Ultima modifica 19 Dicembre 2015

Ieri sono andata alla recita finale dell’anno scolastico di mio figlio più piccolo. Quinta elementare, si chiude un ciclo, l’ultima recita a cui parteciperò…non so bene se dire “peccato o per fortuna”.

Al di là della tortura perché si è svolta per l’ennesima volta nel posto sbagliato cioè nella palestra della scuola dove, non solo non si vedeva nulla, l’ambiente non era sufficientemente ampio per contenere il numero di persone che avrebbero voluto assistervi e si sveniva dal caldo visto che la palestra della scuola elementare è un cubo di cemento con finestre alte e rigorosamente chiuse, lo spettacolo a cui ho assistito mi è sembrato il trionfo dell’ipocrisia e vi spiego il perché.

In questi ultimi anni il lavoro portato avanti dalla scuola primaria dei miei figli è stato improntato sull’accoglienza.

Accoglienza dell’altro in quanto “altro” da sé, accoglienza della diversità fosse questa di luogo di nascita, di colore della pelle, di abilità fisica o mentale; insomma la diversità affrontata il modo totale, in tutti i suoi aspetti, in maniera approfondita e completa. Da anni la scuola in generale cerca di educare le future generazioni alla ormai innegabile globalizzazione del mondo, alla multiculturalità. Siamo tutti orgogliosi, insegnanti e genitori, di questa innegabile dimostrazione di maturità e voglia di creare delle generazioni diverse sotto questo aspetto ma mi chiedo quanto sia sincero tutto questo arrabattarci a spiegare che siamo tutti uguali se poi alla prima prova dove mettere in atto tutti questi begli insegnamenti, niente di quello che è stato insegnato durante l’anno ai bambini viene messo in pratica.

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Ora vi chiederete perché dico questo? Perché durante questo anno scolastico, nella scuola di mio figlio, è stata fatta addirittura una petizione per buttare fuori un bambino adottivo arrivato in Italia da circa 1 anno perché il soggetto è un bambino problematico. E non parliamo di un bambino di quinta ma di uno di seconda! Genitori e maestre si sono coalizzati contro questa famiglia adottiva e questo bambino sollevando un casino tale da far intervenire il tribunale dei minori, gli assistenti sociali e il servizio di riabilitazione dell’età evolutiva. Allora io mi chiedo il perché proponiamo ai nostri figli una visione del mondo diversa se poi siamo i primi a non accettare un cambio di mentalità? Cosa ci aspettiamo che imparino i nostri figli se noi adulti per primi, ad ogni spinta, parolaccia o morso che sia, non riusciamo a prenderci la briga di spiegare ai nostri bambini che le difficoltà di un compagno di scuola possono derivare da un momento particolare della vita di questo bambino o dal percorso di vita che ha avuto? Come possono gli insegnanti far sventolare le bandiere multicolori della pace ai loro giovani allievi se poi non li preparano ad affrontare i momenti di confronto/scontro che capitano nella vita di ognuno se non insegnando loro che l’unica soluzione applicabile è l’esclusione, la denigrazione e la violenza psicologica?

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Come si fa a parlare di pace e di fratellanza se poi ci si comporta in questo modo?

È violenza agire contro un bambino cercando di allontanarlo dalla scuola, è violenza il denigrare una famiglia che si trova in difficoltà durante il suo percorso genitoriale…altro che belle parole sulla uguaglianza e sull’accoglienza. Accoglienza sarebbe stata fare cerchio intorno a questa famiglia da parte degli altri genitori non una petizione per buttare fuori loro figlio, accoglienza sarebbe stata dare un ulteriore supporto scolastico al bambino in difficoltà non il mettersi in malattia come ha fatto l’insegnante di sostegno, accoglienza sarebbe stata sensibilizzare seriamente gli altri bambini alla comprensione del particolare momento di difficoltà di questo bimbo non dire loro di “stargli alla larga”. Invece ho visto genitori con occhi sognanti e nonni estasiati dalle esibizioni pseudo pacifiste fatte durante la recita ma nessuna traccia di questa famiglia vessata e tanto meno del bambino in questione. L’ipocrisia regna incontrastata. Poco importa se questo bambino sia o no un bambino adottato, sarebbe potuto capitare a bimbi con altre situazioni che so, un figlio di separati, un figlio di una famiglia omogenitoriale o una bambino proveniente da un’altra nazione, un bambino diversamente abile, fatto sta che, ovunque ci sia un disagio, la scuola e la maggioranza delle famiglie cosiddette “normali” non sono in grado di sentirsi partecipi delle difficoltà altrui ma scatta sempre e comunque la caccia alle streghe.

Non si riesce ad andare più in là del quadratino sul quale viviamo, sparita ogni traccia di empatia verso l’altro. Ecco, la parola giusta credo che sia empatia. Invece di farci grandi con tentativi ipocriti di accoglienza sarebbe utile insegnare ai nostri giovani cosa sia l’empatia….il provare a mettersi nei panni degli altri ci aiuterebbe ad essere infinitamente più accoglienti e non solo a parole.

Elisabetta Dal Piaz

Riminese trapiantata per amore in Umbria da ormai 18 anni. Ex dietista e mamma attempata, di due fantastici figli del cuore che arrivano dal Brasile. Ma il tempo passa e i figli crescono (e non sia mai avere mamma sempre fra i piedi) ho ripreso a studiare e sono diventata Mediatore familiare, civile e commerciale. E a breve...mediatore penale.

4 COMMENTS

  1. se fossimo tutti un po’ piu’ empatici, il mondo sarebbe sicuramente un posto migliore….brava Betta!!!

  2. E’ terribile questo episodio che racconti. Laddove non si riesce ad intervenire efficacemente perchè non se ne hanno le capacità o la sensibilità, si cerca di “eliminare” fisicamente la presunta causa dei problemi. Per fortuna esistono anche casi opposti. In occasione di una situazione molto difficile in classe di mio figlio, le maestre hanno chiamato tutti noi genitori per fare squadra al fine di risolvere il problema.
    Sono anche io una mamma adottiva, portatrice di potenziali situazioni di criticità (che fortunatamente non si sono concrettizzate), per cui particolarmente sensibile al problema.

  3. Mi viene da ridere
    non so quante volte le” mamme dell’anno “sono andati dai vari presidi (si noi lo cambiamo tutti gli anni ) per far allontanare mio figlio ..per fortuna la cosa non è andata oltre al suo ufficio ……

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