Ultima modifica 20 Aprile 2015
I vescovi tedeschi hanno assunto una decisione storica: hanno ammesso l’uso della pillola del giorno dopo, solo in caso di stupro, s’ intende, e una pillola che non racchiuda in se il duplice effetto di impedire la fecondazione e di procurare un aborto. Si tratta di una questione di lana caprina perché la Chiesa continua a considerare omicidio il procurato aborto e quindi nega la possibile assunzione di qualsiasi farmaco atto a procurarlo, però se è nelle intenzioni di chi assume il farmaco utilizzarlo per la sola funzione di impedire la fecondazione allora tale assunzione può essere consentita.
Scusate, ma non capisco bene, è possibile, secondo i vescovi tedeschi, usare un farmaco anticoncezionale che impedisce l’annidamento dell’ovulo già fecondato, ma con l’intenzione di impedire una fecondazione, di fatto già avvenuta. Ecco, non è l’azione della pillola, ma l’intenzione di chi la assume a far considerare questa assunzione lecita.
Ma questo, per l’embrione, fa una qualche differenza? Non credo proprio, ed è anche difficile pensare che una tale sottigliezza importi ad una vittima di stupro. Allora, dico io, se una donna viene sequestrata e stuprata, magari più volte, con violenze inaudite e per più giorni, avendo certezza che l’annidamento è già in atto alla stessa non sarà concesso l’uso della pillola del giorno dopo?
Perché, secondo i vescovi, il destino, la vita di quella poveraccia non contano, conta soltanto la speranza di vita di un ovulo fecondato da due o tre giorni, non ancora embrione, ma che, per gli stessi vescovi, ha diritto alla protezione dovuta alla dignità di essere umano, mentre la donna, contro ogni sua volontà, non ha diritti, ma solo il dovere di diventare madre. Le donne che, subita una violenza sessuale, si presenteranno alle porte di un ospedale cattolico, contrariamente a quanto avveniva per il passato, riceveranno cure umane, mediche, psicologiche e pastorali nelle quali , come si legge nella nota dei vescovi, rientra la somministrazione della pillola in questione fintantoché la cura abbia effetti preventivi e non meramente abortivi.
E la stessa nota precisa: che le cure mediche e farmaceutiche che procurino la morte dell’embrione non dovrebbero essere adottati. Fortunatamente usano il condizionale, lasciando un piccolo, piccolissimo spiraglio.
Certo è un passo avanti rispetto alla negazione assoluta del passato, ma quanta ipocrisia! Si cercano vie traverse, vicoli tortuosi e ripidissimi per bypassare un divieto, per giustificare un mezzo, per crearsi un alibi, per negare l’evidenza!
Perché nulla dovrebbe essere frapposto, nessuna regoletta, nessun se o ma: una donna stuprata, violata nel profondo del suo essere, deve essere aiutata, per quanto possibile, a uscire dal suo stato, a tentare di dimenticare o, almeno a distoglierne il pensiero da quell’ atto subito da un uomo indegno di essere chiamato tale e nulla e nessuno devono obbligarla a ricordarlo, giorno dopo giorno, nè durante la gravidanza, nè dopo, qualunque strada essa dovesse scegliere.
Deve essere lasciata libera di decidere, deve essere assecondata, non le si devono porre problemi deontologici sul suo futuro o su quello di un possibile frutto.
La sua sola vita è in gioco, questo è quello che conta: null’altro.