Ultima modifica 27 Agosto 2020
Oggi piove. Viene giù incessantemente come se l’acqua dovesse lavar via chissà quali sporcizie.
Forse la tristezza, forse tutta questa pioggia che bagna l’Italia da capo a piedi serve a ripulire gli animi da pesanti ingombri, grigi inverni e cose vecchie. Per ricominciare. Per lavare l’ombra dei fallimenti, delle ore vuote, dei sogni non realizzati. Per darsi nuove chances.
Abbiamo tutti bisogno di slanci, di spinte, di soli con tanti raggi che riscaldino e diano forza.
Il mio raggio voglio ritrovarlo nel ricordo di quelle due linee rosse. Quelle che demarcano il prima e il dopo. Quelle linee che fanno di una donna, una madre. Non sempre. Un test di gravidanza positivo non implica una maternità certa e sicura. Magari così fosse, magari.
Quelle due linee di conquista sono solo l’inizio di un viaggio incerto.
E allora si deve contenere la gioia, si deve abbottonare la felicità, strizzarla dentro un vestito stretto e sperare, sperare che tutto vada come deve, che quella piccola linea si trasformi in vita.
Ma oggi piove e voglio trovare uno spicchio di cielo tra queste nuvole gonfie.
Ricordi di sole.
Dopo dodici giorni dal nostro transfer il medico ci disse di fare le analisi delle beta, cioè dell’ormone Beta HCG – Gonadotropina Corionica Umano prodotta dal trofoblasto, un tessuto che con il procedere della gravidanza si trasformerà successivamente nella placenta. È la presenza di quest’ormone a determinare la positività di un test di gravidanza.
Mio marito ed io eravamo così emozionati che non dormimmo tutta la notte. Abbracciati e spaventati davanti a quello che quel test, l’indomani, ci avrebbe detto. Nel bene o nel male sarebbe stato tutto diverso. Diverso in caso di esito positivo, diverso in caso di esito negativo.
E’ buffa la mente umana. Tutte le considerazioni, i ragionamenti, le ipotesi fatte nei giorni e nei mesi della nostra ricerca erano bloccati, sospesi nel limbo della speranza. E’ così che funzioniamo. Immagazziniamo nozioni, comportamenti, reazioni, sappiamo quasi sempre quello che è meglio per noi e come ci si dovrebbe comportare, eppure, davanti a un’attesa, di fronte ad un evento capace di cambiare radicalmente la nostra vita, torniamo bambini e inadatti a gestire emozioni più grandi di noi, facciamo cose buffe o imprevedibili.
Noi, nonostante avessimo appuntamento per il prelievo del sangue, decidemmo comunque di fare un test di gravidanza prima delle analisi del sangue.
Così, tanto per ingannare il tempo dell’attesa del referto delle analisi. Dovevamo sapere subito, prima. Prima del prima. Fu così che, appena l’alba del nuovo giorno fece capolino tra le persiane, corsi in bagno, per sapere.
Ricorderò per sempre quelle due linee. Ero incinta. Io ero finalmente incinta.
Ero in stato interessante. Ero come tutte le altre donne e anche io sarei stata mamma.
Non ero più una che tentava con tutte le forze di diventarlo, non ero più diversa, mancata.
Ero incinta. Ero incinta.
Davanti a quelle due linee rosse ci abbracciammo e piangemmo tutte le lacrime che avevamo trattenuto durante la notte e quella precedente e quella prima ancora. La tensione e la stanchezza si sciolsero, fluide, dagli occhi, ai piedi, attraverso tutto il deserto dei nostri cuori.
Quelle linee impresse suggerivano che sì, finalmente, l’avevamo fatta a raggiungere quella vita. E piangemmo per tutti i test fatti senza successo, per tutti quelli per testare i periodi più fertili, per tutta la durezza di un percorso che ci aveva sfiancato, prostrato, unito ma anche roso. Piangemmo di gioia per quella nuova possibilità. Il nostro bagno è piccolo, pochi metri di mattonelle blu che non so come abbiano fatto a contenere tanta felicità.
Ero incinta. Lo ero davvero, concretamente, nella realtà. Non era più un sogno, lontano e irraggiungibile.
Lo ricorderò sempre. L’immagine di noi abbracciati davanti al lavandino e il test poggiato sopra la lavatrice. Il blu del bagno, il rosso delle linee.
E quell’immagine, sebbene buffa, per me è poesia. Ed è forza, ed è spinta, quando fuori piove.
Voglio credere che le nuvole passino, prima o poi e che invece il cielo resti sempre. Malgrado le sconfitte, gli insuccessi, i rimpianti. Il sole di certi ricordi deve essere così, fonte di energia per affrontare il resto.
Ognuno ha il suo sole, ognuno ha la sua strada per raggiungerlo.
Ma il sole c’è. Sempre. Magari è solo più nascosto.