c’è da fare qualcosa di fondamentale, purtroppo si fa. E’ sbagliato, lo so. Ma è diventata una questione di sopravvivenza. Il lavoro che si fa non è più “lavagnate di operazioni”, ma ricerca delle verità e dei concetti attraverso catene di stimoli, domande e risposte. Se si perde l’inizio è un po’ come ascoltare solo la fine di una barzelletta. Capite la sensazione?
I tempi attentivi dei bambini sono di 45 minuti.
Se dieci, venti si perdono, come si fa?
Il ritardo mangia anche i 10 minuti che l’insegnante lascia per parlare, sistemare le cose, raccontarsi; 10 minuti importanti per chi si rende conto di cosa sia veramente la scuola.
Se la vogliamo dire tutta, l’ingresso in massa all’ora giusta è controllato, mentre chi arriva in ritardo non trova l’insegnante in allerta e spesso, se il personale ATA è occupato in altre attività, arriva alla classe senza incontrare nessuno. Non è neanche una situazione di assoluta sicurezza.
Ora, sapendo tutto ciò, andate a rimettere la sveglia! Ovviamente scherzo, ma mica tanto.