Ultima modifica 3 Maggio 2021

Il neonato disteso nella culla si muove in maniera maldestra e ogni tanto emette gorgoglii di suzione.
Strilla per il freddo e la fame così da poter soddisfare i propri istinti primordiali.
Per tutto il giorno dorme e poppa.Il latte caldo e dolce non lo percepisce solo con la bocca ma lo gusta con tutto il suo essere.
Mentre succhia sgambetta con i piedini, apre e chiude con ritmo le manine.
La sensazione di piacere lo invade completamente e quando si sente soddisfatto ripiomba nell’incoscienza sino a che la fame non provoca in lui una sensazione di dispiacere.
Anche il dispiacere è espresso con tutto il corpo, urla, scalcia e annaspa con le braccia e le gambe.

In questo modo trascorre le prime settimane di vita.
Completamente dipendente dagli adulti.

Da sveglio i suoi occhi errano per la stanza.
Sia gli occhi che le braccia e le gambe non possono venir diretti intenzionalmente.
Solo dopo diverse settimane inizia a scrutare il volto della mamma e ad abbozzare il primo incerto sorriso. L’assenza del sorriso potrebbe indicare un possibile problema.
Questi contatti con la mamma si fanno man mano più frequenti. Aumentano le ore di veglia e diminuiscono quelle di sonno.

Nei primi 5 mesi il neonato è tutto proteso verso la crescita fisica e il suo peso corporeo raddoppia.

Mai nel corso della restante esistenza avrà una crescita così rapida.

Il bambino è tutto un organo di percezione e la sua attività psichica è rivolta alla conoscenza del mondo esteriore.
Anche il bambino con “problemi di ritardo” riceve molte impressioni dall’esterno ma non riesce a trasformarle in percezioni.
Il bambino “normodotato” va incontro al mondo con apertura e fiducia e mostra un interesse attivo. Ha una dedizione illimitata e questa dedizione lo trasforma in “imitatore”; tutto quello che apprende lo acquisisce tramite l’imitazione.

Nei primi anni di vita del bambino i genitori hanno un ruolo molto importante e una grande responsabilità, così come tutti gli adulti che lo circondano.

Tutto quello che vede e sente penetra nell’anima e lì viene conservato e trasformato in determinati atteggiamenti e sentimenti. Il bambino, infatti, non nota solo il modo di fare degli adulti ma anche il contenuto morale del loro agire.
Esercitiamo un’influenza per quello che siamo, grazie alla fiducia che ci siamo conquistati e la moralità che è nascosta nelle nostre azioni e nel nostro parlare. Gli educatori devono sempre sforzarsi di dare il meglio con partecipazione e interesse, con sensibilità, rispetto e onestà. Devono auto educarsi continuamente e accantonare il pensiero che il bambino non capisca.

Per il neonato il corpo è un estraneo, che pian piano deve essere conosciuto.

Le manine, che in un primo momento annaspano davanti agli occhi, vengono scoperte e usate. La scoperta delle gambette sarà successiva. Quando il bambino si rende conto di avere un corpo fa un’altra interessante esperienza, abbandona la posizione orizzontale per cercare quella verticale e inizia a esplorare il mondo. Tutti i mammiferi si muovono nella posizione orizzontale, con quattro arti, solo l’uomo riesce a spostarsi su due piedi, lasciando libere le mani da questa incombenza. Lascia che le mani si possano occupare di compiti più elevati.

Nel primo stadio di acquisizione della stazione eretta, le braccia vengono usate per la deambulazione

Sono tenute aperte per aiutarlo a stare in piedi e a muovere i primi passi.
Successivamente verranno liberate da questa funzione. Dal modo in cui conquista la stazione eretta e impara a camminare possiamo capire la personalità e le potenzialità del bambino. Ognuno di loro ha tempi e modalità di realizzare questo progetto.
Osserviamo bambini più tenaci e altri che si scoraggiano facilmente.
Quando iniziano a camminare significa che si è conclusa la fase del lattante, hanno conquistato lo spazio esterno e, contemporaneamente, si desta la prima forma del ricordo. Grazie alle ripetizioni ritmiche si sono formati dei riflessi e delle abitudini ma il pensare non si è ancora manifestato.

Nel periodo in cui il bambino conquista la stazione eretta sviluppa anche il linguaggio.

La possibilità di parlare, emettere suoni comprensibili ad altri esseri e poter, quindi, comunicare. Prima di allora aveva emesso una grande varietà di suoni: pianti, strilli, risolini, gorgoglii, farfugliamenti.
Attraverso questi suoni esprimeva le sensazioni di piacere e dispiacere. Inizialmente il bambino emette il suono della lettera A. Questa vocale esprime “ammirazione”, “apertura” verso il mondo. “Mamma, papà, dada, lalla” sono, di solito, le prime parole comprensibili. I vocaboli completi saranno pronunciati quando camminerà bene.

Imparare a parlare è un processo molto complicato. Dal punto di vista fisiologico si forma solo ora, nel cervello, il centro della parola.
Il linguaggio è espressione di una regione geografica, di un tempo definito e di una collettività di uomini. Arriva al bambino e, grazie all’imitazione, lo accoglie e lo fa proprio. Se osserviamo il bambino, come apprende il linguaggio, come si esprime, possiamo capire molto del suo modo di essere. Ci sono diversi bambini che inventano un linguaggio tutto loro, altri parlano in maniera incomprensibile, altri ancora pronunciano solo il finale delle parole.

Come prima esperienza impara a nominare gli oggetti della quotidianità: pappa, tavolo, sedia, bambino, cane.

Riconosce gli oggetti e assegna loro un nome.
Successivamente sarà in grado di combinare le parole in una frase compiuta; questo momento segna l’inizio del pensare. In una prima fase userà frasi semplici, aggiungerà al nome un verbo: “il bambino gioca, il cane salta, la pappa scotta”. Coglie il fatto di essere circondato da esseri che compiono delle azioni.
Poi capirà che esiste un tempo in cui si può compiere un’azione, assimilerà il concetto di “ieri, oggi, domani”. Assieme al tempo inizia a collegare le diverse azioni, se vuole mangiare sa che deve sedersi, prendere il cibo dal piatto e con il cucchiaio portarlo alla bocca. Tutte connessioni semplici per un bambino “normodotato” ma non così per uno che presenta “problematiche da ritardo”.

L’ambiente che circonda il bambino nel tempo in cui impara a parlare è in gran parte responsabile della formazione del suo carattere.

La sua struttura intima dipende anche dal modo in cui gli adulti, che lo circondano, parlano la lingua materna. Dal modo in cui si esprimono, con proprietà di linguaggio e valorizzando la ricchezza della lingua. Un essere non nasce a caso in un determinato tempo e luogo geografico. Fa parte del suo progetto di vita collegato a quello di altri esseri.
Un’esatta scelta dei vocaboli, una corretta costruzione della frase porta alla formazione di un pensiero dinamico.
Come abbiamo già rilevato la vita di sentimento del lattante oscilla fra sensazioni di piacere e dispiacere, che sono dipendenti dalle funzioni vitali del suo organismo corporeo, cioè soddisfano o non soddisfano i bisogni primari. Il bambino è contento quando si sente bene o il mondo esterno gli porta incontro situazioni piacevoli, è lagnoso se sta male o il mondo esterno gli porta incontro situazioni spiacevoli.
La coscienza dell’IO, che inizia a destarsi verso i 2 anni e 1/2, costituisce la premessa per il sorgere della vita di sentimento cosciente.
Solo verso quest’età il bambino acquisisce una coscienza del proprio essere. Inizia a dire “no” al mondo circostante e così sperimenta meglio il suo essere. È l’inizio del “periodo dell’ostinazione”, i famosi “capricci”. Possiamo comprendere la vita di sentimento del bambino osservando il modo in cui gioca.

Il gioco inizia molto presto, dai primi mesi di vita.

Le manine, che nelle prime settimane annaspavano nell’aria, diventano ubbidienti e si trasformano nel primo giocattolo. Solo più tardi scoprirà i piedini e giocherà con loro nel perderli e trovarli. Successivamente trova interesse per gli anelli di osso o di plastica, quindi per i cubi da mettere uno a fianco all’altro o uno sopra l’altro.
Nella prima infanzia il bambino gioca con tutto quello che casualmente gli capita sotto mano. Questo vuol dire che nel gioco è legato all’ambiente circostante.
Quando il bambino, a 2 anni, inizia a disegnare scarabocchia diversi fogli, uno dietro l’altro e velocemente. Sono linee curve e rettilinee, vortici, che fluttuano nel foglio. Disegna unicamente i processi di crescita che avvengono all’interno del suo corpo e il movimento che compie nello spazio.

Il gioco si modifica profondamente intorno ai 4 anni, ora sorge la “fantasia creativa” e il gioco è fortemente intensificato.

È in grado di cambiare la realtà e la sua stanza diventa una fucina di iniziative.
Con la fantasia trasforma tappetti, scatole, cuscini e riquadri di stoffa in interi mondi.
Tutto diventa possibile e trasformabile, secondo l’estro del momento.
Ora è cominciata l’epoca del gioco libero.

Semplici oggetti della vita quotidiana, come la scatola della pasta o il rotolo della carta igienica, si trasformano per diventare casette o gallerie. Non sempre gli adulti prendono seriamente il gioco dei bambini, creando per loro lo spazio necessario e concedendo del tempo. Dovremo fornirli di oggetti semplici come: carta, matite, pennelli e acquerelli, stoffa, lana, scatole e cassette di varie dimensioni, pezzi di legno e sassolini.
È interessante notare come il bambino che gioca riesca a trasformare una sedia in un cavallo ma al momento del pranzo sa ritrasformarla e usarla come sedia, “legge del trapasso”.

Il bambino ha bisogno di essere nutrito dalle immagini delle fiabe tradizionali.

Le fiabe sono nate dalla fantasia creativa dei nostri avi e sono intessute di verità profonde. Nella loro trama emerge la lotta tra il bene e il male, la ricerca di un lavoro o di una sposa, di una medicina che curi una malattia.
La fiaba esprime semplici verità ed è facilmente leggibile dall’anima ingenua del bambino. Attraverso le sue immagini capisce le relazioni tra gli uomini, che nella vita bisogna “darsi da fare”. Comprende il senso della giustizia di cui sono intessute.
A questa età il disegno diviene sempre più strutturato e più attinente alla realtà esterna. Il bambino disegna, anche se in modo grossolano, il corpo umano e le case. Giorno dopo giorno il foglio si arricchisce, anche, di altri elementi come alberi, fiori e animali.

Intorno ai 5 anni il bambino è al culmine del gioco creativo.

È instancabile, ha sempre voglia di fare e non smetterebbe mai.
Con la sabbia e l’acqua impasta le tortine, ne allinea delle decine, poi le disfa per rifarle. Ha piacere ed è contento di realizzare qualcosa. Un bambino sano, di 5 anni, non ha mai sosta, preso dalla foga del gioco dimentica anche di andare al bagno o se ne accorge in ritardo quando ormai è troppo tardi.
In questi primi anni della vita è legato al ritmo, bisognerebbe cantare con lui, fare i girotondi, declamare filastrocche. Una fiaba diventa meravigliosa se la sente ripetutamente. Sono tutte esperienze salutari.

Ora il disegno è più curato e il bambino è in grado di dire che cosa ha raffigurato. La figura umana è composta di tutte le 3 parti costitutive (testa, corpo, arti) e disegnata nella verticale mentre l’animale è disegnato nell’orizzontalità.
Compare, anche, la casa con porte e finestre che si aprono verso l’esterno, segno che il bambino prova curiosità per quello che c’è al di fuori dell’ambiente familiare, nel mondo.

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here