Ultima modifica 22 Aprile 2015
“I bambini si sa, sono bambini”, un’affermazione che reclama una dose in più di pazienza, nella comune realtà vuol dire tutto e niente, perché il destinatario e l’emittente del messaggio hanno ciascuno una visione soggettiva della persona, della situazione e degli scopi delle eventuali richieste o aspettative.
Per l’insegnante è un po’ diverso, perché i bambini “sono la sua professione” e quindi quel detto così generico acquista un valore straordinariamente preciso in ogni circostanza.
Oltre la conoscenza del bambino nelle sue caratteristiche peculiari, che hanno un assoluto peso specifico nell’ambito del lavoro, l’insegnante è tenuto a sapere molte altre cose degli alunni
perché altrimenti, se spesso non gioca d’anticipo, si trova ad aggiustare il tiro talmente tante volte che perde il polso della situazione.
I modi e tempi dell’apprendere, le tecniche d’insegnamento e le metodologie più funzionali al raggiungimento di determinati obiettivi. Cosa si può lasciare al caso? Didatticamente parlando molto, molto poco.
Dal buongiorno col sorriso al mattino la testa è impegnata senza soluzione di continuità nelle seguenti “arti”:
- l’arte dell’intuire se è il caso di iniziare a gamba tesa o preferire un tono soft nei giorni “particolari”: quando 4 bambini ti arrivano provvisti di broncio ed è evidente che anche “Buongiorno” suoni come una presa in giro, bisogna trovare quella decina di mosse per far defluire i nervetti fuori dalla classe. Un quarto d’ora perso è meglio di due ore portate avanti a balzi e sbalzi.
- L’arte del prevedere le vie che una lezione può prendere perché ” i bambini si sa, sono bambini” e le loro curiosità possono portarti dall’Everest alle tagliatele di nonna Pina in 10 minuti: capire il limite all’evasione dal concetto è importante, perché il tempo disponibile è sempre di meno.
- Gestire con fermezza “militare” il lavoro di gruppo: se è vero che ai bambini piace da morire, è anche vero che richiede competenze relazionali molto alte come il rispetto delle opinioni altrui, la distribuzione accordata dei compiti, il raggiungimento a tutti i costi di un obiettivo comune…non si può andare a finire né al bar dello sport, né a Forum…la cosa deve essere gestita in modo “maturo”, non come gli adulti….
- Oltre, ovviamente, il dovere di conoscere a fondo ciò di cui si sta parlando, c’è poi l’arte di non dire fesserie nei frequenti voli pindarici delle curiosità, pur di rispondere, ed avere pronto, invece un decorosissimo “Non so”.
- Vogliamo parlare poi del dovere inderogabile della “non-preferenza” ? La massima concentrazione sulla “bilancia dei sorrisi”. I bambini si sa, sono bambini…ma
se a casa la gelosia ci sta e le coccole si possono fare ad ogni ora, a scuola è un sentimento troppo pericoloso che difficilmente è recuperabile, perché manca il tempo, perché la confusione ti distrae, perché poi i “passi falsi” in questo senso si pagano a caro prezzo. I bambini si sa, sono bambini…e non dimenticano.
Ci vuole rigore con se stessi, e mai smettere di ragionare. Ci vuole sguardo mobilissimo e velocissimo a cogliere quei veli di leggera, impalpabile frustrazione….
Tutto ciò è molto bello…sconsideratamente meraviglioso….perché appunto fin qui si gioca consapevolmente d’anticipo.
Ma dopo il turbinio di 4 ore di scuola arriva il momento in cui i 10 sacchi di pazienza sono finiti, le intuizioni vanno a farsi friggere e i giochi d’anticipo stridono con le unghie sulla lavagna … senza appiglio. A me succede spesso.
È arrivo così ad un bivio…un bivio a cui mi sono trovata tante volte e che ancora l’anno scorso mi si è parato davanti: o chiedi un prestito alle tue ultime riserve di pazienza che avevi “pazientemente lasciato da parte per il ritorno in famiglia”, con la testa che batte, il cervello frullante, il “contafinoadieci” che imperversa nelle tue terminazioni nervose, le tonsille appese alla parete…oppure applichi quel giusto “distacco” dalla situazione che ti permette di ridistribuire un senso alla confusione; di capirne cioè i motivi e di riprendere a riprogrammare l’attività. Come scatta? Per necessità di sopravvivenza…ma credo che sia una grossa fonte a cui attingere con consapevolezza per migliorare in qualche modo la professionalità. Se la pazienza è alla base di questo lavoro, è la conoscenza delle dinamiche e il giusto distacco che non fanno perdere il filo, secondo me.
Diciamo pure che il distacco è necessario, è quello che ti fa ricordare “ ok ora respira- rifletti –osserva- pensa alla soluzione”; quello che ti fa tornare a guardare i bambini negli occhi e a non sentirli solo con le orecchie.
In fondo credo che se i bambini fanno confusione e non rispondono … la colpa è la mia e sono io che devo trovare una soluzione. I bambini si sa, sono bambini e infatti è mio il dovere di sapere cosa fare.
E la soluzione non è magari tra quelle contemplate nella programmazione, non è neanche tra quelle contemplate dalla logica di un fine giornata. La soluzione è nel riuscire a leggere ancora una volta i bambini e riuscire a “impastare” qualcosa di buono per tutti. Cosa?
Una cosa che ha avuto grande successo più spesso è stata quella della mia collega: il cominciare a cantare a squarciagola una canzone che conoscono tutti … qualcuno si gira a guardare, qualcuno dice shhhhhh, qualcuno comincia a cantare, qualcuno batte le mani, qualcuno balla e se due o tre bambini non si uniscono comunque si placano… Da lì può ripartire qualcosa di buono…
E io imparo … con la pazienza e con il distacco … ogni giorno … a fare meglio …
Ylenia Agostini