Ultima modifica 20 Giugno 2019
Impara a studiare!!!
Sì, d’accordo.
Devi imparare un metodo di studio, altrimenti ti trovi male.
Ok.
Oggi si studia con le mappe, che è più semplice…dai, fai la mappa e via no?!
Tutti bravi a parlare, ma imparare a studiare è un percorso laborioso, fatto di scale del tutto sconosciute.
L’avete mai provata la paura di non ricordare? Quand’è che avete imparato a fidarvi della vostra memoria?
Ecco: quella è la prima grande difficoltà da superare.
E all’inizio il “batticuore”, per i bambini, non dipende dalla quantità da studiare, ma dall’essere costretti a riferire, fosse anche una sola conoscenza, di fronte agli altri.
Si deve cominciare cercando di scalfire in ogni modo questa emotività che può creare problemi in futuro e può anche inibire lo studio.
Ho sempre pensato che ogni passo sicuro abbia bisogno di essere PRE-PA-RA-TO.
Non si può lasciare un bambino di fronte ad una pagina da studiare senza prima sciogliere ogni suo dubbio e dargli gli strumenti adeguati.
Proprio ieri un bambino mi chiede “Maé, ma come si forma la paura, perché ce l’abbiamo in testa?”
Cioè, capito a che livelli di sensibilità, di insicurezze, di consapevolezza dei propri limiti siamo?
Non possiamo lasciarli allo sbaraglio pensando che un metodo di studio nasca tra loro e il libro così, dal nulla, come un colpo di fulmine.
Alcuni sono tartarughine che non tirano fuori il capo per paura dell’ insuccesso, che a sua volta è collegato alla paura del giudizio.
Sì, il percorso è : leggi, comprendi, sottolinea, scegli il metodo di sintesi per ricordare e riferire. Nonfaunapiega…
Riflettete un attimo su questo: 5 imponenti competenze, tutte ancora in fase di sviluppo, tra le quali le ultime due veramente altissime, che verranno richieste in ogni grado di scuola a livelli crescenti.
E sono molto scettica su alcuni articoli che dicono che i genitori possono aiutare a trovare il metodo di studio. Non sono affatto d’accordo. Il metodo di studio si scopre a scuola, solo attraverso un lavoro serrato e specifico, che appartiene solo alla professionalità di un insegnante. Siamo noi a dover proporre, consigliare, spiegare tecniche e strumenti.
Con queste consapevolezze, dopo due anni di lavoro duro, fatto in collaborazione con la mia collega di italiano, sui concetti chiave da ricavare in ogni tipo di testo e dopo aver riflettuto profondamente sulle tecniche e gli strumenti di sintesi, ho deciso che il primo passo vero verso lo studio avrebbero dovuto farlo, insieme ai compagni, in gruppo.
Così, tra novembre e dicembre, abbiamo fatto dei gruppi di studio sia a casa che a scuola , per le regioni italiane e per gli apparati e sistemi del corpo umano.
I bambini hanno creato insieme la loro tecnica di sintesi, e poi hanno riferito in gruppo il loro argomento, ciascuno la sua parte. Certo che non potete immaginare:
1. La mia “tachicardia” perché sono trascorse ore e ore in cui io non ho spiegato nulla, ma ho passeggiato tra i banchi osservando, dando piccoli consigli e spesso mordendomi la lingua per i piccoli errori, perché dovevano faredasoli. Solo dopo ho capito che è stato un tempo veramente prezioso e preziosamente lavorato.
Non è facile applicare il metodo Flipped Classroom la prima volta. Sono tentativi ovviamente studiati, ma tra le mani abbiamo persone pensanti ed emotive.
2. La soddisfazione nel toccare con mano l’importanza della motivazione per ottenere risultati. Sono andati d’accordo anche con compagni non proprio “preferiti” con una professionalità che… sfido a trovarla nei nostri uffici.
3. Le lacrime che ho trattenuto al vederli lì, in piedi, che si davano il via, che si guardavano con apprensione perché il compagno doveva ricordare, che indicavano nei cartelloni e sulla LIM ciò che i compagni riferivano. Ammetto che un paio di volte sono andata a “soffiarmi il naso”.
Il fatto che tutti abbiano parlato con coerenza e competenza (pur piccola, embrionale) e’ stata veramente una scoperta inaspettata, anche se ciò che è venuto fuori era una previsione sperata.
Tutti hanno parlato, tutti hanno riferito.
E non provate nemmeno per un attimo a pensare che sia una cosa scontata, perché l’anno scorso mi è capitato di vedere un bambino dire una parola ogni 3 minuti, rosso in faccia, con il collo nascosto dalle spalle per la vergogna. Non è bello, non è edificante per un’insegnante e in quel momento nessuno dei due impara qualcosa.
Io, in situazioni così, negli anni scorsi, ammetto di aver sospeso il respiro. Fa male vederli così.
In gruppo, invece, protetti da una barriera affettiva, hanno scoperto di poter riferire la loro parte.
E ora che le mie tartarughine hanno tirato fuori il capo, forse posso fare il secondo passo: studiare in gruppo ma riferire l’argomento intero e non solo una parte.
Ogni giorno si cresce insieme.
Buona sera Ylenia, vorrei sapere, quali secondo te, sono le considerazioni da fare per scegliere una buona scuola primaria per il proprio figlio, sono stata a diversi open day, ma non sono riuscita a notare differenze sostanziali.
Grazie