Ultima modifica 17 Giugno 2023
In Francia si prevede l’obbligo scolastico a 3 anni.
Anche in Italia il decreto attuativo della legge 107 (la legge de La buona scuola per intenderci) ha aperto uno teorico spiraglio verso un progetto simile, allargando il sistema scolastico anche agli 0-3.
Siamo ovviamente ancora molto lontani da una soluzione, ma anche se non basta il pensiero, almeno quello c’è.
Ci sono, però, delle considerazioni in merito che, nel nostro paese, sono purtroppo dovute.
Per allargare l’obbligo servono insegnanti… tanti insegnanti.
Le nuove assunzioni (a parte quelle dovute per bacchettate europee), non solo non sono all’ordine del giorno, ma, quando avvengono, per carenze legislative, si scatena l’inferno dei ricorsi che rallentano o bloccano il flusso. Quindi, oltre alla lentezza nelle assunzioni, a progetto avviato si rischierebbero anni di classi pollaio fin dal nido.
Spero di no, ma alla luce degli ultimi 30 anni di scuola, è lecito temere.
Secondo, se ci fossero i soldi, sarebbe pure meglio.
Dopo questa piccola intro, ripeto che in Francia si abbassa realmente l’obbligatorietà scolastica a 3 anni.
L’hanno pensato forti di motivazioni pedagogiche in linea con le nuove scoperte sulle capacità apprenditive dei bambini al di sotto dei 6 anni.
Ci sono mondi linguistici, grafici e matematici che loro riescono ad esplorare e conoscere tranquillamente ed è quello il momento per farceli entrare. Ovviamente con le dovute modalità ludiche, leggere, di semplice scoperta personale.
Per spiegarmi mi rifaccio a ciò che dice la Prof.ssa Daniela Lucangeli (che ha contribuito a studi internazionali fondamentali sulle neuroscienze), che, nelle sue conferenze, ci spiega da almeno 10 anni che è importante iniziare presto a stimolare il linguaggio, il senso della quantità, il suo riconoscimento ed il confronto.
La Montessori ci insegna da un secolo che i bambini, già da piccolissimi, sono in grado di apprendere concetti molto alti attraverso la loro personale curiosità.
Basi pedagogiche e scientifiche autorevoli ne abbiamo?
Ecco, Macron si augura in primo luogo che si abbandoni definitivamente l’idea di babysitteraggio della scuola dell’infanzia e che si crei una maggiore uniformità negli stimoli che ricevono in quell’età preziosa.
Certo, vedere nella stessa
frase obbligatorio e 3 anni sembra bruttino.
Da insegnante e mamma fortunata direi no al progetto, perché da 3 a 6 anni i bambini dovrebbero giocare a scoprire tutti gli angoli di casa, nascondendosi dietro le tende con i piedi che sbucano… ma sono invisibili.
Però prima di esprimere giudizi personali, e quindi assolutamente parziali, sono abituata a valutare tutti gli aspetti.
E allora mi pongo questa domanda:
I bambini di oggi che tipo di realtà si vivono?
Un mondo bellissimo per alcuni.
Ma il disagio sociale e la povertà sono alla porta accanto.
La genitorialità è diventata molto complessa, per non dire, a volte, diseducativa; spesso la sua carenza non è nemmeno direttamente proporzionale alla condizione sociale.
Gli insuccessi educativi, in cui ci si imbatte nei primi anni, non vengono interpretati come partedelgioco e così poi, per frustrazione, tutto viene lasciato alla come viene (o si ricorre allo specialista per tamponare le situazioni psicologiche più gravi).
Giungono voci dagli Stati Uniti che un crescente numero di ragazzi viene medicalizzato per attacchi di panico che si palesano nel contesto scolastico, ma provengono in realtà da disagi familiari. Insomma, la situazione è piuttosto grave un po’ ovunque e soprattutto nei paesi ipersviluppati.
I nonni non sono più la realtà familiare di riserva per i nostri piccoli.
Chi li ha è fortunato, indubbiamente.
Ma soprattutto c’è un aspetto spaventoso: il prendersi cura, oggi come oggi, può essere interpretato in tanti modi, uno dei quali è far stare bene il bambino in modo che non si lagni.
Il bambino diventa autonomo nell’organizzarsi la vita a suo piacere, senza avere cognizione delle sue reali necessità, ma così impara solo magistralmente ad adattare la realtà a se stesso diventando e restando la misura di tutte le cose… e quel che è peggio, così, silenziosamente, ci cresce.
In quel silenzio diseducativo, anche le persone entrano a far parte del quadro che deve adattarsi alle sue esigenze… ed è proprio questo che distrugge la relazione con gli altri e la considerazione dell’altro. Si cresce poi pensando alle persone come oggetti e scatta l’idea del possesso o del non concepire un rifiuto.
Brutto, ma la fine è esattamente quella e non sono io a dirlo.
Ecco, per questo credo che la scuola dell’Infanzia obbligatoria, per qualche bambino e per la società di oggi, sia la salvezza.
Se vogliamo poi, da insegnante, aggiungo che una socializzazione precoce per tutti è fondamentale anche per lo sviluppo del linguaggio. Per portare a comunicare in modo sereno i tanti bambini che a casa parlano poco. Oppure a bambini che relazionandosi a casa con lingue diverse dall’italiano, spesso perdono interi anni di istruzione primaria per l’incapacità giustificata di comprendere ciò che gli viene detto.
La capacità di socializzare emozioni, di accorgersi dall’altro è fondamentale fin dalla nascita.
La capacità di ascoltare ed essere ascoltati è il monolite dell’educazione e dello sviluppo del sé e la scuola è l’unico posto in cui può avvenire più spesso per tutti.
Quindi, ragionando, da mamma italiana concordo con la scelta francese.