Ultima modifica 20 Giugno 2019
Quasi 15 anni di lavoro nella scuola.
Ci pensavo stamattina, proprio mentre accendevo la LIM che… non si accende/si accende/non si accende… mentre aspettavo che la signora del castello si decidesse, ho pensato ai 14 anni precedenti e a come sono arrivata a non aver paura. Di che, poi vi dico.
All’inizio cattedra-libro-compito-correggi era piuttosto rassicurante. Modalità nido, paglia e ovatta .
La senti quella piuma che ti fa solletico, quella piccola ansia di far capire le cose profondamente… ma chi te lo fa fare?
I bambini seduti lì che fanno 15 abachi, 24 operazioni in colonna, 2 problemi. E sanno fare. Sì sì.
Ecco. I bambini seduti. I bambini…seduti.
Paura di vederli in piedi? Paura di vederli muoversi?
Paura che il movimento distragga.
Paura di ascoltare i loro “perché” che fanno perdere tempo… allo scrivere sul quaderno.
Ma la piuma fa solletico e più fa solletico e più ci si sente stretti nella modalità – nido.
Si scelgono, come perle, le parole preziose da dire alle loro menti.
Gli insegnanti lo fanno…mentre pelano le zucchine o mentre stendono i panni: cercano una frase che colpisce, una domanda che stuzzica. Pelando le zucchine, a dire il vero, esce piuttosto bene.
Ma non basta. Tutto questo è statico. Verbale. Asciutto.
E ci vuole chi ti sveglia e ti dimostra che puoi anche aver paura di cambiare, ma devi farlo per forza.
La professoressa Daniela Lucangeli, il professor Giuseppe Pea, il maestro Camillo Bortolato, la professoressa Emanuela Ughi, il maestro Franco Lorenzoni e la professoressa Emma Castelnuovo, che purtroppo ci ha lasciati: immensi.
Ecco, io credo che ad un insegnante di matematica (e non solo) non servano guide didattiche, ma servano due orecchie per ascoltarli e due occhi per leggerli. Punto.
Tutti, in un modo o nell’altro, con grande senso della realtà e simpatia per noi insegnanti, ci fanno capire che dobbiamo alzarci dalla cattedra e portarci dietro i bambini: a capire in cerchio, sulle scale e in palestra; a chiedersi cose in cortile e affacciati alla finestra; a muovere mani, piedi, braccia e gambe. A contare gli alberi e i rami invece dei disegnini.
Dopo 14 anni di lavoro e 49 sfumature di crisi, mi sono tolta di dosso definitivamente quella paura.
“Maéééé andiamo in palestra a contare oggi?”
“Sì”
“Giochiamo sulle scale coi numeri maé?”
“Sì”
E se sul quaderno c’è una pagina in meno, non importa.
Ti alzi dalla sedia, e ti fa bene. Poi ti giri e li guardi: fa bene anche a loro.
Quando contano muovendosi sono un tutt’uno con la loro mente: sono in situazione. Pienamente. Globalmente. Mente e corpo.
La matematica in movimento, il tempo dei loro perché e delle soluzioni trovate facendo, sono utili più della matita sul quaderno.
E li osservi mentre fanno, salgono, scendono, scrivono e contano in piedi sulla sedia…perché la LIM è alta.
Sì, li guardo mentre salgono sulla sedia, senza essere terrorizzata, perché per i bambini, salire sulla sedia, è un modo per arrivarci lassù.
Così adesso, mentre sbuccio le zucchine, invento giochi con i numeri da fare in movimento. Decisamente più divertente. Sì.
E quando il professor Pea apre il seminario dicendo “I bambini di oggi hanno un pensiero razionale che risulta un anno in dietro rispetto alla loro età cronologica” due conti te li fai e pensi che, con umiltà e impegno, se una mossa non gliela dai tu dentro una scuola, tu che gli sei capitata come insegnante di matematica, probabilmente non lo farà nessun altro.
E ai genitori perché senza di loro si fa molto ma molto di meno, vorrei dire che prima di arrivare alle tabelline ci sono conti e ri-conti da fare. Contate tutto, aggiungete e togliete, fate le scale contando, fate spesa contando, apparecchiate e sparecchiate contando. E’ importante quanto imparare a leggere.
Ylenia Agostini