Ultima modifica 20 Giugno 2019
Dicono che la poesia si è persa nel labirinto della tecnologia.
Che tra gli stati su Facebook, i messaggi di what’s app, i blog di Tumbrl, non c’è più spazio per lei.
Dicono che i giovani non leggono più, non scrivono più.
Che hanno dimenticato cos’è la grammatica e l’unica cosa che li salva è la correzione automatica del telefono.
Dicono.
Ma non vedono.
Non vedono che la poesia è ancora qui.
E per di più è all’ordine del giorno, è di tutti, è a portata di mano in qualsiasi momento.
La letteratura non è scomparsa al tempo di Facebook, ha solo cambiato forma.
“La “Twitteratura” ha, oramai da tempo, guadagnato la sua dignità letteraria: un post di Facebook o un cinguettio di Twitter, ma anche una e-mail o un messaggio multimediale di Whatsapp non fanno altro che rilanciare forme e generi della comunicazione letteraria scritta: distici, sentenze, proverbi, romanzi epistolari” afferma Trifone Gargano, professore di Informatica per la Letteratura presso l’Università di Foggia e autore del libro “La letteratura al tempo di Facebook – Scrivere, leggere, insegnare storie da Omero al web 2.0”.
In questo libro Gargano vuole spingere i “lettori tradizionali” a non chiudersi nei loro pregiudizi nei confronti dei nuovi mezzi di comunicazione ma di accettarli come nuovi modi di svolgere una delle attività più belle dell’uomo, ossia quella di scrivere, leggere e inventare storie.
Se da una parte l’avvento dei Social Network ha allargato la letteratura a un numero sempre più ampio di utenti, dall’altra ha determinato vari cambiamenti all’interno del sistema linguistico: aggiunta di nuove parole (ad esempio “hashtag”, “reblog”, “tweet”), trasformazione della sintassi, dello stile e della morfologia.
Gargano sostiene che non bisogna avere paura di questi cambiamenti, anzi bisogna considerarli normali in quanto la lingua è un oggetto vivo, dinamico, in continua trasformazione.
Il passaggio dalla letteratura tradizionale, fatta di pagine, carta e inchiostro, a quella elettronica è paragonabile al passaggio dal latino al volgare.
Anche all’epoca avvenne la perdita di stili, competenze e figure professionali, per dar vita a nuove forme, nuove professioni legate alla lettura e scrittura.
L’atteggiamento di chiusura nei confronti della rete che oggi hanno coloro che sono ancora legati ai mezzi tradizionali di comunicazione è analogo a quello che all’epoca mostrarono nei confronti del volgare coloro che erano ancora fermamente ancorati alla tradizione classica.
Se questo atteggiamento non fosse stato superato, afferma Gargano, non sarebbe nato il Mondo Moderno!
Ogni nuovo cambiamento è un salto nel vuoto che le società nel corso della storia si trovano a fare ad occhi chiusi, tra il rimpianto per quelle cose che, inevitabilmente, andranno perse e la curiosità nei confronti di quelle che le andranno a sostituire.
E’ vero che cambiamento non è sempre sinonimo di progresso, ma è anche vero che restare fermi a guardare il passato per troppo tempo significa regredire in ogni caso.
Come afferma anche il grande Benigni “iniziare un nuovo cammino ci spaventa, ma dopo ogni passo ci rendiamo conto di quanto fosse pericoloso rimanere fermi”.
Miriam