Ultima modifica 17 Giugno 2023
L’estate sicuramente serve per rigenerarsi.
Per un insegnante, soprattutto, serve a riconnettersi al mondo “esterno” perché la scuola assorbe energie, attenzione, pazienza, tolleranza.
Insomma, la scuola assorbe.
L’estate 2018 sta finendo e noto una grande differenza con quella 2017.
Allora il terremoto ci aveva impaurito ed abbiamo iniziato la scuola con una briglia tirata.
Ci muovevamo mentalmente come in una ragnatela appiccicosa che ci complicava pensieri ed azioni.
Ogni mattina entravi sperando che non passasse.
Sì. La paura ce la siamo vissuta coi nostri bambini, spaventati, ma comunque contenti di ricominciare. Loro, quelli con una marcia in più”.
Quest’anno il 10 settembre entrerò con un paio di spine da togliere…
E se esce fuori, come faccio a spiegare Genova e tutto il dolore?
La filastrocca di Rodari sarebbe perfetta, ma purtroppo verrebbe a galla un discorso che potrebbe far cadere tutta la loro fiducia nel futuro…e forse anche nel presente.
Come posso spiegare la tragedia del Pollino?
“Non dovevano andare perché pioveva a monte mentre a valle c’era il sole?” o “Non dovevano essere lì?” o “Doveva esserci un divieto?”
Come faccio a dire che alcuni banchi nelle scuole saranno vuoti perché… perché?
E se esce fuori che quando passano sopra un ponte gli batte più forte il cuore, perché hanno paura, come faccio, onestamente, a dire che sbagliano?
Come spiegare persone che non possono scendere da una nave per aspettare decisioni supreme?
Voi pensate che i bambini siano immuni alle brutte notizie?
Invece le sanno, le assorbono, le interpretano attraverso le loro categorie innocenti e chiedono. Sì, chiedono, perché i bambini non sono curiosi solo dei moti celesti o delle mute delle cicale.
Loro vogliono sapere.
Come faccio a spiegare che ci sono uomini e uomini?
Quelli che si sentono parte dell’umanità e quelli che si sentono universali rispetto a tutto il resto?
Come faccio?
Sei una maestra, lo sai no?
Sì, in realtà so come fare. Senza dare giudizi, ma lanciando ogni volta che si può la possibilità di discussione e confronto, di riflessione su ciò che si fa e sulle conseguenze… perché sempre ci sono conseguenze.
Poi, sono convinta che qualcuno, da grande, trarrà giudizi adeguati.
Spero in cuor mio che siano spietati, perché noi il mondo non lo cambiamo, ma loro possono.
E allora dal 10 settembre io rispondo con un input lanciato l’anno scorso: Non è “Tanto è uguale“. Un anello di congiunzione tra i nostri momenti in cerchio dell’anno scorso e quelli a venire.
Una frase piccola piccola, persa in mezzo alla canzone E’ non è di Niccolò Fabi, di una profondità incredibile, che, ad ogni scelta, ci riporta alla consapevolezza che abbiamo una scelta. Strano eh?
Sì, ogni momento in cui ci fermiamo a piedi pari di fronte ad una decisione da prendere, la decisione risponde ad un modo di vedere non solo me stesso, ma me stesso in mezzo agli altri.
Ecco, nelle due strade che mi si pongono di fronte, ce n’è una in cui penso solo a me. L’altra invece mi porta a guardarmi intorno: la coscienza e il senso di appartenenza all’umanità.
E, ogni santa volta, la scelta che si fa ci allontana o ci avvicina all’altro. Non ci sono alternative.
Qui il grigio non esiste.
Qui è solo bianco o nero.
Senza scuse o retorici giri di parole.
O sei dentro l’umanità, impastato insieme al rispetto verso l’uomo, o ne sei fuori, arido, secco, solo.
Ed i bambini, secondo me, devono sapere da che parte andare e, qualsiasi cosa scelgano (perché la scelta è libera), devono essere consapevoli che non è mai la stessa cosa.
Dopo una decisione non puoi fare spallucce. Sei ciò che decidi.
Esempio spicciolo: il famoso scivolo di un articolo forte e meraviglioso è la sede delle prime scelte adatte ad un bambino.
Che faccio? Mi metto in fila o sgomito per essere sempre primo?
Ecco: non è tanto è uguale.
Non è “So’ bambini”. Sono bambini pronti per imparare a decidere.
Il punto è: dove gli consigliamo di andare?
Ci facciamo una risata se sgomitano “Ahahaha vedi che è furb* però, quest* mica si fa mettere i piedi in testa nella vita eh!”. Oppure l* prendiamo saldamente per la mano e l* mettiamo a guardare come si fa, resistendo a strilli e capricci incontenibili?
Non è “Tanto è uguale”.
Ma io sono insegnante e non ho scelta: al bivio so dove andare.
Pronta per il 10 settembre, e parte di una squadra di maestre che la pensano come me.
Lo so.