Ultima modifica 20 Aprile 2015
Ero sul bus quando è salita una mia amica che non vedevo da tanto tempo. Quasi non la riconoscevo tanto era cambiata. Invecchiata direte voi. No, assolutamente no, anzi ringiovanita. L’avevo lasciata magra, sciupatissima, apatica, aveva perso tutto il suo spirito, la sua verve, senza un vero perché se non l’età che avanzava, la prospettiva del pensionamento ravvicinato e un domani senza stimoli.
La ritrovavo vivace, allegra, piena di vita e la causa, il motivo del suo cambiamento, era seduto comodamente sul passeggino: Giulio, suo nipote.
Un bellissimo bimbo bruno di 14 mesi, con occhi grandi e curiosi. Dopo poche frasi di rito, lo scambio di convenevoli e battute tra due amiche che si ritrovano, mi sono abbassata verso Giulio e gli ho chiesto: ‘ ti piace andare sul bus?’.
Mi è stato detto: ‘ e ancora piccolo, non parla ’. Non parla? Non aveva bisogno di parole.
Gli si sono illuminati gli occhi e le sue labbra si sono aperte in un meraviglioso sorriso consapevole. Non parla, dite?
Ho capito la trasformazione della nonna e quel radioso sorriso mi ha riempito gli occhi e il cuore.
Anche ora, ripensandoci, quel sorriso mi riscalda e penso al sorriso del mio Angelo, che si accende subitaneo quando mi vede e mi corre incontro gridando ‘ nonna, nonna’ e mi abbraccia forte, forte. Poi, girandosi intorno annuncia ‘ vedete, è arrivata mia nonna, questa è nonna mia!’
Sapete, io non sono una donna sola, demotivata, triste. E’ vero, mia figlia vive a 500 km di distanza e quindi non vivo il loro quotidiano, non godo del sorriso di Angelo giornalmente, ma ho accanto un marito che amo e che mi ama, ci basta uno sguardo per capirci, per godere di essere insieme da ormai quasi 50 anni, ma una parte di me vive a Roma e sovente, accendo il computer e, insieme, guardiamo le foto del nostro piccolo che ammicca, sorride, si stupisce nelle mille espressioni colte al volo dal cellulare.
Spesso ingrandisco il viso che riempie così tutto lo schermo per permetterci di meglio vederlo, e molti dei nostri discorsi parlano di lui. E, così, riesco a capire meglio quanto l’arrivo di un piccolo uomo o di una piccola donna possa portare la vita, riportare la vita ad una persona rimasta sola.
E non perché ci si aggrappi a loro, no, o perché i figli non ti considerino, perché loro hanno una vita propria e tu sei diventata meno importante, ma questo non può che rallegrarci, perché significa che hanno trovato una propria dimensione, una propria vita autonoma della quale tu, ovviamente, fai parte solo marginalmente.
I bimbi no, hanno bisogni, necessità dell’amore di chi sta loro intorno, come i grandi certo, ma diversamente da loro stanno ancora cercando la loro dimensione, la loro indipendenza, e allora si affidano alla tua, alle tue carezze, alle tue conoscenze.
Poi cresceranno e, piano, piano, si staccheranno da te, come è logico e necessario, ma nel frattempo possiamo godere del loro calore, del loro sorriso, del loro affetto e ammassare i ricordi per poi tirarli fuori quando siamo soli, quando la malinconia ritorna e, riempirci di nuovo gli occhi ed il cuore di loro, nel ricordo.