Ultima modifica 27 Febbraio 2013
“Il bambino è distratto, il bambino non ascolta… “ anche io come tante insegnanti mi sono trovata a dire o a scrivere questo di qualche mio alunno. Ma anche da mamma talvolta faccio lo stesso errore: “Mia figlia non mi ascolta, quando le chiedo qualcosa mi sembra quasi di non esistere!”.
Se ci fermiamo a riflettere,però, stiamo partendo dal fatto che il bambino non voglia ascoltare e non che non lo sappia o non lo possa fare.
Questo è il primo errore che un insegnante, ma anche un genitore può fare: pensare che i nostri bambini non vogliano ascoltare le lezioni a scuola o le nostre richieste in quanto più interessati ad altre cose. Per esperienza posso dire che non sempre è solo questo: per ascoltare è necessario prestare attenzione, comprendere il linguaggio ed eliminare eventuali ostacoli che possono diminuire la capacità di ascolto. Se l’ascolto è avvenuto correttamente il bambino risponderà alle nostre richieste.
Se questo non avviene bisogna trovare la causa o le cause che interrompono questo processo e modificarle.
I bambini fin da piccoli sono abituati a prestare attenzione al mondo e a ciò che li circonda. Chi è mamma ricorda ancora quegli occhietti stupiti e sgranati del proprio bimbo già a partire da pochi mesi. L’attenzione è quindi stata fondamentale per la crescita e per il loro sviluppo ed è quindi una capacità già acquisita ma che si deve consolidare viste le richieste più complesse che vengono fatte al bambino man mano che cresce.
L’attenzione si allena: i bambini adorano ascoltare storie e favole anche se talvolta i genitori rimangono spiazzati e demotivati dal fatto che essi non riescono a seguire una storia dall’inizio alla fine e magari continuano a giocare con un loro giocattolo. Nessun problema: bisogna continuare a leggere storie, all’inizio riusciremo a leggere solo qualche pagina o dovremo cambiare libro due volte, alla fine i risultati verranno e la capacità di ascolto del bambino ne uscirà molto potenziata.
L’attenzione si educa: Capita in una conversazione tra adulti, talvolta, che il bambino non venga considerato e coinvolto. Non gli si presta ascolto, appunto. Niente di più sbagliato. Per avere ascolto è necessario prestare ascolto. E’ chiaro che i bambini non possono intervenire in tutte le conversazioni degli adulti in quanto non sono capaci e non ne hanno neanche voglia, ma quando il bambino è presente è meglio coinvolgerlo in conversazioni che possono interessarlo, ad esempio chiedendogli come è andata la giornata a scuola, se è successo qualcosa di particolare, mostrando loro attenzione, guardandoli negli occhi, insistendo nell’avere il contatto fisico e talvolta cercando quello fisico (una mano sulla spalla, un piccolo buffetto sulla guancia…) e terminando le azioni che si stavano facendo.
L’attenzione si facilita: A scuola, come a casa, molto spesso alcuni distruttori ambientali non facilitano l’ascolto e sono delle vere e proprie calamite per i bambini. Davanti a televisione, giochi e videogiochi molto spesso non esiste più nulla. In classe non ci sono giochi ma ci sono distrattori ambientali (molto spesso i compagni stessi!) per cui bisognerebbe sistemare i bambini in punti della classe strategici. A casa sarebbe meglio che i giochi abbiamo una loro posizione (ad esempio la camera del bambino), lontana dal luogo dove si ritrova la famiglia a parlare (ad esempio il soggiorno o la cucina). La televisione è una nota dolente: è presente da un cinquantennio nelle nostre cose ed è quasi un componente della famiglia. Una buona strategia è quella di “farsela amica” conoscendo e selezionando in anticipo il palinsesto e scegliendo per il nostri bambini programmi che possano ampliare il loro vocabolario, le loro conoscenze o la lingua inglese.
Bellissimo articolo! Molto interessante! Lo condivido in pieno!
condivido in pieno, e ci stavo riflettendo proprio in questi giorni