Ultima modifica 17 Giugno 2023
Il silenzio è una parte importante della nostra vita a cui, però, non siamo più abituati.
Forse perché ci costringe a pensare, ricordare, risolvere e non sempre queste azioni mentali sono gratuite a livello emotivo.
Lo riscontriamo anche a scuola: sono veramente pochi bambini che ne sentono la necessità e lo cercano.
Il silenzio è, a scuola, una questione delicata e quotidiana da affrontare perché è necessario e indispensabile. Non sempre, ma spesso.
Mi piace tanto sentirli discutere per risolvere, contare, convincere, argomentare, ma c’è comunque il momento in cui serve ascoltare o concentrarsi.
Alcuni lo fuggono per non fare i conti col lavoro individuale che ti spinge a mettere in gioco la tua memoria e la tua creatività: uno specchio ingombrante.
Altri scappano dal silenzio per non lasciare troppo spazio ai pensieri e alle preoccupazioni di casa. Oppure per non sentire il frastuono di un dolore grande, perché qualche bimbo porta sulle sue spalle tre vite e noi in confronto siamo nessuno per dirgli “Silenzio”.
Qualcuno (sembra strano) col silenzio non riesce a concentrarsi; qualcuno riesce, ma quando la concentrazione cala, trova un diversivo per interromperlo, per noia, forse.
Chi lo cerca?
Sicuramente chi, a casa, è abituato a momenti di cercata o indotta tranquillità (uso questo termine non a caso, perché il rovescio della medaglia è il silenzio che nasce dalla solitudine, e non è affatto la stessa cosa).
Non è facile con 26, 27 bambini, trovare una mezz’ora di silenzio assoluto.
Ogni tanto mi trovo a chiederlo con forza, ma, sono sincera, quando sono proprio stanca o quando è importante che ascoltino 10 minuti di fila.
A questo proposito, ieri ho fatto un mini esperimento (siamo in quinta, si può pretendere che comprendano definitivamente). Mentre facevo una domanda-stimolo per arrivare ad un concetto fondamentale, ho contato con la mano in aria 5 secondi, quelli in cui si può perdere la domanda importante e, di conseguenza, non comprendere una risposta importante.
Per fargli capire che quando si chiede silenzio prolungato (parliamo di 5/10 minuti eh!) è importante: nonostante si capiscano tutta la difficoltà e le cause della difficoltà, a scuola il silenzio è indispensabile.
Ci sono tre tipi di silenzio che arrivano da soli e che mi stupiscono sempre.
Il primo è all’improvviso.
Accade soprattutto quando ti conoscono e sanno bene che il quarto d’ora che segue qualcosa di grave appena accaduto sarà molto, molto complicato. Il silenzio irreale.
La quiete prima della tempesta.
Mi fa ben sperare perché comprendere che non si può sorvolare un episodio scomodo è già importante di per sé e il silenzio dimostra comprensione.
Il secondo è piano piano.
Quando non prendono verso dopo ricreazione (e chi lo prenderebbe…siamo sinceri), a volte accendo la LIM e faccio andare o una foto o un video e lì si sbriciolano le chiacchiere: restano i due o tre temerari che vengono zittiti dagli stessi compagni. Lì è bello.
Non ci penso sempre, ma in fondo è proprio lì la chiave del silenzio: l’interesse, la motivazione.
Certo, ho sempre invidiato gli insegnanti che attendono il silenzio facendo silenzio.
Come a dire: sto aspettando, voglio vedere quando la finite.
Beh, io a farlo mi sono sempre sentita una deficiente, nel senso che non mi è mai riuscito, se non molto molto raramente. Aspetto, aspetto e poi basta: parte a sirena spiegata “Allorrraaaaa ci sistemiamoooo?”
Il terzo è il silenzio da verifica.
Quello non mi piace, non piace nemmeno a loro.
E’ freddo e sa di solitudine.
L’unico silenzio scolastico che mi fa rimpiangere il frastuono di 27 voci.