Ultima modifica 24 Agosto 2016
La parola “playdate” ha per me un significato profondo, importante, quasi magico. Non si tratta solo di un momento di incontro durante il quale i bambini possono divertirsi mentre noi mamme parliamo e beviamo un caffè, è un qualcosa che va al di là di una semplice mattinata di gioco condivisa con altri bambini della stessa età.
Dopo due lunghi e faticosi mesi di solitudine, ho incontrato lei, la mia prima e vera amica italiana: Federica. Oggi vive a Singapore, ma ci sentiamo quotidianamente grazie all’aiuto della tecnologia. Insieme abbiamo iniziato a scoprire il mondo degli expat in Kuwait, cercato di aiutarci con le difficoltà della lingua e del crescere due bambini piccoli in un paese straniero, ma soprattutto islamico. Insieme abbiamo trovato il coraggio e le forze per affrontare le organizzatissime e impeccabili, spesso incomprensibili, British mums della British Ladies Society. Ma è grazie a due mamme australiane che abbiamo scoperto il fantastico mondo dei “playdate”.
Ricordo ancora con emozione e un po’ di ansia il nostro primo invito ad un playdate. Non sapevamo esattamente cosa si nascondesse dietro a questa parola.
Non avevamo capito se dovevamo presentarci a mani vuote o preparare una torta, non eravamo sicure di riuscire a sostenere un’intera mattina di conversazione in inglese, non sapevamo quali vestiti indossare in un’occasione come questa, non eravamo certe di riuscire a trovare il quartiere e la casa di colei che aveva organizzato questo play date. Ma ciò che sapevamo era che volevamo crearci un gruppo di amiche mamme con bambini della stessa età dei nostri, avevamo bisogno di uscire dalle quattro mura domestiche per confrontarci con il resto del mondo, iniziare ad essere indipendenti. Per questo, quella mattina ci presentammo a casa di Lydia – un’australiana convertita all’islam – a mani vuote, ma con due grandi sorrisi sulla faccia, il batticuore, le mani sudate e le gambe tremanti. I nostri lasciapassare furuno loro: Riccardo e Giulio, i nostri bimbi!
In quell’occasione conoscemmo tante mamme provenienti da tutto il mondo: Emily la neozelandese, Caroline la canadese, Anastasya la greca, Tanya l’australiana, Marya malese sposata con un inglese.
Al termine di quella mattinata la nostra testa fumava, capimmo poco più della metà delle conversazioni alle quali prendemmo parte, bevemmo un terribile caffè solubile e mangiammo tanta torta al cioccolato per fare gli onori alla cuoca. Ma a questo primo play date ne fece seguito un secondo, e poi un terzo e così via.
Insomma, da quel giorno ci fu un tacito accordo che diceva che a turno ognuna di noi doveva organizzare un incontro settimanale a casa propria. A questi incontri ci aggiungemmo i vari compleanni che naturalmente furono tutti ravvicinati visto che i nostri figli avevano tutti poche settimane di differenza.
E’ stato grazie a questi playdate che ho iniziato a parlare seriamente inglese, ho imparato tutti i vocaboli chiave dell’essere mamma, ho conosciuto tante belle persone, ho instaurato nuove ed importanti amicizie, ho incontrato nuove culture. Il playdate non significa solo gioco e incontro ma molto di più!
Il playdate significa condivisione, amicizia, confronto, divertimento, conforto.
Grazie al play date ho migliorato il mio livello di inglese, ho conosciuto tante persone provenienti da tutte le parti del mondo e grazie a loro ho scoperto diverse culture; ho imparato ad approcciarmi al mondo islamico; ho fatto nuove amicizie; ho imparato ad accettare ed apprezzare la diversità; ho condiviso le mie ansie e paure di mamma e di espatriata con altre donne e mamme.
Per me il playdate è stato il mezzo che mi ha permesso di crearmi una “nuova vita” in un paese straniero.
Mimma & Drusilla
Cara Drusilla e Mimma io vi seguo già da molto tempo ma è sempre un piacere leggere quello che scrivete alla prossima carine