Ultima modifica 24 Agosto 2020
Diciamocelo, il mondo del lavoro, in Italia, sta diventando una gran barzelletta!
Chi è autonomo lamenta di vantare (ossimoro che calza a pennello!) troppi crediti per riuscire a pagare i propri debiti; chi è dipendente arriva ad accettare qualsiasi condizione pur di non perdere il posto e chi è disoccupato, spesso, accetta di lavorare gratis! Sì, gratis, o quasi, avete capito bene!
Risale a pochi mesi fa l’inizio della protesta dei lavoratori torinesi e milanesi di una nota azienda che, grazie ad un’app, effettua la consegna a domicilio dei pasti. Insoddisfatti della paga e delle condizioni lavorative, questi lavoratori hanno fatto parlare della loro situazione tutti i media e, adesso, pare che si stia cercando un modo per mediare tra le parti, anche tramite una proposta di legge.
Un caso, questo, che è venuto a galla anche e soprattutto visto il cospicuo numero di lavoratori interessati ma quanti altri casi, come questo, e anche peggiori, rimangono sommersi?
Quanti ragazzi ai colloqui di lavoro si sentono proporre un “periodo di prova non retribuito”, quante donne, pur di rientrare in un mondo del lavoro che le aveva buttate fuori a calci, appena prima o subito dopo una gravidanza, arrivano ad accettare di lavorare per pochissimi euro all’ora e in condizioni di ricatto?
Quanti freelance si trovano a dedurre, dagli iperbolici giri di parole, sempre lo stesso concetto: non c’è budget ma lavorare per noi ti farà crescere!
Dico io, ma si può essere più presuntuosi?
Quando si lavora è il portafoglio che deve crescere, anche poco per carità, soprattutto quando, ormai, altri tipi di crescita sono del tutto improbabili.
La colpa non è nè di chi il lavoro gratis lo offre, anche se ci vuole un bel coraggio, nè di chi lo accetta ma è solo ed unicamente di chi ha consentito che questa pratica diventasse di uso comune, smettendo di indignarsi e, anzi, osannandone le grandi potenzialità.
D’altronde, per chi ama girare la città in bici, è una grande opportunità quella di poter, nel mentre, anche consegnare dei pasti ai poveri clienti affamati; guarda un po’, forse invece uno preferiva scegliere i propri percorsi, magari grattandosi bellamente il melone e dando, così, prova di equilibrismo a tutti i passanti!
Quale migliore occasione, per una casalinga rap se non quella di lavorare a gratis, o quasi, per un’agenzia di pulizie che, finalmente, potrà illuminarla sulle tecniche di lucidatura dei puttini da giardino! E ancora, non si può pensare di essere pagati se già si ha la possibilità di essere invitati a lavorare per la Gigi il Luridone Corporation o per il prestigioso Studio GranFarabut &Figli (di Putt) S.a.s!
Come fanno certe aziende ad aspettarsi impegno e serietà da chi ingaggiano se, in cambio promettono esclusivamente visibilità o fanno annusare la possibilità di un’assunzione legata, però, all’andamento della variabile “neve in agosto”?
La cosa che più mi stupisce è la pretesa che certe aziende hanno di trovare lavoratori seri, costanti ed efficienti, senza dare nulla in cambio. Il lavoro è un dare avere, se no è volontariato ed il volontariato si fa quando, come e dove si vuole, senza sottostare a nessuno.
Certo, a volte, i confini tra la formazione, il lavoro, il periodo di prova, l’investimento personale e le passioni sono un po’ sfumati ma bisogna che ognuno crei i propri distinguo.
Ad esempio, il negozio di profumi darà dei campioncini gratuiti e non delle confezioni intere e, allo stesso modo, magari, un freelance potrà trovare uno spazio che gli consenta di mostrare le proprie capacità, senza essere pagato, senza pagare. Il fatto è che deve essere sempre un atto volontario, un impegno che si porta avanti con passione, senza condizioni imposte e in cui non investire troppo tempo o denaro. Se, al contrario, comporta fatica, spese e sacrificio, sudditanza e nessun ritorno reale in termini di immagine, si tratta di un lavoro e, come tale, va retribuito.
Mi piacciono molto gli spot creati dal Collettivo Zero, composto da giovani freelance, in cui si mostra quanto sarebbero assurde le frasi, che loro, in quanto creativi, si sentono ripetere ogni giorno, se dette ad un antennista o ad un idraulico. “Non ho budget”, “Hai lavorato per la visibilità”, “Hai arricchito il tuo curriculum”, sono risposte che nessuno si sognerebbe mai di dire ad un artigiano o ad un commerciante, ma ad un freelance o ad un giovane disoccupato, sì.
E se dall’altra parte, anzi che un lavoratore qualsiasi ci fosse una mamma?
A maggior ragione non le si potrebbe chiedere di lavorare gratis perchè lei già lo fa, H.24: per i suoi figli, per suo marito, per i suoi genitori.
Il suo lavoro gratis, in realtà, è generosamente retribuito dall’amore che riceve in cambio e alimentato da una grande passione ma, se visto dall’esterno, ha un enorme valore anche economico perchè, se al posto suo, dovesse farlo qualcun altro, questo andrebbe retribuito. O forse no…
Dunque vediamo, che parole posso usare con la Tata?
I miei figli hanno scelto te fra tante, perchè hai delle grandi potenzialità. Stasera hanno deciso di fracassarsi di botte, mettere a soqquadro la casa, e mangiare alla zingara. Ti offrono una grande possibilità di crescita e ti permetteranno di metterti alla prova. Lasciando le tende aperte, poi, potrai godere di una completa visibilità da parte dei vicini, tutti con figli….Non so se mi spiego!
E quando mi chiederà quanto le riconosco all’ora? Cosa le risponderò?
“Mi dispiace ma ti ho chiamata perchè esco con mio marito, dunque il budget di questo progetto è già tutto destinato ad attività schedulate, che vanno dall’aperitivo, alla cena, fino al cinema”?
No, le risponderò, come al solito, con un’altra domanda: “Quanto prendi all’ora?
Il tempo, per una mamma, è lavoro ed il lavoro richiede tempo che, se non si ha, si trasforma in denaro.
Vi prego, non chiedete mai ad una mamma di fare un lavoro gratis perchè lei un lavoro non retribuito già ce l’ha, lo ama e sa quanto vale, ed è pronta a trascurarlo solo se ne vale davvero la pena!